di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Ritardi inaccettabili non solo nel saldo ai dipendenti statali del TFR o TFS complessivo, che l’anno scorso la Corte Costituzionale ha ri-ordinato di accelerare con la sentenza n. 130/2023, ma anche nell’iter di erogazione del loro anticipo con interesse all’1,5% da parte del Fondo Welfare: la controversa iniziativa Inps che doveva avere durata breve alla luce dello sveltimento dell’erogazione della buonuscita ordinato dai giudici, e che invece ha finito per essere risucchiata nelle lungaggini determinate dal testo della normativa, dalla carenza di personale dedicato a tale attività e dalla sua insufficiente formazione.
A registrare il flop non è un sindacato o un’associazione di consumatori ma lo stesso Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Ente di previdenza nazionale, che nell’ultimo periodo ha fatto incetta di segnalazioni e lamentele da parte di lavoratori e pensionati determinando – specie in alcuni territori – un parallelo incremento del contenzioso. Del resto, la matematica non è un’opinione: dal primo febbraio 2023 – quando è partita la trovata dell’anticipo del trattamento di fine rapporto/servizio a tasso ultra agevolato – al 12 dicembre scorso, sono arrivate in tutto 17.539 domande di cui 6.195 respinte (presumibilmente per l’assenza delle numerose condizioni poste comunque per accedere al beneficio), 9.138 ancora in lavorazione e appena 2.216 lavorate. In migliaia, da più di un anno, non hanno ancora visto un soldo: se non hanno sortito effetto le ordinanze della Suprema Corte, difficile che i solleciti inoltrati ora dal Civ ottengano quell’efficientamento del sistema che solo il legislatore può implementare con un urgente programma di assunzioni e di investimenti tecnologici nella Pubblica amministrazione, di cui allo stato non c’è però traccia.
Criticità prevedibili e abbondantemente messe in conto dalle banche, ben conoscendo burocrazia e lacune del pubblico. Ad esempio Banco BPM, ospite nei nostri studi, già l’anno scorso era certo che l’anticipo Inps non avrebbe impattato granché sul business degli intermediari, se non altro per il gap tra le risorse messe a disposizione per l’esperimento e la platea di potenziali beneficiari. sono infatti circa 150.000 i lavoratori che ogni anno lasciano la Pa sommandosi ai colleghi che attendono l’erogazione di un loro diritto acquisito. Figurarsi se, in tale contesto di disorganizzazione e penuria di risorse, potrà mai vedere la luce l’idea di Fucino Finance di iniziare ad anticipare il TFS prima del pensionamento come avviene nel privato; o la proposta, avanzata dall’opposizione in Parlamento, di pagare la prima rata entro 3 mesi dalla pensione, aumentando la soglia da 50mila a 63mila euro. Insomma una bella gatta da pelare, tra le altre, per il neo presidente Gabriele Fava; anche perché, se la liquidazione tarda troppo, il cittadino è autorizzato a chiedere gli interessi di mora.
L’impasse rilancia dunque il tradizionale ricorso alle banche, se non fosse che gli interessi non sono alla portata di tutti per effetto di un rendistato che anche a gennaio si è posizionato poco sotto il 4%: in soldoni, aggiungendo lo 0,5% di spread, per un anticipo a lunga scadenza di 45mila euro al cliente tocca versarne oltre 2mila di interessi. Ad essere davvero rilanciati, per quanti hanno bisogno di liquidità immediata, saranno i prestiti – personali, finalizzati e tramite CQ – che non a caso nel 2023 hanno tenuto rispetto ai mutui, nonostante le difficoltà attraversate dal comparto credito al consumo a causa dell’elevato costo del denaro. Già la Legge Finanziaria prevede per impiegati e pensionati statali la possibilità di richiedere un prestito agevolato a tasso fisso, non finalizzato, con una rata mensile sotto il 20% dell’importo netto dello stipendio/pensione. Il mercato dell’anticipo del TFS/TFR, che movimenta un giro d’affari da 7 miliardi di euro, rischia di essere abbandonato per sempre?
TFS, Fucino Finance: “Anticipo Prima del Pensionamento, la Soluzione Equa” che Risolve 3 Problemi