da indagine FABI
Meno credito e più prodotti finanziari: si allarga vistosamente la forbice tra i due principali ambiti di attività del settore bancario italiano.
Una evidente ritirata dal credito e obiettivo puntato sui prodotti finanziari: si allarga vistosamente la forbice tra i due principali ambiti di attività del settore bancario italiano, con le agenzie ormai sempre più simili a negozi finanziari.
L’anno scorso, sul totale di 82 miliardi di euro di ricavi, quelli legati alle commissioni hanno raggiunto il 53,6% (pari a 44 miliardi) del totale, rispetto al 46,4% (pari a 38 miliardi) dei proventi riconducibili ai finanziamenti concessi a imprese e famiglie.
La repentina evoluzione delle banche italiana emerge plasticamente dalla fotografia che la Fabi riesce a scattare con una dettagliata ricerca sui ricavi del settore. Nel 2020, il distacco era stato inferiore a un punto percentuale (50,4% contro 49,6%): 39,5 miliardi contro 38,7 miliardi.
Il divario tra commissioni e prestiti è passato, in soli 12 mesi, da 688 milioni a 5,8 miliardi. In termini percentuali, il distacco è passato da meno di un punto a oltre sette punti percentuali.
Con i big di Internet che sono già entrati, da anni, nel mercato dei pagamenti digitali e, adesso, muovono i primi passi nel campo del credito al consumo, “aggredendo” quote di mercato alle banche, il settore bancario italiano si sta profondamente trasformando e il cambiamento tocca da vicino sia i dipendenti sia la clientela. La spinta alla vendita di prodotti finanziari e assicurativi, infatti, fa crescere le indebite pressioni commerciali esercitate dai vertici dei gruppi sulle lavoratrici e sui lavoratori proprio per incrementare i ricavi legati alle commissioni su prodotti e servizi finanziari e assicurativi.
L’argomento, peraltro, è al centro del 127° Consiglio Nazionale della Fabi, in programma a Milano (palazzo del Ghiaccio) in questi giorni.
Tre giorni di lavori che, tra molto altro, offriranno anche l’occasione per un confronto diretto fra i rappresentanti della Fabi e i capi del personale e delle relazioni sindacali dei principali gruppi bancari del Paese proprio su questo argomento, oggetto di una indagine della Commissione parlamentare d’inchiesta avviata lo scorso 17 maggio.
Il 2021 ha dunque visto crescere i ricavi del settore bancario italiano, in aumento di oltre 4 miliardi con una crescita del 5,2%: peccato che la chiave di successo del conto economico degli istituti di credito italiani passi sempre di più per il vertiginoso aumento delle commissioni pagate dalla clientela.
Il rischio è che, in assenza di interventi, la situazione possa portare a contrapporre due fragilità, da un lato i dipendenti delle banche, dall’altro la clientela.
«I nostri dati ci consentono di fare diverse considerazioni. La prima è che le banche, ormai, stanno rinunciando a fare credito e questo dipende principalmente dal fatto che i prestiti rappresentano un’attività poco profittevole e sempre più complessa, soprattutto a causa delle stringenti regole della Banca centrale europea che non vuole i bilanci appesantiti da nuove sofferenze; insomma, molti costi e tanti rischi, ma poca redditività. Di qui la scelta di spostare l’attenzione, progressivamente, sulla vendita di prodotti finanziari e assicurativi, ambito nel quale i rischi sono di fatto ridotti a zero, ma i ritorni economici, invece, sono assai importanti.
La seconda considerazione deriva dagli effetti, a mio avviso pericolosi, derivanti dall’ingresso di grandi operatori di internet nel mercato e nel business delle stesse banche: dopo i pagamenti, adesso, è il caso di Apple, c’è il credito al consumo e tutto questo esaspererà la concorrenza sfrenata fra i gruppi bancari italiani, con ripercussioni negative anche per la clientela; mi riferisco, in questo caso, all’argomento delle indebite pressioni commerciali del quale ho parlato, documentando, dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta per spiegare soprattutto che si tratta di una questione di carattere sociale e non solo strettamente sindacale.
“Se i giganti del web, peraltro favoriti dalla sostanziale assenza di regole, eroderanno quote di mercato alle banche, quest’ultime punteranno sempre di più sulla vendita di prodotti finanziari. Il rischio è che le banche non svolgeranno più quell’importante ruolo sociale di un tempo e i danni li toccheremo con mano sui territori» commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.