di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Ottobre è passato, e il decreto attuativo sull’obbligo di copertura catastrofale non è arrivato: sarà il regalo di Natale del governo per compagnie e imprese?
I trattati tra riassicuratori e compagnie stanno per essere rinnovati al 2025: il dispositivo interministeriale contemplerà una clausola per riaggiornarli dopo la sua pubblicazione? Mef e Mimit hanno valutato che le trattative sono in chiusura e, in base alle regole che conterrà il testo, potrebbe rendersi necessaria della capacità aggiuntiva per le cedenti? Eppure il disastro provocato dalla alluvione Dana nella vicina Spagna (foto) dovrebbe mettere la norma in cima all’agenda dell’esecutivo.
Dopo il punto con gli operatori, il mese scorso, al ReInsuranceDay 2024 di Milano, il segretario generale Ivass Stefano De Polis ha ribadito un paio di settimane fa che il decreto interministeriale è “in corso di definizione” e che il provvedimento “potrebbe essere esteso anche alle abitazioni private, con modalità da definire” che non s’annunciano certo più semplici. Occasione, il convegno Rib-Assigeco su “Il filo rosso che unisce: coperture assicurative cat nat; assorbimenti di capitale per rischi climatici e relativa erogazione del credito; cat bond versus riass”. Il settore assicurativo – ha ricordato – è una colonna fondamentale del sistema “multi-stakeholder” che s’intende costruire (in cui tutti gli attori devono fare la loro per assorbire e superare situazioni di shock) a cui fornisce una boa di salvataggio, fungendo da cuscinetto finanziario contro perdite impreviste, riducendo la volatilità dei flussi di cassa delle imprese e rafforzando di conmseguenza base patrimoniale e governance.
Ma per “garantire le risorse per una rapida ripresa dell’attività produttiva” i tempi di erogazione degli “indennizzi devono essere certi e celeri” dice De Polis, perché – oltre alla carenza di cultura assicurativa e al ridotto potere d’acquisto – anche la sfiducia verso le “clausole” di rimborso contribuisce purtroppo a gonfiare il gap assicurativo. E sappiamo bene che solo un’ampia diffusione delle polizze tra le aziende, potrà “limitare i rischi di selezione avversa” e creare un’autentica mutualizzazione. Dunque le compagnie devono “fornire liquidità in modo tempestivo”: per rimettere in piedi quanto prima l’economia locale, ma anche per convincere imprenditori e cittadini della serietà e della correttezza della legge.
Senza strategie di mitigazione e risposta alle emergenze, la strada resterà però in salita. Affinché i premi promuovano con scontistiche i comportamenti virtuosi, volti a ridurre i rischi e a investire in prevenzione, è necessario che anche lo Stato batta un colpo, con una campagna di comunicazione e soprattutto con incentivi e sgravi fiscali adeguati. Non basta, per le Pmi inadempienti, l’eventuale esclusione da garanzie e ristori governativi: ne occorrono di nuovi e aggiuntivi per spingerle a tutelarsi.
E occorre che chi lo fa sia considerato da quel 30% banche tuttora restie ad apprezzare tali polizze nella valutazione del merito creditizio dei progetti di investimento, come avviene invece nelle agenzie di rating. È importante quindi che istituti e assicurazioni collaborino nella standardizzazione dei dati, oltre che nella distribuzione dei prodotti. I livelli di protection, anche nel comparto cyber, devono diventare un fattore ‘hard’ di giudizio nella concessione del finanziamento e nella definizione del pricing. Quanto agli intermediari, De Polis chiarisce che “la normativa non preclude tuttavia l’utilizzo dell’informazione circa l’esistenza di polizze ai fini della stima dei parametri nei modelli interni a fronte del rischio di credito“, se esistono “serie storiche robuste che dimostrino l’effettiva minore rischiosità dei debitori assistiti da tali polizze“.
Qualche dubbio, a tal proposito, sul fatto che i player siano già dotati di “modelli avanzati, ampi database informativi in grado di identificare vulnerabilità nascoste e prevedere tendenze emergenti”; tuttavia l’universo insurtech – attraverso le avanguardistiche frontiere che l’intelligenza artificiale promette di spalancare – annuncia di imprimere presto un significativo sviluppo tecnologico ai modelli predittivi, sopperendo alla sostanziale carenza di archivi e banche dati su danni ed eventi calamitosi delle diverse aree geografiche: numeri insostituibili per classificare la gravità delle minacce, calcolarne l’evoluzione e selezionare coperture proporzionate ai singoli rischi effettivi.
A fronte di una “crescente esigenza di capacità”, il consigliere Ivasss ha riconosciuto infine ai bond catastrofali, emergenti anche in Italia, il valore di strumento di trasferimento del rischio (in questo caso verso il mercato dei capitali) alternativo a coassicurazione, riassicurazione e retrocessione giacché “a fronte di una remunerazione periodica agli investitori offrono, in caso di calamità richiamate dal regolamento del titolo, una protezione immediata ai bilanci degli emittenti”. I cat bond, ha spiegato, “si caratterizzano per un ridotto rischio di controparte e per la natura decorrelata dei rischi fisici dedotti nel contratto rispetto a quelli finanziari”, costituendo una soluzione utile anche per le PA, “che intendono ridurre in tutto o in parte gli oneri in termini di risarcimenti o di accantonamento di fondi a riserva”.
Anche se non sarà toccato direttamente dall’atteso decreto, il mercato dei titoli catastrofali sta crescendo e tutto fa brodo, come si suol dire, per tamponare il duplice impatto di climate change e – in particolare in Italia – fragilità del territorio, ‘estrema’ più degli eventi naturali.
Lorenzo Vismara (Gen Re): “L’Impatto del Decreto Nat Cat si vedrà tra fine 2025 e inizio 2026”