27 Gennaio 2025

Decreto catastrofi naturali, Politica discorde: Obbligo rinviato a oltranza

di Giuseppe Gaetano, editor in chief

Pressing bipartisan per rinviare ulteriormente l’assicurazione catastrofale obbligatoria per le imprese.

Emendamenti di maggioranza e opposizione al Milleproroghe chiedono di posticipare ancora l’obbligo: chi al 30 giugno 2025, chi direttamente al 31 gennaio 2026, chi addirittura al 31 dicembre 2026. Del resto, ammesso che uscisse oggi, il decreto attuativo con le linee operative sarebbe già in ritardo sulla data di entrata in vigore della legge fissata attualmente al prossimo 31 marzo. Segno che non c’è condivisione attorno al provvedimento.
La politica teme soprattutto che sia vissuto come l’ennesima tassa dagli elettori: in questo caso tutti gli imprenditori del Paese (tranne quelli agricoli) che ancora non sono assicurati, cioè la maggior parte. Il decreto incentivi varato a fine 2024, infatti, è già entrato in vigore e – tra le implicazioni – contiene quella per cui le aziende che non hanno stipulato una polizza contro le calamità naturali perdano il diritto ad ogni agevolazione e sussidio pubblico: attualmente circa il 30% delle attività produttive (soglia che supera il 50% per le microimprese) ha in essere finanziamenti garantiti dallo Stato. Ma, senza l’altro decreto, la misura resta in stand by.

C’è meno timore invece che i rischi della copertura stressino la capacità delle compagnie, visto che da tempo il settore si dice pronto a contrarre. Bisogna vedere però a quali condizioni, per scongiurare che il dispositivo si tramuti in un tragico flop  a causa del fuggi fuggi della platea di contraenti: è solo una delle questioni che l’atteso testo interministeriale è, appunto, chiamato a dirimere. Riuscirà ad aiutare le compagnie a immettere sul  mercato coperture adeguate a prezzi sostenibili?
Due dati per inquadrare la questione: a livello mondiale, secondo Swiss Re il 2024 dovrebbe chiudere con perdite cat nat per ben 294 miliardi di euro (+6% a/a) e danni assicurati pari a 128 mld (+17%); mentre, secondo Eiopa, in Europa allo stato è assicurato solo 1/4 di tutte le perdite economiche legate a meteo e cambiamento climatico.

Il 2025 non è cominciato bene. Stime preliminari di Morningstar DBRS sugli incendi tornati a devastare la California indicano perdite assicurate superiori a 8 mld, con un “impatto negativo ma gestibile sui principali assicuratori, mitigato dall’utilizzo della riassicurazione e dall’elevato grado di diversificazione“. Tuttavia molte compagnie americane, da State Farm a Allstate, hanno riconsiderato l’offerta e ridotto l’esposizione, valutando perfino l’uscita diretta dal mercato. E’ ovvio: da quanti decenni sentiamo regolarmente notizie di roghi giganteschi da quelle parti?
Sono disastri a cui dobbiamo prestare attenzione, anche se si verificano dall’altra parte dell’Atlantico, perché le tariffe applicate dai riassicuratori tengono conto delle “uscite” a livello planetario oltre che del bilancio del singolo Paese.

In realtà, buon senso vorrebbe che l’obbligo assicurativo seguisse e non precedesse lo sviluppo di sistemi di manutenzione del territorio e prevenzione e mitigazione del rischio, che spettano anzitutto allo Stato. E queste non ci sono mai state. E’ chiaro quindi che tocca prima aumentare la resistenza del patrimonio coperto dagli eventi estremi, se si vuole aumentare la quota assicurata, che nel 2023 in Italia era ferma al 25% dei danni catastrofali totali: purtroppo non c’è motivo di ritenere che la percentuale sia aumentata di molto nell’anno appena trascorso.
Allo Stato non spetta, invece, di ripagare o ricostruire la ditta all’imprenditore e la casa al contribuente. E questo, a quanto pare, è un concetto che non è chiarissimo a tutti dentro Montecitorio.

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