di Giuseppe Gaetano, editor in chief
“Ci rendiamo conto che si tratta di un ulteriore onere – ha ripetuto nel weekend il ministro della Protezione civile Nello Musumeci, alle prese con le scosse ai Campi Flegrei e le nuove alluvioni in Emilia Romagna e Toscana (foto) – ma non è un costo, è un investimento” sul rating creditizio e assicurativo.
Parla dell’obbligo assicurativo cat nat per le imprese, in scadenza il prossimo 31 marzo: una legge che ambisce a porre la prima pietra di un percorso universalistico e mutualistico che solo è in grado di superare situazioni di shock, in questo caso climatico e ambientale. In determinati territori particolarmente fragili però, e non ci sono solo quelli citati, “bisogna trovare un’intesa con le compagnie perché l’esposizione è notevole – dice Musumeci – penso a un partenariato pubblico-privato”. Ma se ne è appena stato emanato il decreto!
Alludeva alle case dei cittadini, a cui da tempo si pensa di estenderlo? Un po’ prematuro, visto che sarà già tanto riuscire far ingoiare il boccone alle aziende. Forse si riferiva all’ormai cronica vulnerabilità di alcune specifiche aree geografiche, per cui i premi delle polizze rischiano di risultare fuori portata. Tuttavia, al netto della normativa vigente, va ricordato che le compagnie non sono enti benefici e nessuno può costringerle in bancarotta per assicurare l’inassicurabile.
E’ il segretario generale Stefano De Polis a chiarire per l’Ivass – che già l’estate scorsa ha pubblicato un paper a tema prima del dm – alcuni dei diversi punti oscuri evidenziati da PLTV.it a proposito della legge: “Gli intermediari avranno un ruolo centrale nella distribuzione delle coperture catastrofali soprattutto per le micro, piccole e medie imprese – dice – cui andrà offerto anche un supporto per definire al meglio le esigenze di copertura e le misure di mitigazione ritenute utili“. Occasione dell’intervento, un convegno sull’argomento tenutosi la settimana scorsa all’Università La Sapienza di Roma.
Tanto per cominciare è confermato che il magazzino merci è escluso dalla garanzia mentre devono essere coperti i beni in affitto, usufrutto o leasing: se la vedranno utilizzatore e proprietario su chi firmerà la polizza. Non rientrano sotto l’ombrello neanche le cosiddette “bombe d’acqua”, perché l’allagamento sarebbe un fenomeno idrogeologicamente diverso dall’alluvione, pur producendo di fatto lo stesso effetto e danno: a quanto pare, la pioggia dovrebbe insistere in maniera prolungata e continua per rientrare nella definizione di evento “estremo”.
Al contrario la frana deve manifestarsi in maniera rapida: se il distacco o lo scivolamento di terra e roccia è lento o “graduale”, dal punto di vista assicurativo l’evento avverso non è più incerto. Sono ipotizzabili possibili future controversie su questi ultimi due punti. Riguardo i terremoti, “vedremo se i contratti offerti dalle compagnie attribuiranno ai provvedimenti delle Autorità la funzione di delimitare l’area di copertura della polizza (individuata dall’Ingv, ndr) ovvero di presunzione della sussistenza del nesso di causalità tra evento e danno” dice De Polis. Ricordiamo che la copertura deve estendersi automaticamente a tutti gli eventi collegati al fenomeno principale, che accadano nelle successive 72 ore, e la (non semplice) liquidazione del 30% del danno entro 15 giorni.
L’Ivass avrà inoltre il compito, da disciplinarsi tramite altro decreto attuativo ministeriale, di allestire un comparatore online tra i diversi prodotti in offerta sul mercato.
Le assicurazioni sono attrezzate per erogare, a richiesta, “pacchetti” che coprano ciò che in caso di sinistro non è contemplato dal dispositivo – come la perdita di profitto legata alla business interruption – e fornire ulteriori servizi, dallo sgombero di detriti all’assistenza sanitaria.
Tuttavia molti altri nodi del provvedimento restano da sciogliere, anche per questo l’esperto consiglia – specie alle Pmi – l’adesione a polizze collettive stipulate da associazioni di categoria (e magari “multirischio” come suggerito qualche tempo fa dal consigliere Riccardo Cesari) così da accelerare la mutualità, scongiurare la selezione avversa e negoziare con i player condizioni contrattuali più uniformi e adeguate per soci e aderenti. Del resto solo le grandi aziende appartenenti alla 3° fascia, con somme da assicurare oltre i 30 milioni, possono trattare liberamente scoperto e massimo indennizzabile. Tutte le altre realtà, a cominciare da quelle delle zone colpite ancora in questi giorni dal maltempo, sono preoccupate dalle migliaia di euro di premi da versare e dal corto circuito di liquidità che può innescarsi con gli investimenti necessari per la transizione verso un bilancio di sostenibilità green.
Non è vero che “fino al 28 febbraio siamo rimasti all’oscuro del contenuto del provvedimento” come lamenta Confindustria: è più di un anno che se ne parla, sia pure per linee generali, e non mancano soluzioni aggiornate in commercio; quanto alla “serie di conseguenze talmente importanti che nei fatti diventa un obbligo” esprimiamo qualche dubbio visto che nel testo si invita ancora solo a “tener conto” dell’adempimento nell’elargizione di futuri indennizzi pubblici (escludiamo per buon senso l’effetto retroattivo, mancando l’ufficialità perfino su questo). Difficilmente, in caso di bisogno, il governo potrà permettersi di chiudere i rubinetti a oltre metà del tessuto produttivo nazionale. Tanto è il gap da colmare, e ormai in poco tempo.
Certamente all’obbligatorietà “deve corrispondere un maggiore impegno dello Stato in termini di prevenzione” altrimenti, è vero, “si tratterà solo di una tassa aggiuntiva che non risolverà le cause della fragilità del nostro territorio” e al contempo alimenterà lo spopolamento industriale di intere zone della penisola. Anzi, a nostro avviso l’eventuale mancata erogazione di predefiniti interventi pubblici di ripristino – e l’assenza di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria da parte degli enti locali istituzionalmente preposti – potrebbero addirittura incoraggiare delle vertenze da parte delle compagnie contro il pubblico sui risarcimenti spettanti.
Prima di firmare il contratto Confindustria – ma anche altre organizzazioni professionali – chiedono al Mimit: una serie di tavoli per far luce su vari aspetti della normativa (livello dei premi, contrattualistica, impegni chiesti in caso di investimenti per la mitigazione dei rischi, ecc.); l’esclusione di alcune agevolazioni fiscali e contributive dagli incentivi per cui decadrà il beneficio; infine una proroga di 3 mesi all’entrata in vigore della norma, “assolutamente indispensabile”. D’altro canto l’obiettivo soggiacente all’imposizione di una scadenza – ovvero l’urgenza di raggiungere una mutualità che abbassi da subito i costi – purtroppo non sarà raggiungibile da un giorno all’altro come si propone l’esecutivo.
Nonostante i disastri provocati da alcune alluvioni, in Italia il 2024 è stato tutto sommato un anno tranquillo rispetto ad altri, in termini di perdite economiche. Il verdetto sulla bontà del provvedimento lo emetterà il tempo, in ogni senso, mettendo alla prova le fasi cruciali di accertamento e liquidazione sinistri: per il momento, di più non si poteva chiedere.
Il parallelo obbligo a contrarre imposto alle compagnie (pena una multa da 100mila a 500mila euro) va infatti contemperato con la loro capacità assuntiva, diretta o in coassicurazione: ogni anno sono tenute a fissare e comunicare alla vigilanza i paletti di tolleranza al rischio in riferimento alla solvibilità del portafoglio cat nat complessivo, contando il ricorso ai riassicuratori e la cessione a Sace fino al 50% degli indennizzi pagati. Va bene ridurre gli oneri della sciagura a carico dello Stato, ma non possono certo correre il pericolo di fallire per tamponare un’emergenza globale creata da decenni di politiche economiche sconsiderate, di piani regolatori sballati e di scarsa manutenzione infrastrutturale. Ad alleggerire il fardello ci penserà in parte il pool riassicurativo allestito da Ania, richiamando capacità addizionale sul mercato.
Speriamo soprattutto vada a buon fine la proposta, avanzata da Bce ed Eiopa e citata da De Polis, di affiancare ai sistemi di protezione nazionali: uno schema di riassicurazione pubblico-privato europeo, che aumenti la copertura e diversifichi i rischi tra Paesi membri; e un fondo pubblico Ue per la ricostruzione post-evento, vincolato all’adozione di misure preventive di mitigazione.
Decreto Cat Nat in ritardo sui Trattati di Riassicurazione, la via dei Bond catastrofali