12 Luglio 2024

Fintech e Insurtech, filo rosso tra Banche e Compagnie tradizionali con le Startup

di Giuseppe Gaetano, editor in chief

Attualmente il fintech mostra il suo valore aggiunto specialmente nel segmento dei prestiti alle pmi, dove le banche tradizionali scontano le stesse difficoltà – di un servizio che coniughi relazione in presenza e costi di gestione del canale – che riguardano la clientela retail.
Lato assicurazini, l’insurtech punta a innovare e migliorare i prodotti per rendere istantanea la sottoscrizione, spesso in una logica plug and pay che interessa soprattutto il ramo danni, più bisognoso di efficientamento; così come ad ottimizzare rischi e processi interni, per velocizzare servizio e indennizzo.

Dopo il boom del 2022, il 2023 è stato l’anno del consolidamento del funding per l’universo fintech e insurtech italiano: i ricavi sono cresciuti in media del 60%, il 35% delle realtà esistenti ha registrato utili; ma i capitali raccolti, pari a 174 milioni di euro, sono in calo dell’81% annuo.
Alle startup, spesso inglobate dai Big, resta il ruolo di motore e attore di frontiera. Secondo i più recenti dati dell’Osservatorio Fintech e Insurtech del Politecnico di Milano, nel 2023 erano 622 in Italia, di cui 109 strettamente insurtech: una cifra stabile contando che l’anno scorso ne sono nate 24 ma, tra acquisizioni industriali e fallimenti, ne sono sparite 32. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, i numeri indicano una maturazione e una stabilizzazione del comparto che – al termine di un percorso di ‘selezione naturale’ – era chiaro avrebbe raggiunto prima o poi una taratura delle presenze effettivamente utili sulla piazza.

Secondo Bankitalia l’evoluzione digitale del sistema finanziario, per quanto espansiva, risulta ancora quantitativamente limitata e polarizzata: nell’analisi sullo sviluppo del fintech pubblicato ad aprile, si legge che “in rapporto alla spesa per l’acquisto di software, hardware, impianti tecnologici e per il funzionamento dei sistemi IT, la spesa fintech del sistema bancario è stata mediamente pari al 5% (600 mln, ndr) nel biennio 2021-2022” e “la quota riconducibile ai primi 10 investitori è ulteriormente cresciuta, raggiungendo l’87,5% del totale”. Via Nazionale stima gli investimenti in tecnologie in oltre 900 mln nel biennio 2023-2024, più altri 380 mln a partire dal 2025, quando i ricavi attesi supereranno le uscite; complessivamente si parla di 1,88 miliardi, concentrati finora soprattutto in piattaforme web-mobile (20,5%), AI (16,5%) e API (14,9%).
A livello mondiale, si viaggia con tutt’altra marcia: Juniper Research stima che nel 2024 le banche spenderanno globalmente 6 miliardi di dollari per acquistare programmi e servizi di Generative AI, e sono ancora briciole rispetto gli a 85 mld previsti nel 2030. Un’autentica nuova ‘rivoluzione industriale’, anche per il mercato della formazione e del lavoro.

Altro dato importante, tornando al report Polimi: l’82% delle fintech e insurtech italiane coopera con almeno un partner strategico, e nel 33% dei casi almeno uno di quelli con cui collabora è entrato nel suo capitale sociale.
La relazione delle startup con banche, compagnie e intermediari è divenuta proficua: “La distanza iniziale in termini di cultura della compliance e di innovazione si è ridotta, favorendo occasioni di collaborazione sempre più strutturate” dicono i ricercatori, al punto che oggi il loro successo nella fase di scale-up dipende proprio dalla collaborazione con i colossi del credito e dell’assicurazione: operatori tradizionali che si avvalgono di idee e novità dei moderni, per valorizzare l’ampia base clienti (di cui non tutte le fintech dispongono) e difendersi dal pericolo di perdere quote di mercato. A volte, però, l’alleanza strategica rischia di ridurne il perimetro del giro d’affari, portandolo nel bilancio dei partner: alla fine dell’anno scorso solo il 41% delle startup esistenti puntava all’estero e meno della metà di quelle esistenti si preparava a imminenti round di investimenti, con l’80% delle richieste che non superava comunque i 2 milioni di euro.

La presidente di Abi Lab, Silvia Attanasio, è convinta che è ormai alle spalle il periodo in cui si guardava al dialogo tra i due soggetti come “una relazione un po’ opportunistica in cui ognuno cercava di prendere il meglio dall’altro” ed è ora di “un interscambio più intenso”: le banche “hanno compreso che è necessario creare uno spazio sicuro dove la fintech esprima il proprio potenziale e lo integri nell’offerta”; per le fintech, invece, è fondamentale comprendere la parte prescrittiva degli adempimenti.
Per Bankitalia “l’esternalizzazione ha permesso alle aziende, soprattutto a quelle di minori dimensioni e con meno risorse, di stare al passo con l’innovazione” degli ultimi 20 anni, accompagnandosi tuttavia a “una serie di rischi (operativo, cyber, di concentrazione, reputazionale, strategico) che, quando servizi e funzioni sono trasferiti da settori regolati a soggetti terzi, possono sfuggire dal campo visivo delle autorità“; da qui, “la crescente azione dei regolatori a tutti i livelli” a cui assistiamo. Ad ogni modo, la ‘minaccia’ paventata da Palazzo Koch non si riferisce tanto alle alleate startup tecnologiche quanto ai nuovi competitor, cioè le multinazionali informatiche come Microsoft e IBM: saranno proprio loro, infatti, a vendere gran parte dei software AI a istituti di credito e compagnie.

Naturalmente parliamo di un pericolo trasversale all’insurtech, considerato ancora un sottoinsieme del fintech in tanti studi, e reso “rilevante dalla sempre più fitta rete di interdipendenze tra soggetti, finanziari e non, che travalicano le giurisdizioni nazionali e modificano le abitudini economiche e sociali dei consumatori”.
Per quanto riguarda più direttamente le assicurazioni, l’Italia ha conosciuto un avvio lento rispetto ad altri Paesi ma oggi i grandi gruppi – da Generali a Unipol, da Axa ad Allianz – sono sempre più impegnati sul fronte e stanno dando un forte impulso all’evoluzione digitale. “Quello assicurativo è un mercato fortemente regolato, in cui l’ingresso di nuovi operatori è sottoposto a un’attenta valutazione dell’Autorità – ha chiarito ultimamente il segretario generale IVASS Stefano De Polis, dalle pagine di SNFIA magazine -. Al momento le BigTech intervengono con ruoli diversificati, ad esempio come fornitori di servizi tecnologici o in partnership” con i nostri player: in ogni caso “saranno soggette a sorveglianza” europea e nazionale. “Se vorranno entrare in prima persona nel business assicurativo, le Autorità dovranno valutare il modello operativo scelto e le modalità di gestione dei rischi e dei rapporti con la clientela: l’attenzione è massima” ha assicurato DE Polis. Certo, starà anche ai nostri player arginarne l’irruzione nel business valorizzando relazione coi clienti e qualità dell’offerta.

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