La responsabilità di un ospedale per il danno procurato a un paziente non necessariamente comporta la responsabilità anche del medico operatore e la struttura sanitaria può rivalersi nei suoi confronti, per il risarcimento danni, solo se dimostra che il professionista ha agito con dolo o colpa grave.
Questo perché i requisiti della colpa differiscono fra quella di natura contrattuale del nosocomio (che risponde per il solo fatto di aver ricoverato il paziente e assunto verso di lui un’obbligazione di cura, anche se i sanitari non sono suoi dipendenti ma scelti dal paziente) e quella extracontrattuale del medico (a meno che non abbiano agito nell’adempimento di una obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Lo stabilisce una sentenza, riportata dall’edizione odierna del Sole 24 Ore, con cui il Tribunale di Modena ha recentemente condannato una clinica privata per le complicazioni post operatorie patite da un uomo, sottoposto a una errata profilassi antibiotica.
Per liberarsi dall’eventuale richiesta di risarcimento, l’ospedale deve provare di aver “predisposto in maniera eccellente e tempestiva tutti i servizi e di essersi altresì avvalsa di personale competente e idoneo“, recita il dispositivo. I giudici stabiliscono che anche l’inadempimento del medico non rappresenta mai motivo di pieno esonero da colpa per l’ospedale, che resta responsabile della scelta compiuta e risponde comunque del dolo o della colpa dello specialista. Per rivalersi nei suoi confronti della somma pagata al danneggiato, deve provare che abbia agito con dolo o colpa grave, secondo l’articolo 9 della legge Gelli. Nella fattispecie, però, è emerso che il medico si era attenuto alle direttive della clinica e in sede di giudizio è stata esclusa ogni responsabilità personale.