Nulla è più desiderato del proibito: l’esigenza di farsi due passi a piedi al parco sotto casa o attorno all’isolato, che tante polemiche destò nel 2020 durante i mesi del lockdow duro, è sparita d’incanto.
Finito (o quasi) l’allarme il Covid, finiti i ‘giretti’ di quartiere. Nel 2022 gli italiani sono tornati in massa all’auto privata alla faccia di sostenibilità, biciclette, car sharing e trasporto pubblico locale (dimenticato, del resto, anche dagli investimenti delle amministrazioni locali): tutta quella mobilità alternativa, che vede il Belpaese ancora molto lontano dagli standard europei. Questo, in sintesi, lo scenario del 19° Rapporto sulla mobilità “Audimob – Stili e comportamenti di mobilità degli italiani” a cura di Isfort, l’Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti, presentato a Roma nel weekend.
A fine 2022 i passeggeri di metro, bus e treni – anch’essi sempre più vecchi e malconci – registrano un -21% rispetto al pre Covid e, per la fine del 2023, è atteso un ulteriore calo del volume della domanda. I problemi non vengono solo da scarsa frequenza delle corse, scomodità dei viaggi e inaffidabilità degli orari; ma dalle stesse infrastrutture, inferiori del 50% rispetto alla media dei grandi paesi Ue. L’auspicio è che i piani di investimento nazionali, cofinanziati da risorse comunitarie come il Pnrr, incrementino l’offerta e velocizzino i tempi di spostamento, mitigando al contempo l’impatto dei maggiori costi energetici e operativi sui bilanci delle aziende di traporto.
Tra il 2019 e il primo semestre 2022 gli spostamenti a piedi sono scesi del 14%, rappresentando attualmente meno del 20% della mobilità totale. Contemporaneamente, l’automobile è arrivata a sfiorare il 65%. Il parco auto continua a crescere, ma non ringiovanisce: l’età media dei quasi 40 milioni di auto circolanti (1/4 delle quali sotto lo standard emissivo Euro 3) è aumentata a 12,2 anni per un tasso di motorizzazione salito a 67,2 veicoli ogni 100 abitanti. L’anno scorso il business delle bici, classiche ed elettriche, ha segnato nel complesso -1,7% rispetto al 2020; mentre cresce il mercato di moto e scooter: +2,1%. In tutto 7,15 milioni di motori a due ruote in circolazione, corrispondenti a 12,1 per 100 abitanti.
Le ZTL procedono a macchia di leopardo sulla penisola, con il Sud in gravissimo ritardo, e in alcune aree sono addirittura diminuite. Non è solo un problema di inquinamento atmosferico sempre più alto; ma anche di sicurezza stradale e, quindi, di polizze Rc auto. Rispetto all’obiettivo europeo 2020/2030, siamo in ritardo: nel 2021 gli incidenti stradali sono stati più di 150.000, con un incremento di quasi il 30% rispetto al 2020, dovuto ovviamente alla ripresa dei flussi veicolari post pandemia.
Le vittime sono state 2.875, il 20% in più del 2020, i feriti 204.728 (+28,6%). Numeri ancora inferiori a quelli del 2019, ma comunque in rapida e preoccupante ripresa. È tornato davvero quasi tutto come prima, anche quello che sarebbe stato meglio cambiare: il Covid non ha invertito marcia ai comportamenti degli utenti della strada, che hanno perso l’opportunità – offerta dal lockdown – di rivedere il loro personale stile di mobilità.
Sull’assicurazione auto, in particolare, c’è stata un’altra ricerca pubblicata nel weekend che rappresenta il corollario di questi dati sulla ricrescita del traffico tradizionale: l’incremento dei costi delle riparazioni di auto e moto e dei tempi di attesa per i proprietari, rilevato da Federcarrozzieri. “Nel corso del 2022 sono esplosi i costi dei materiali di consumo delle carrozzerie come effetto combinato del caro energia e del costante rincaro dei pezzi di ricambio, voce che incide per circa il 70% del costo delle riparazioni – spiega l’organizzazione di categoria -. Gli operatori sono riusciti solo in parte ad assorbire i maggiori costi, con la conseguenza che nell’anno in corso i listini al pubblico relativi alle riparazioni hanno subito inevitabili rincari“.
E ulteriori aumenti sono previsti nel 2023, con i costi degli interventi destinati a salire del 15% rispetto a inizio 2022 e i tempi di attesa per ritirare il proprio veicolo fino al 20%. Per sostituire il parabrezza di una citycar, la spesa salirà da una media di 1.120 euro a 1.300 circa (+16%). In caso di danneggiamento delle porte laterali di un Suv di alto livello, la spesa passerà da 9.700 a 11.200 euro (+15,4%). Sono solo alcuni esempi di come e quanto aumenterà la spesa a carico degli automobilisti. Ma anche a carico delle compagnie assicuratrici che, a loro volta, non potranno che rifarsi sui premi delle Rc auto, in ogni classe di merito.
“Oggi il premio medio dell’Rc auto, al netto delle tasse, è di circa 310 euro – sostiene Assoutenti -. Ma energia e inflazione si ripercuoteranno sulle tariffe, che rischiano di salire del +6% nel corso del 2023” dopo la costante riduzione degli ultimi anni. “Se si considera che in Italia circolano 43 milioni di veicoli assicurati, di cui 32,5 milioni di autovetture, la stangata sull’Rc auto solo per la categoria degli automobilisti raggiungerebbe nel nuovo anno la cifra di 605 milioni di euro”.
Per l’associazione di consumatori già dal prossimo 1 gennaio circa 2 milioni di assicurati rischiano di vedersi “quadruplicati i premi delle polizze in virtù dell’entrata in vigore della norma, introdotta dalla Legge sulla Concorrenza, che obbliga le imprese estere operanti in Italia ad adottare la procedura di risarcimento diretto. Una novità – conclude Assoutenti – che potrebbe costare altri 400 milioni di euro alla collettività degli assicurati”.