di Giuseppe Gaetano, editor in chief
La Fed entra in modalità stand-by e, dopo 10 rialzi consecutivi in 15 mesi, ieri ha lasciato invariati i tassi di interesse in una forchetta fra il 5 e il 5,25%. L’inflazione, di origine diversa che in Ue, resta alta ed entro fine anno si renderanno comunque necessari un altro paio di ritocchi. Più o meno come per la Bce, che ha varato oggi l’annunciato rialzo dello 0,25%, l’ottavo in 11 mesi, portando il costo del denaro al 4%, il tasso sui depositi al 3,50% e quello sui prestiti marginali al 4,25%.
In base alle nuove proiezioni macroeconomiche di giugno, gli esperti dell’Eurosistema si attendono che l’inflazione complessiva si attesti in media al 5,4% nel 2023, al 3% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. Per frenare la corsa dei prezzi in un quadro di persistente incertezza economico-finanziaria, Francoforte continua a tenere in tensione il mercato del credito, che non dà ancora segni di instabilità nonostante la contrazione dovuta non solo alla stretta monetaria. Naturalmente sono già partiti i ricalcoli delle rate dei mutui da parte di associazioni di consumatori, società di credito e comparatori online. Le ultime stime di Bankitalia sull’andamento dei tassi di finanziamento a famiglie e imprese, riferite ad aprile, sono già vecchie e destinate ad essere superate da questa e dalla prossima stretta di altri 25 pb attesa nel prossimo vertice di fine luglio. L’Unc rileva con “preoccupazione” come già ora i tassi siano “più che raddoppiati rispetto ad aprile 2022 e aumentati del 160% rispetto a due anni prima, quando erano all’1,74” calcolando un rincaro medio di 173 euro mensili per un mutuo variabile. Da qui, il calo del business immobiliare: secondo le recenti stime statistiche regionali OMI, nel I trimestre 2023 le compravendite di abitazioni (nuove e usate) sono calate dell’8,3% annuo.
Nel mondo delle transazioni immobiliari la matematica dev’essere comunque un’opinione: solo qualche settimana fa Agenzia delle entrate e Abi hanno decretato che nel 2022 il mercato residenziale in Italia ha fatto registrare 784.486 acquisti (+4,7% annuo) e nella metà dei casi è stato acceso un mutuo; mentre il mese scorso il Rapporto Dati Statistici Notarili certificava per l’anno passato un calo annuo del 6% delle compravendite e del 3% dei mutui, quando per Crif questi ultimi sono crollati invece del 25,5%. Tra le ultime analisi, quella di Scenari Immobiliari prevede nel 2023 una flessione del 7%. Secondo Tecnocasa anche meno. Per Nomisma la parabola discendente a fine anno segnerà ben -16,6%, a 670mila immobili scambiati, per un calo complessivo del giro d’affari stimato dal Corriere della sera in quasi 18 miliardi di euro dai 123 mossi dal mattone nel 2022 (senza contare l’indotto dei passaggi di proprietà tra provvigioni alle agenzie, onorari dei notai, costi di traslochi, acquisti di mobili e ristrutturazioni). La conseguente diminuzione dei nuovi mutui sarà addirittura del 18,3% passando da 54 a 44 miliardi. Sempre secondo Nomisma, anche nel 2024 vendite ed erogazioni diminuiranno ma in misura minore, rispettivamente del 4,1% e dello 0,3%, per tornare ai livelli attuali nel 2025. Molto probabilmente quest’anno calerà leggermente la superficie per unità abitativa, ma intanto nel 2022 la crescita ha riguardato anche i mq: 83 milioni in tutto, +3,2% annuo.
Sempre parlando di medie nazionali: in lieve aumento la durata media del contratto, a 24,8 anni; rata a 623 euro mensili. Secondo il report a fine 2022 poco più del 50% delle giovani famiglie non proprietarie poteva ancora accedere all’acquisto della prima casa, dal 2023 però lo scenario è cambiato: ora, a una famiglia media, servono 3 anni e 80 giorni di stipendio per comprarla. Restando quindi sul contesto attuale – considerato che la Bce tornerà a riunirsi il 27 luglio, 14 settembre, 26 ottobre e 14 dicembre – la prospettiva vede il costo del denaro superare il 5% in estate e l’Euribor a 3 mesi toccare il picco a settembre (le quotazioni lo danno ancora attorno al 3,42% a giugno 2024). Il risultato è che gli interessi sui mutui – secondo la stessa Bce – non scenderanno prima del secondo trimestre 2024, quando anche l’inflazione di fondo comincerà finalmente a calare. Già nella precedente riunione di maggio la presidente Christine Lagarde ha riconosciuto che nel primo trimestre in Ue “il calo della domanda di prestiti da parte delle imprese è stato il più forte dalla crisi finanziaria mondiale” del 2011 sui debiti pubblici, “mentre quello delle famiglie è stato il maggiore dall’inizio dell’indagine nel 2003”. Per certi versi è un serpente che si morde la coda: a trainare l’inflazione, per NielsenIQ, sono infatti gli stessi alti costi di mutui e utenze fisse, che da sole ne generano oltre il 50%.
Certo la rata fa più fatica a restare nel 30% del reddito: l’indice di accessibilità scende sebbene, rispetto a prima dell’epoca dei tassi zero, il confronto sia ancora positivo. Dove e come abitare se costano di più sia i mutui, per i tassi, che gli affitti, per il prosciugamento dell’offerta? In molte città ormai il canone medio di locazione è più basso della rata del mutuo. Per rendere l’idea del problema, basti pensare che secondo l’ultimo rapporto Eurispes quasi metà degli italiani affermano che – tra tutte le voci di spesa – quella che in assoluto li mette più in difficoltà è l’affitto; seguono, quasi a pari merito, il pagamento di bollette e mutuo per quasi il 38% del campione. Per Bankitalia e Tecnoborsa, su oltre 1400 agenzie interpellate quasi un operatore su 3 ha difficoltà nel reperimento del mutuo da parte dei potenziali acquirenti – valore massimo dal 2015 – e la maggior parte è convinto che la situazione non migliorerà prima di un annetto. Sono i tassi ad aver alzato la rata e quindi una barriera all’ingresso, non certo le banche, pur sapendo che i mutui fissi stipulati oggi saranno surrogati non appena i tassi scenderanno. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sostiene che “sullo stock di mutui il tasso medio è ancora al 2,66%“, media risultante tra quanti hanno stipulato contratti a tasso fisso eccezionalmente convenienti e chi ha invece nell’ultimo periodo ha subito aumenti vorticosi.
Va detto che quel 63% di famiglie che ha acceso un fisso negli anni scorsi, quando i tassi erano a zero, adesso non ha gli oneri che invece pesano sul maggior costo della raccolta di risparmi da parte delle banche, necessario per prestare denaro a medio-lungo termine, specie in questa fase in cui la Bce ha ridotto i programmi di liquidità. Per quel 37% a tasso variabile ci sono comunque delle misure per gestire eventuali criticità, al momento ancora non pervenute in massa, dalla rinegoziazione della Legge di Bilancio al Fondo Gasparrini. In generale, le conseguenze della manovra di Francoforte sulle rate cambiano molto a seconda delle condizioni del finanziamento: in questo momento, secondo Prometeia, per il 20% dei mutui variabili aperti nel 2022 conviene la surroga. Infine, dal prossimo 30 giugno scadrà pure la garanzia rafforzata all’80% del Fondo mutui prima casa per gli under 36: sono crollati dal picco di 8mila domande del maggio 2022 alle 2.500 di febbraio scorso, pur continuando a costituire oltre il 50% delle richieste totali di mutui sulla prima casa raccolte nei primi 5 mesi dell’anno. C’è tempo invece fino al 31 dicembre per usufruire delle agevolazioni fiscali, ovvero imposte azzerate e ridotte allo 0,25%. Il governo sta cercando le risorse per rifinanziare le misure, ma non sarà semplice. Al di là dell’importo rateale, mai come ora è chiaro quanto sia importante fare consulenza: su pianificazione della durata del mutuo, considerazione delle spese accessorie, stanziamento di un budget adeguato o di un fondo di emergenza.
Mutui: Tassi in Calo dal 2024, Pesano i Prezzi Stabili dell’Immobiliare