UBS acquista la competitor Credit Suisse per tre miliardi di franchi svizzeri, corrispondenti a 3,35 miliardi di dollari.
Dopo 5 giorni di trattative no stop, con un’operazione architettata dalla Banca centrale svizzera e il coinvolgimento della autorità europee e americane, i due colossi convolano a nozze in uno storico accordo per dissipare lo spettro di una crisi a catena nel sistema bancario globale, con una corsa conclusa domenica notte, prima della riapertura dei mercati. Le autorità elvetiche si affrettano a precisare che l’operazione “non è un salvataggio ma è una soluzione commerciale, la migliore per riportare fiducia“. Ubs punta a un taglio dei costi per 8 miliardi e, secondo indiscrezioni, dell’occupazione per ben 10mila posti di lavoro. Ubs otterrà in cambio, tra l’altro, fino a 100 miliardi di franchi di liquidità dalla Banca centrale svizzera e garanzie per 9 miliardi dal governo per far fronte a eventuali perdite di CS. “La stabilità finanziaria è più importanti dell’antitrust nelle crisi” tagliano corto dalla Finma, l’autorità di regolamentazione dei mercati.
La transazione non sarà soggetta neanche all’approvazione degli azionisti. BCE, BoE, Tesoro Usa e Fed: politica e regolatori plaudono alla rapidità dell’iniziativa. Meno entusiasti gli istituti: Ubs perchè è stata praticamente costretta a gestire la gatta da pelare (dopo esersi già fuda negli anni 90 con Sbs); CS perchè la mossa signifca la fine di 167 anni di storia. Le autorità statunitensi continuano a lavorare anche per una soluzione al crack di Silicon Valley Bank e Signature Bank. Per SVB, la Fdic intenderebbe procedere allo spezzatino visto che non è riuscita a trovare un acquirente che ne rilevi il 100%.
Le offerte scadono venerdì per la cosiddetta “banca ponte” che l’agenzia federale di assicurazione sui depositi ha istituito per assumere l’amministrazione controllata delle attività e delle passività della banca californiana. Per Signature, invece, ci sarebbe l’interesse di New York Community Bancorp.
