15 Maggio 2024

Il caro Catastrofe e la controversa Polizza SACE, aspettando il Decreto sull’Obbligo assicurativo

di Giuseppe Gaetano, editor in chief

Mancherebbe meno di un mese al decreto attuativo senza il quale non sarà possibile declinare in prassi l’obbligo a contrarre, per le assicurazioni, e a tutelarsi, per le imprese, con polizze di copertura sulle catastrofi.

Il termine ultimo per ottemperarvi – fissato dalla Legge di Bilancio 2024 al prossimo 31 dicembre – appare ormai troppo ravvicinato per poter fare le cose con ordine e disciplina, tanto che ad alcuni osservatori ne sembra ormai inevitabile una proroga. Il tema è stato centrale, a fine aprile, nel Tv Show dell’Italy Protection Forum di Milano, organizzato da EMFgroup con i principali player del comparto, e di cui PLTV.it è stata media partner.
Le compagnie sono chiamate a un compito enorme e di carattere mondiale: risarcire i danni direttamente causati da terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni a terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature industriali e commerciali di ogni impresa grande o piccola – ad esclusione delle agricole – che d’ora in poi non voglia rinunciare a benefici fiscali, sussidi statali e agevolazioni creditizie di sorta. Questa è la blanda “pena” per l’aspirante clientela, rispetto alle vere e proprie sanzioni pecuniarie a carico delle compagnie, almeno stando a quanto riportato finora sulla carta.

Ovviamente, senza mutualità o sussidiarietà, per le aziende site nei territori idrogeologicamente e sismicamente più fragili il premio rischia di diventare insostenibile e l’affare troppo pericoloso per la capacità assuntiva dei player minori. Non tutta la penisola – che negli ultimi 10 anni ha contato 193 emergenze, di cui il 79% meteo – è minacciata infatti dai medesimi eventi avversi.
Sarà dunque possibile arrivare a un pricing uniforme e individuare i limiti di esposizione complessiva? Trovare un punto di equilibrio tra protezione dei clienti e sostenibilità economica, consentendo alle assicurazioni di mantenere una solida posizione di capitale per fronteggiare gli allarmi? E cosa accadrà in caso di trombe d’aria, tempeste marine, eruzioni vulcaniche, grandinate con chicchi record e altri fenomeni cataclismatici ad oggi esclusi dal novero? E’ possibile riunire le varie garanzie accessorie in un’unica estensione contrattuale, per rendere più chiara l’intera pratica ed evitare possibili ricorsi?

Mentre i diversi attori attendono risposte dalle istituzioni, a queste e tante altre domande, il cambiamento climatico va avanti, franchigie e richieste di risarcimento lievitano, anche per effetto dell’inflazione: lo documentano tutti gli ultimi report dei Big del settore. Non bastano certo gli stellari bilanci di un esercizio a calmierare i prezzi: all’estero, ad esempio in Usa e Asia, i danni complessivi sono ancora maggiori e il tariffario dei pochi grandi riassicuratori – che spalmano il rischio su scala mondiale – deve tener conto del trend globale nell’accollarsi l’esposizione delle singole cedenti. Alla base del sistema c’è sempre un principio di mutualità nella raccolta premi, in questo caso internazionale.
Di conseguenza, i complessi modelli matematici che valutano la probabilità dei sinistri non possono limitarsi alla situazione italiana nello stabilire soglie, scoperti, massimali, condizioni e clausole dei prodotti. Basti vedere il tempo che sta facendo da noi in questo maggio 2024, con lo Stivale spaccato in due in quanto a temperature e precipitazioni, per capire come anche gli algoritmi predittivi più sofisticati non riescano sempre a tener conto degli inevitabili imprevisti.

In questo scenario, forse subodorando il paventato ritardo a oltranza del decreto attuativo, ad aprile SACE si è portata aventi con “Protezione Rischio Clima”, una polizza per le aziende che pare ritagliata apposta sulla norma: il fatto che sia stata lanciata sul mercato dal Gruppo direttamente controllato dal Mef – in veste di “competitor” del comparto con cui sta trattando, e in convenzione con ANIA riguardo le garanzie della riassicurazione pubblica di ultima istanza – può apparire una mossa quanto meno controversa, e che andrà approfondita.
Le promesse, per trovare una guida e dipanare questa situazione così complicata, arrivano: lato riassicuratori, dallo strumento finanziario dei bond catastrofali; lato cedenti, dalle cosiddette polizze parametriche, ambito in cui è particolarmente attiva REVO: in caso di sinistro, prevedono un risarcimento prestabilito in base a indici esterni oggettivi, come il superamento di un determinato trigger di livello di pioggia o velocità delle raffiche di vento.

Di sicuro il nostro gap assicurativo (il ramo danni pesa solo sull’1,9% del Pil italiano) resterà ampio finché non diminuiremo contemporaneamente la vulnerabilità del Paese, il suo dissesto cronico complice dei disastri “naturali”, con opere e misure di prevenzione e manutenzione; oltre che con incentivi ai sottoscriventi e, in generale, alle politiche di decarbonizzazione e conversione dell’energia fossile in fonti alternative: altrimenti, il clima provocherà tragedie pur senza essere “estremo”. Ma al Piano nazionale per l’adattamento e al Fondo per le emergenze mancano risorse e, ad ogni modo, tutto questo non entrerà nel merito del testo a cui stanno lavorando Mimit e Ivass; semmai, dovrà essere disciplinato da altro provvedimento governativo ad hoc.

Swiss Re, Gen Re, AON Re e Reale Mutua a difesa dai Rischi Catastrofali: il Talk a Italy Protection Forum

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