di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Negli ultimi decenni In Italia i danni da dissesto idrogeologico sono costati 46 miliardi di euro, in operazioni di ripristino durate in media quasi 5 anni l’una; mentre i finanziamenti per prevenirli sono ammontati a circa 6,59 milioni.
E’ tutto in questo rapporto 1 a 10 presentato oggi a Palazzo Chigi da Asvis-Associazione italiana per lo sviluppo sostenbile, che non tiene conto dei terremoti, il dramma dell’assicurabilità e delle perdite da danni catastrofali nel nostro Paese, a cui l’obbligo di copertura introdotto dal governo con la legge di Bilancio 2024 (ancora allo studio di Mef e Mimit per le sue modalità operative) sta cercando di mettere una pezza almeno lato imprese. Contando anche gli immobili ad uso residenziale, secondo la ricerca ci vorrebbero più o meno 26 mld per mettere in sicurezza la penisola. Ma per stare al passo con un cambiamento climatico, che corre molto più veloce della nostra capacità di fronteggiarlo, si dovrebbero anche aggiornare dei Piani di assetto idrogeologico a quelli di gestione del rischio adottati dalle autorità nel 2021.
E’ fin troppo ovvio che non ci sarà mai protezione in questo ambito senza un parallelo forte investimento nella prevenzione, la cui assenza – certificata anche dalla pressoché totale assenza di polizze di responsabilità ambientale – è complice delle perdite provocate da eventi “naturali”: non c’è bisogno che siano poi così “estremi” per mettere in allerta e creare pesanti disagi in intere regioni, come sta avvenendo in questi giorni a Nord.
Il protection gap confermato ultimamente da Swiss Re ci pone al 17° posto nel mondo per perdite catastrofali in relazione al Pil e al vertice dei Paesi Ue più colpiti nel 2023 da tempeste, grandinate e relative alluvioni: dato evidenziato anche da analoghi report di Aon e Munich Re. “La riduzione del rischio attraverso l’adattamento favorisce l’assicurabilità – ha ricordato nell’occasione il riassicuratore svizzero -. Il settore assicurativo è pronto a svolgere un ruolo importante catalizzando gli investimenti nell’adattamento, direttamente come investitore a lungo termine e indirettamente attraverso la sottoscrizione di progetti a sostegno del clima e la condivisione della conoscenza dei rischi“.
Mancata prevenzione sono infatti anche l’abusivismo edilizio e il persistere di insediamenti urbani e industriali nelle aree critiche – in cui tristemente eccelliamo – che parimenti non aiutano questo obiettivo di tamponare le perdite “adattando” strutture residenziali e produttive a violenza e frequenza dei fenomeni meteo. Di questo passo danni e costi sono destinati ad aggravarsi di anno in anno e a rendere ancora più difficile mettere a terra una legge che imponga l’assicurazione senza svenare cittadini, imprenditori, compagnie e le stesse casse dello Stato.
Da un giro di consultazioni tra agenti e broker, a Plus24 risulta che i prezzi per le coperture di abitazioni e immobili d’impresa siano aumentati di un 10-15% nell’ultimo periodo, specie quelle legate a fenomeni climatici. Aziende, privati e amministratori di condominio faticano a rintracciare assicurazioni con cui sottoscrivere contratti a prezzi ragionevoli e, secondo l’inserto del Sole, non mancano perfino disdette da parte delle compagnie, per cui già le polizze legate agli eventi atmosferici – senza arrivare a quelli catastrofali – rappresentano un affare che difficilmente copre le spese.
L’impossibilità di prevedere tempi, modi e intensità dell’evento, e dunque il suo reale impatto sugli asset assicurati; la specificità del dissesto da cui parte il nostro territorio; i costi dei sinistri lievitati con l’inflazione: tanti fattori hanno peggiorato l’andamento tecnico del ramo property ed è difficile imporre obblighi di legge in queste condizioni, in cui il comparto è costretto ad aumentare franchigie e scoperti o ad abbassare le soglie del risarcimento danni. Alcuni player riescono a frazionare il rischio con i bond catastrofali, opzione sempre più gettonata anche sul mercato della cyber security, tuttavia l’impianto generale che disciplinerà l’obbligo dovrà necessariamente tener conto dei limiti della capacità di assunzione del rischio delle compagnie e delle vigenti regole di vigilanza prudenziale a garanzia della loro solidità patrimoniale: non possono essere obbligate ad assicurare l’inassicurabile facendosi carico del climate chance globale, quand’anche col paracadute Sace del 50%.
Certo, anche la prevenzione costa cara. Eppure la documentazione da parte dell’impresa di una implementazione di misure preventive oltre che assicurative (che ne migliorerebbe pure il merito creditizio) è l’unico altro fattore che potrebbe calmierare il prezzo dell’affare per tutti gli attori coinvolti insieme alla mutualità, espressamente richiamata dall’esecutivo nel punto in cui dispone che l’atteso decreto attuativo ministeriale disciplini le “modalità di individuazione degli eventi calamitosi suscettibili di indennizzo nonché di determinazione e adeguamento periodico dei premi anche tenuto conto del principio di mutualità”.
Ora, un obbligo che non contempla sanzioni in caso di mancato adempimento, cessa sostanzialmente di essere un obbligo. La sola perdita delle agevolazioni statali, per le imprese che non ottemperano alla sottoscrizione della polizza catastrofale, potrà provocare un danno a quelle che vi sono ricorse ma non a tutte le altre che finora sono riuscite a fare a meno di incentivi e garanzie sui prestiti, e magari non sono neanche ubicate in quelle (poche) aree dello Stivale immuni da minacce sismiche o idrogeologiche.
In assenza di una consapevolezza spontanea dell’importanza di questo tipo di copertura, che vada al di là dell’aspetto coercitivo (e che non sopravvenga esclusivamente quando si sperimentano gli effetti della perturbazione atmosferica, come suggeriva la suddetta ricerca di Bankitalia), la sensazione è che – anche una volta che sarà messo a terra il decreto – difficilmente si riuscirà a far assicurare tutte le aziende, dunque a spalmare costi e rischi sull’intero sistema produttivo e a ridurre significativamente i premi. Elevati quanto si vuole, ma mai quanto le perdite che potrebbe causale un eventuale evento estremo, che possono arrivare al fallimento e alla chiusura totale dell’attività.
ANIA, che da anni promuove la necessità di introdurre uno schema assicurativo nazionale basato su una partnership pubblico/privato, ha commissionato a Guy Carpenters una stima del valore degli asset da assicurare, per quanto riguarda le aziende, di cui sono attese a breve le cifre ufficiali. Un calcolo complesso, in una realtà frastagliata come la nostra di micro e piccole realtà imprenditoriali, ma fondamentale. Uno studio riguardo i danni fisici agli impianti delle aziende, da poco pubblicato da Bankitalia nella collana “Questioni di economia e finanza”, evidenzia negli ultimi 5 anni una correlazione positiva tra copertura contro gli eventi naturali e danni subiti da questi: questo primo tentativo di misurazione empirica del rapporto rischi/tasso di assicurazione trarrebbe giovamento, ad esempio, da dati e numeri dettagliati sugli asset assicurati e sui premi pagati.
Obbligo Assicurativo contro Danni Climatici, Strada in Salita per il Decreto Attuativo