26 Agosto 2024

Banche italiane con slancio verso il secondo Semestre 2024, arrivano i nuovi Intermediari Fintech

di Giuseppe Gaetano, editor in chief

Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps e Bper chiudono i primi 6 mesi del 2024 con una crescita annua del 10,4% per il margine di interesse – arrivato a pesare sull’1,8% di tutto l’attivo – e del 6,5% per le commissioni nette, supportata da un +5,3% della raccolta indiretta.

L’incremento dei ricavi ha determinato per le prima 5 banche italiane un utile netto di oltre 12 miliardi di euro (+19,8%) e un Roe al 15,5%. I primi conti al giro di boa dell’esercizio in corso arrivano dalla Fondazione Fiba ma, da come si è chiuso l’esercizio 2023, era prevedibile come sarebbe andato il 2024. C’è da dire che quanto richiede First Cisl a fronte dei profitti – ovvero investimenti in tecnologie e AI, formazione continua dell’organico interno, educazione digitale della clientela – abbonda nelle relazioni diffuse da ogni Big, che non mancano di esaltare nero su bianco il valore aggiunto del proprio personale e l’attenzione costante al cliente. Eppure per il sindacato da gennaio a giugno i dipendenti sono diminuiti complessivamente del 2,6% annuo (sebbene il costo del personale segni +1,6% per effetto del rinnovo contrattuale) e sul territorio nazionale hanno chiuso altri 261 sportelli (- 2,2%).
La nota dolente, per il settore, restano gli impieghi: -3,2% calcola l’analisi Fiba, oltre 37 mld in cifre assolute contro una media Ue del +1,35%, in base ai dati Bce sulle significant; e la percentuale calerebbe a -4,5% al netto dei pronti contro termine. Anche il rapporto prestiti/depositi è più basso dei competitor continentali, battuti però sul cost/income, in ulteriore calo al 39,9% a fronte del loro 52,8%. Questo particolare trend vale per l’intero comparto bancario italiano, non solo per i grandi gruppi: tutti i player sono riusciti comunque a ridurre lo stock di deteriorati e a mantenere elevata la qualità del portafoglio crediti, tramite una selezione all’ingresso della clientela richiesta – del resto – dalle stesse autorità di vigilanza.

Morningstar DBRS condivide gran parte delle cifre riportate: da gennaio a giugno l’utile netto aggregato dei 5 gruppi è stato di 12,6 mld (+20% a/a con le voci non ricorrenti), beneficiando di maggiori ricavi core e commissioni nette, disciplina dei costi e minori accantonamenti per perdite su prestiti. L’agenzia di rating calcola in +8% l’aumento percentuale dei ricavi e concorda anche sul +10% del margine di interesse – aspettandosi che resti solido anche nell’anno in corso “con dinamiche nei volumi di prestito che alla fine compenseranno l’impatto negativo dovuto al continuo abbassamento dei tassi di interesse” – e sull’avanzata delle commissioni nette (+ 6%) rilevando una buona performance delle attività di investimento e bancassicurazione, mentre le commissioni dei servizi bancari tradizionali incorporano ancora la frenata della crescita stagnante dei prestiti. Completano il quadro: profili di rischio sempre più forti, bassi tassi di insolvenza, capitale ulteriormente rafforzato.
Il verdetto è che “il primo semestre suggerisce un buon slancio per continuare nel 2024 con margini di interesse netti resilienti, contributo dai ricavi da commissioni e minori costi del credito a compensare i probabili aumenti derivanti da spese del personale e investimenti digitali”. Se qualità del credito rimarrà elevata com’è, la previsione di Morningstar è che l’attuale esercizio finirà perfino meglio del 2023, con un CoR medio di 40 bps.

E ancora più in là, nel 2025 e oltre? Sul fronte del credito, la sfida del futuro sembra venire in realtà dai nuovi intermediari ancora più innovativi. Questo emerge da una recente relazione di Bankitalia secondo cui – stante la crescente importanza della tecnologia – l’ingresso di nuovi operatori finora ha inciso poco sulla struttura del mercato; in prospettiva, però, aumenteranno di numero, se non altro alla luce delle concessioni legislative sugli strumenti a disposizione. Come già accertato da un analogo report del 2023, il comparto non bancario continua a mostrare elevato dinamismo in base al numero di autorizzazioni rilasciate, e Via Nazionale rileva un crescente interesse di primarie società fintech europee a espandere la propria presenza con succursali in Italia – dove alcune di esse erano già attive in regime di libera prestazione di servizi – per accrescere la base clienti, agganciandola con segmenti di business in crescita come buy now pay later e banking as a service: quest’ultima modalità di fornitura di servizi – basata sulla formula della collaborazione con l’impresa partner, che distribuisce direttamente ai propri clienti i prodotti dell’intermediario – si sta sempre più diffondendo.
L’anno scorso, inoltre, sono stati autorizzati i primi fornitori specializzati in crowdfunding: nulla che gli intermediari esistenti non possano svolgere, ma è frequente la costituzione di soggetti specializzati – spesso di piccole dimensioni – con strutture di costo flessibili, grazie al ricorso a partnership e outsourcing, che puntano a insidiarne il giro d’affari da più punti.

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