di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Attualmente il fintech mostra il suo valore aggiunto specialmente nel segmento dei prestiti alle pmi, dove le banche tradizionali scontano le stesse difficoltà – di un servizio che coniughi relazione in presenza e costi di gestione del canale – che riguardano la clientela retail.
Lato assicurazini, l’insurtech punta a innovare e migliorare i prodotti per rendere istantanea la sottoscrizione, spesso in una logica plug and pay che interessa soprattutto il ramo danni, più bisognoso di efficientamento; così come ad ottimizzare rischi e processi interni, per velocizzare servizio e indennizzo.
Dopo il boom del 2022, il 2023 è stato l’anno del consolidamento del funding per l’universo fintech e insurtech italiano: i ricavi sono cresciuti in media del 60%, il 35% delle realtà esistenti ha registrato utili; ma i capitali raccolti, pari a 174 milioni di euro, sono in calo dell’81% annuo.
Alle startup, spesso inglobate dai Big, resta il ruolo di motore e attore di frontiera. Secondo i più recenti dati dell’Osservatorio Fintech e Insurtech del Politecnico di Milano, nel 2023 erano 622 in Italia, di cui 109 strettamente insurtech: una cifra stabile contando che l’anno scorso ne sono nate 24 ma, tra acquisizioni industriali e fallimenti, ne sono sparite 32. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, i numeri indicano una maturazione e una stabilizzazione del comparto che – al termine di un percorso di ‘selezione naturale’ – era chiaro avrebbe raggiunto prima o poi una taratura delle presenze effettivamente utili sulla piazza.
Secondo Bankitalia l’evoluzione digitale del sistema finanziario, per quanto espansiva, risulta ancora quantitativamente limitata e polarizzata: nell’analisi sullo sviluppo del fintech pubblicato ad aprile, si legge che “in rapporto alla spesa per l’acquisto di software, hardware, impianti tecnologici e per il funzionamento dei sistemi IT, la spesa fintech del sistema bancario è stata mediamente pari al 5% (600 mln, ndr) nel biennio 2021-2022” e “la quota riconducibile ai primi 10 investitori è ulteriormente cresciuta, raggiungendo l’87,5% del totale”. Via Nazionale stima gli investimenti in tecnologie in oltre 900 mln nel biennio 2023-2024, più altri 380 mln a partire dal 2025, quando i ricavi attesi supereranno le uscite; complessivamente si parla di 1,88 miliardi, concentrati finora soprattutto in piattaforme web-mobile (20,5%), AI (16,5%) e API (14,9%).
A livello mondiale, si viaggia con tutt’altra marcia: Juniper Research stima che nel 2024 le banche spenderanno globalmente 6 miliardi di dollari per acquistare programmi e servizi di Generative AI, e sono ancora briciole rispetto gli a 85 mld previsti nel 2030. Un’autentica nuova ‘rivoluzione industriale’, anche per il mercato della formazione e del lavoro.
Altro dato importante, tornando al report Polimi: l’82% delle fintech e insurtech italiane coopera con almeno un partner strategico, e nel 33% dei casi almeno uno di quelli con cui collabora è entrato nel suo capitale sociale.
La relazione delle startup con banche, compagnie e intermediari è divenuta proficua: “La distanza iniziale in termini di cultura della compliance e di innovazione si è ridotta, favorendo occasioni di collaborazione sempre più strutturate” dicono i ricercatori, al punto che oggi il loro successo nella fase di scale-up dipende proprio dalla collaborazione con i colossi del credito e dell’assicurazione: operatori tradizionali che si avvalgono di idee e novità dei moderni, per valorizzare l’ampia base clienti (di cui non tutte le fintech dispongono) e difendersi dal pericolo di perdere quote di mercato. A volte, però, l’alleanza strategica rischia di ridurne il perimetro del giro d’affari, portandolo nel bilancio dei partner: alla fine dell’anno scorso solo il 41% delle startup esistenti puntava all’estero e meno della metà di quelle esistenti si preparava a imminenti round di investimenti, con l’80% delle richieste che non superava comunque i 2 milioni di euro.
La presidente di Abi Lab, Silvia Attanasio, è convinta che è ormai alle spalle il periodo in cui si guardava al dialogo tra i due soggetti come “una relazione un po’ opportunistica in cui ognuno cercava di prendere il meglio dall’altro” ed è ora di “un interscambio più intenso”: le banche “hanno compreso che è necessario creare uno spazio sicuro dove la fintech esprima il proprio potenziale e lo integri nell’offerta”; per le fintech, invece, è fondamentale comprendere la parte prescrittiva degli adempimenti.
Per Bankitalia “l’esternalizzazione ha permesso alle aziende, soprattutto a quelle di minori dimensioni e con meno risorse, di stare al passo con l’innovazione” degli ultimi 20 anni, accompagnandosi tuttavia a “una serie di rischi (operativo, cyber, di concentrazione, reputazionale, strategico) che, quando servizi e funzioni sono trasferiti da settori regolati a soggetti terzi, possono sfuggire dal campo visivo delle autorità“; da qui, “la crescente azione dei regolatori a tutti i livelli” a cui assistiamo. Ad ogni modo, la ‘minaccia’ paventata da Palazzo Koch non si riferisce tanto alle alleate startup tecnologiche quanto ai nuovi competitor, cioè le multinazionali informatiche come Microsoft e IBM: saranno proprio loro, infatti, a vendere gran parte dei software AI a istituti di credito e compagnie.
Naturalmente parliamo di un pericolo trasversale all’insurtech, considerato ancora un sottoinsieme del fintech in tanti studi, e reso “rilevante dalla sempre più fitta rete di interdipendenze tra soggetti, finanziari e non, che travalicano le giurisdizioni nazionali e modificano le abitudini economiche e sociali dei consumatori”.
Per quanto riguarda più direttamente le assicurazioni, l’Italia ha conosciuto un avvio lento rispetto ad altri Paesi ma oggi i grandi gruppi – da Generali a Unipol, da Axa ad Allianz – sono sempre più impegnati sul fronte e stanno dando un forte impulso all’evoluzione digitale. “Quello assicurativo è un mercato fortemente regolato, in cui l’ingresso di nuovi operatori è sottoposto a un’attenta valutazione dell’Autorità – ha chiarito ultimamente il segretario generale IVASS Stefano De Polis, dalle pagine di SNFIA magazine -. Al momento le BigTech intervengono con ruoli diversificati, ad esempio come fornitori di servizi tecnologici o in partnership” con i nostri player: in ogni caso “saranno soggette a sorveglianza” europea e nazionale. “Se vorranno entrare in prima persona nel business assicurativo, le Autorità dovranno valutare il modello operativo scelto e le modalità di gestione dei rischi e dei rapporti con la clientela: l’attenzione è massima” ha assicurato DE Polis. Certo, starà anche ai nostri player arginarne l’irruzione nel business valorizzando relazione coi clienti e qualità dell’offerta.