Nel 2019 i ricorsi ricevuti dall’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) sono stati 22.059, in ulteriore flessione rispetto al 2017.
La riduzione è stata determinata principalmente dal forte calo dei ricorsi relativi ai finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione (CQS), mentre sono complessivamente aumentate le controversie sulle altre materie.
Nel 96% dei casi i ricorsi sono presentati da consumatori; la loro incidenza rispetto alla popolazione è più elevata nel Lazio e in alcune regioni meridionali.
Il calo del contenzioso si è riflesso sull’attività decisoria dei Collegi. Rispetto al 2018 il numero delle pronunce è diminuito sensibilmente (da 32.885 a 27.346). Sulla dinamica ha inciso anche la sospensione nell’ultimo trimestre dell’anno dell’attività decisoria in materia di cessione del quinto, a seguito della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea dell’11 settembre 2019 sul caso Lexitor. La sentenza ha reso necessaria l’attivazione di un confronto interno al sistema nell’ambito della Conferenza dei Collegi e del Collegio di coordinamento.
Il Collegio di coordinamento è stato chiamato a pronunciarsi sull’applicabilità dei principi della sentenza resa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) sul caso Lexitor riguardanti il diritto del cliente alla restituzione dei costi sostenuti in fase di concessione del finanziamento, in caso di estinzione anticipata dei contratti di credito ai consumatori, come disciplinata dall’art. 16 della direttiva CE/2008/48 (Consumer Credit Directive, CCD). La Corte ha stabilito che tale norma deve essere interpretata nel senso più favorevole al consumatore: tutti i costi sostenuti dal cliente, correlati o meno alla durata del contratto (ad eccezione delle spese del notaio, la cui scelta compete al consumatore), devono essere restituiti in proporzione alla durata residua del contratto. Tale interpretazione, ad avviso della Corte, risulta pienamente aderente allo scopo della citata direttiva volta ad assicurare un’effettiva protezione del consumatore e l’equilibrio tra le parti contrattuali.
Il Collegio di coordinamento ha osservato che i principi della sentenza della CGUE sono immediatamente applicabili nell’ordinamento italiano, anche rispetto a situazioni sorte anteriormente, con esclusione di quelle coperte da giudicato o esaurite (ad es. per decorso della prescrizione). A giudizio del Collegio l’art.125-sexies TUB, che dà attuazione all’art.16 della CCD replicandone il contenuto, deve essere quindi applicato nel senso indicato dalla Corte di giustizia includendo tra gli oneri restituibili, oltre ai costi recurring (destinati a maturare nel corso del rapporto), anche quelli up front (che remunerano attività che si concludono con la stipula del contratto).
Il Collegio si è poi espresso sul criterio di rimborso degli oneri. Ha osservato che la Corte di giustizia, pur riconoscendo la diversa natura dei costi up front e di quelli recurring, non si è pronunciata sul criterio da adottare concretamente per quantificare il rimborso, limitandosi a osservare che tutti i costi sostenuti dal consumatore, di qualunque natura siano, devono essere restituiti in proporzione alla durata residua del contratto. L’Arbitro ha anche considerato che resta ferma in ogni caso l’autonomia dei contraenti nel disciplinare diversamente nel contratto il criterio di restituzione dei costi, sempre che questo sia agevolmente comprensibile e quantificabile dal consumatore e risponda comunque a un principio di proporzionalità.
Pertanto, in assenza di un criterio contrattuale di rimborso comunque basato su un principio di proporzionalità, il Collegio ha ritenuto che il criterio pro rata temporis è ancora da ritenere il più logico per il rimborso degli oneri recurring ma non per i costi up front in ragione della loro diversa natura. Per determinare la quota di costi up front restituibili i Collegi dell’ABF dovranno fare riferimento al criterio dell’integrazione giudiziale, con il quale il giudicante integra il regolamento contrattuale secondo equità (ex art. 1374 c.c.)…