La pubblicazione di Ania “AllontAniamo i rischi, rimAniamo protetti”, che raccoglie e descrive i principali dati del mercato assicurativo italiano, dedica un capitolo al grado di copertura assicurativa delle piccole e medie imprese italiane.
Parliamo delle imprese con un numero di dipendenti fino a 250, che rappresentano il 99,6% del totale delle imprese operanti in Italia, incidendo per oltre il 70% sia in termini di fatturato complessivo sia per numero di lavoratori impiegati.
Dai dati raccolti e analizzati da Ania si osserva che le Pmi italiane si caratterizzano per una contenuta avversione al rischio, hanno una ridotta consapevolezza del rischio, più bassa rispetto alla media delle aziende europee e, quasi il 40%, non ha sottoscritto assicurazioni per tutelare la propria attività.
Secondo una recente indagine realizzata da Deloitte (Il futuro delle assicurazioni per le Pmi dopo la pandemia), la spesa assicurativa media annua delle Pmi italiane, rispetto al resto del mondo, è ai livelli più bassi. Infatti se la spesa media in Italia è di 14.000 euro, la media a livello internazionale è di quasi 23.000 euro e per alcune tipologie di rischio, come nel caso della business interruption e del cyber risk, la percentuale di aziende che dichiara di aver acquistato una copertura assicurativa è davvero molto contenuta, non arrivando in entrambi i casi al 10% (Fonte: “Nomisma per CRIF – SME Business Longevity”).
Per cercare di ridurre l’ormai consolidato gap di protezione, il settore assicurativo sta puntando su alcuni asset strategici.
In primo luogo, offrire prodotti evoluti alla luce di nuovi bisogni emersi, ad esempio, durante la pandemia e che ora si stanno sentendo in modo più impellente alla luce del contesto attuale, dal momento che è sempre più evidente il bisogno di proteggere l’attività della propria impresa dalle possibili ripercussioni economiche derivanti dal complesso scenario geo-politico internazionale.
La seconda azione importante è quella di mostrare un’apertura e un’evoluzione nel processo di selezione e tariffazione dei rischi che preveda quotazioni “su misura”, applicando un pricing adeguato al giusto potenziale rischio, in modo che il prezzo possa anche essere modificato nel corso dell’anno (es. al variare del numero di dipendenti, di clienti, del valore fatturato).
Infine, ricorrere al digitale nelle fasi di pre-vendita e postvendita e mostrare apertura verso operatori “non tradizionali”, pur mantenendo centrale il canale fisico nella fase di acquisto. Fondamentale sarà l’attenzione alla maggiore digitalizzazione degli intermediari per garantire più immediatezza e interazione con i clienti.