di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Le banche europee restano redditizie, capitalizzate e piene di liquidi secondo il Risk Dashboard e il questionario sulla valutazione del rischio da poco pubblicati da EBA; pur attendendosi, a causa degli elevati tassi di interesse che gravano ancora sui debitori, un deterioramento della qualità del credito soprattutto nel portafoglio di asset immobiliari. Le condizioni di funding rimangono “benevole” e l’anno scorso hanno consentito agli istituti di emettere più debito che nel 2022. In generale, in UE l’irrigidimento degli standard sui prestiti non ha portato alla netta riduzione osservata in Italia, ma anche nel resto del continente il mercato “resta debole” e i player sono “riluttanti ad aumentare l’esposizione“.
La BCE si prepara comunque a 12 mesi di ispezioni e controlli e ispezioni – dalla gestione dei rischi climatici e ambientali all’esame di governance e passività – e recita il suo ruolo di cane da guardia intimando alle banche di tenerla alta, “poiché i venti contrari degli anni passati non si sono ancora attenuati: le prospettive economiche sono ancora deboli, le tensioni geopolitiche elevate e la stabilità finanziaria vulnerabile“.
Tuttavia anche per Scope Ratings il comparto europeo rimarrà resiliente nel 2024, grazie al rafforzamento dei fondamentali creditizi degli ultimi anni: redditività, bilanci puliti e capitale forniscono riserve significative per resistere a un moderato deterioramento delle condizioni operative (tra cui crescita lenta, inversione del ciclo della qualità degli attivi e condizioni di finanziamento più restrittive). Anche se i tassi ufficiali scenderanno, vi sarà ancora un rimbalzo dei ricavi fino al primo semestre; poi subentreranno: normalizzazione dei margini netti (e la crescita delle commissioni attive non basterà a compensarne il calo); e un lieve aumento del rischio di credito e del costo del rischio, tamponato da ampi accantonamenti. Nessuna banca del campione dell’agenzia, comunque, riporterà perdite quest’anno e l’incremento di Npl resterà modesto.
Venendo all’Italia, il presidente ABI Antonio Patuelli ha dichiarato sul finire d’anno che lo stato di salute del nostro sistema bancario è “mediamente in miglioramento” secondo la vigilanza europea e nazionale ma “i rischi non vanno mai sottovalutati” ha ammonito, portando il caso Lehman Brothers ad esempio delle gravi conseguenze finanziarie che possono derivare anche per il nostro Paese dal crack di un colosso dall’altra parte dell’oceano, perciò è “indispensabile essere lungimiranti innanzitutto nel rafforzamento dei presìdi prudenziali”.
Dal canto suo, Bankitalia ha comunicato che continuerà per tutto il 2024 a prestare denaro alle banche accettando come garanzia anche i finanziamenti concessi a ogni genere di impresa e alle famiglie sotto forma di crediti al consumo o mutui, reintroducendo inoltre la soglia di importo minimo di 25mila euro, ridotta a 0 durante la pandemia Covid. Lo schema di credito aggiuntivo, revocato dalla Bce a novembre, può infatti essere declinato a livello nazionale: nel nostro caso per aumentare la capacità degli istituti di sostenere l’economia reale anche accettando “crediti che non soddisfano tutti i criteri di idoneità stabiliti nel sistema generale delle garanzie dell’Eurosistema“.
L’Outlook 2024 di S&P Global Ratings sull’Italia ritiene oramai strutturale il rialzo dei tassi di interesse e pone l’accento sul tema dei rifinanziamenti, particolarmente rischiosi per i rating più bassi, il cui tasso di default potrebbe innalzarsi durante quest’anno: finora la qualità è rimasta alta anche per merito degli “importanti miglioramenti strutturali posti in essere dagli istituti nella gestione del rischio di credito“, che hanno contribuito ai “risultati migliori delle attese“. Per questo “il deterioramento resterà gestibile e l’aumento delle perdite su crediti sarà più che compensato da un margine di interesse sostenuto, anche se in leggera flessione nella seconda parte dell’anno“. Nel complesso, il sistema italiano appare “ben equipaggiato“ per fronteggiare un contesto economico tutto sommato non dissimile dal 2023; riguardo il rating corporate delle aziende, gli analisti si aspettano “una stabilità del merito di credito, in linea con la media europea“.
Nel 2024 le sfide verranno soprattutto dal livello che toccheranno i tassi di interesse, dalla concorrenza delle Big Tech, dalle eventuali operazioni di fusione all’orizzonte e dalla crescita della bancassurance. Riguardo la redditività, per il 90% delle 33 grandi banche e istituti multiregionali/di prossimità intervistate da C2 Partners “l’ampia forbice tra tassi d’impiego e raccolta dell’ultimo biennio ha generato margini elevati e il livello attuale garantisce ancora buoni risultati di bilancio”, in prospettiva però l’attesa diminuzione del costo del denaro si farà sentire sui conti rendendo “la gestione della liquidità un fattore centrale nella strategia”. Ottimi risultati anche quest’anno dunque, seppur in lieve attenuazione.
Le aggregazioni rappresentano un’eccellente soluzione per abbattere i costi crescenti e migliorare la marginalità: ai grandi gruppi interessa coprire meglio la catena del valore, agli operatori più piccoli svilupparsi dimensionalmente, alle banche digitali creare sinergie. Quasi tutto il campione vede nei sistemi di pagamento e nella bancassicurazione le aree su cui puntare per valorizzare la distribuzione: cogliere le elevate opportunità legate alla bancassurance, specie nel ramo Danni, significa però aggiornare l’offerta di prodotti e servizi all’evoluzione socio-demografica del Paese, in primis all’invecchiamento della popolazione.
Senza dubbio resta il serio pericolo che Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft si posizionino come “gate keeper per tutti i servizi, non solo bancari, senza dover necessariamente verticalizzare le attività ma giocando un ruolo di front end” affermano i ricercatori. “A fronte della diminuzione nell’uso del contante – ha detto a fine 2023 il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta – le grandi società tecnologiche si stanno espandendo nel mercato dei pagamenti e stanno rivolgendo l’attenzione su altri servizi finanziari, facendo leva su ampiezza della loro clientela e carattere globale della loro operatività”, alterandone dunque il funzionamento. La posizione dominante di questi colossi crea ecosistemi a circuito chiuso, che impediscono la concorrenza e minacciano la privacy.
Con l’Intelligenza Artificiale “l’incentivo ad accumulare dati è destinato a crescere: le forze di mercato da sole non sono in grado di soddisfare la domanda di pagamenti digitali, garantendo al tempo stesso livelli di riservatezza socialmente sostenibili”. È in pericolo la stessa stabilità finanziaria visto che “il loro ingresso nel settore può generare discontinuità nell’offerta di prodotti alla clientela o deflussi eccessivi di depositi bancari: potrebbero inoltre imporre modelli di remunerazione dei servizi non equilibrati e modificare la struttura del mercato”.