di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Negli ultimi 2 anni in Italia i contratti di Bnpl sono aumentati del 133%, mentre i cosiddetti prestiti “small ticket”, sotto 5mila euro, sono cresciuti contemporaneamente solo del 12%.
A questa categoria di finanziamento, in base a una recente analisi di Crif, il buy now pay later avrebbe rosicchiato ultimamente una bella fetta di mercato, tanto che in futuro questo segmento di business potrebbe sparire del tutto per una molteplicità di fattori interconnessi: semplicità della formula, che s’inserisce perfettamente nel modello di consumo digitale user friendly; integrazione e promozione in tutti i portali di e-commerce; espansione in ogni comparto merceologico (turismo, abbigliamento, tecnologia, elettrodomestici, arredo…), che ha permesso di intercettare l’interesse di ogni categoria di utente web; cambiamento delle preferenze di consumo dei clienti verso soluzioni flessibili e personalizzabili da quando, con la pandemia Covid, il fenomeno ha iniziato a prendere piede anche in Italia. In fin dei conti si tratta di una modalità di pagamento online che di alternativo – rispetto alla classica rateizzazione – ha soprattutto rapidità e comodità di esecuzione per importi anche minimi, visto che l’assenza di interessi è una condizione che perdura solo finché si è regola con le rate. Ma se le somme ammesse alla dilazione aumenteranno, il Bnpl potrebbe rosicchiare fette di volumi anche a “ticket” più sostanziosi e regolamentati.
Acceleratore dell’inclusione finanziaria, o dell’indebitamento delle famiglie? Questo è il dilemma posto dalle autorità regolatorie. In realtà, nonostante perdita di potere d’acquisto e alti tassi di interesse, nel 2024 la qualità del credito retail è rimasta sotto controllo.
A meno che non ci sia stato un indebitamento record durante le feste di Capodanno, nei primi 9 mesi del 2024 l’Osservatorio Crif/Assofin/Prometeia ha registrato un aumento moderato degli indici di rischio, con un tasso di default a 1,4% a settembre: l’incremento è stato trainato dai prestiti personali e, in misura minore, dagli altri finanziamenti finalizzati non auto ma è logico che il credito al consumo impatti sull’indebitamento più dei mutui immobiliari (la cui qualità è rimasta stabile), accesi solitamente a seguito di una scelta più ponderata, consapevole, assunta spesso con l’ausilio di altri familiari o meglio ancora di consulenti esperti.
Analoghe rilevanze in questo senso sono emerse dall’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria di Bankitalia. Il lieve incremento rilevato esclusivamente nei ritardi di pagamento legati al credito al consumo (al 2,1% a dicembre dall’1,9 di fine 2023) è fisiologico trattandosi del comparto creditizio più cresciuto nei 12 mesi; tuttavia l’aumento della domanda dei consumatori è stato percentualmente molto superiore al loro tasso di ingresso in arretrato: +7,2% annuo, trainato da prestiti personali (+11,2%) e finalizzati all’acquisto di veicoli (+7,8%), erogati ai privati presso i concessionari da operatori captive e multiprodotto.
I prestiti volti all’acquisto di altri beni/servizi, invece, sono riusciti a replicare i volumi dell’anno scorso grazie appunto al contributo del Bnpl a sostegno del commercio online, da vero e proprio prodotto “embedded”. Le operazioni “instalment” – che finanziano una o più spese attraverso un importo e un piano di rimborso predefinito – hanno favorito il lieve recupero del valore delle rateizzazioni via carte di credito (+2,2%). Bene inoltre, secondo Via Nazionale, le erogazioni della cessione del V dello stipendio/pensione, che hanno azzerato il proprio calo (-0,2%). L’ultimo BIC redatto da EMFgroup ha registrato, tra l’altro, un maggior fermento del mercato CQPS nel corso del secondo semestre 2024.
Ancora ABI, nel bollettino di gennaio, rileva il continuo calo dei deteriorati netti sui crediti totali. Nel complesso, per Bankitalia nel 2025 la vulnerabilità finanziaria delle famiglie diminuirà: la dinamica favorevole attesa per il reddito disponibile e la progressiva discesa del costo del denaro contribuirebbero a mantenere stabili all’1,5% i nuclei economicamente fragili (circa 1/3 dei quali ha acceso contratti di credito al consumo) e attorno al 12% la quota di debito per scopi di consumo in rapporto al reddito disponibile. Secondo una recente indagine di Findomestic, è vero che solo il 33% degli italiani riesce a risparmiare (circa l’8% del reddito) ma c’è pure un 70% che dichiara di avere lo stesso delle somme da parte. Tra questi il 35%, in particolare donne e giovani, le tiene ferme sul conto corrente.
Ci sono poi i recenti bilanci 2024 delle banche a testimoniare la tenuta della qualità degli attivi e le basse sofferenze in portafoglio. Nonostante l’occupazione alta ma mal retribuita, il debito dei cittadini ha raggiunto il livello più basso da un decennio a questa parte. Dunque la crescita complessiva della domanda, in un contesto di contenuta rischiosità del credito, è un messaggio senza dubbio incoraggiante per l’economia del Paese. Più che il consumatore – non vedendosi richiedere particolari garanzie – metta tutto nel “carrello” digitale perdendo di vista la propria capacità di spesa e rimborso, il rischio per il comparto arriva dall’ingresso nel mercato di outsider del mondo creditizio, tech company che potrebbero indurre falsi bisogni nella clientela anziché far emergere quelli reali e latenti.
A maggior ragione il Bnpl che, a differenze degli altri tipi di prestito, presenta (là dove esistono) valutazioni del merito creditizio ancora sbrigative e superficiali, basate su set di informazioni differenti e analizzate da algoritmi che finiscono con l’aprire il business a soggetti altrimenti esclusi dai circuiti tradizionali. Se la formula attira “new” to credit, è perché finora molti di questi avevano trovato le altre vie di accesso al finanziamento sbarrate da stringenti criteri selettivi. Può andar bene finché si tratta di piccole cifre, altrimenti è necessario che il fenomeno sia riportato nell’alveo delle regole di ingaggio valide per il settore a cui appartiene. Per tutelare tutti gli attori: clienti, esercenti e intermediari.
Sul fronte della verifica del merito – in vista della prossima entrata in vigore della CCD II – Scalapay auspica “un approccio proporzionato a natura, durata, valore e rischi” peculiari del prodotto, proprio in virtù delle cifre movimentate ancora modeste, altrimenti “l’aumento dei costi imposto agli operatori per l’interrogazione di database esterni finirebbe per ricadere sul consumatore finale”. Qomodo (sempre nel primario interesse dei clienti) ha proposto “la revisione del Tub per introdurre una quarta licenza specifica per i fornitori di Bnpl”, semplificata e poco dispendiosa, e la loro esclusione dal rigido cappello OAM: per la giovane startup italiana il prodotto resta fondamentalmente “distinto dal credito al consumo, rientrando nella soglia di 20.000 euro e con una durata massima dei finanziamenti estesa da 12 a 24 mesi”.
Attualmente la commissione al Senato incaricata di recepire la direttiva ha approvato l’esclusione dalla normativa solo in casi limitati – già lasciati dall’Ue alla decisione dei singoli Stati membri – accordando requisiti informativi semplificati rispetto agli istituti, per importi senza spese e interessi sotto i 200 euro e dilazionati in 3 mesi. Altri emendamenti miravano ad accontentare gli operatori introducendo una licenza specifica per i fornitori di Bnpl, qualificandolo come distinto dal credito al consumo, e quindi fuori dall’orbita di obblighi a cui è sottoposto dalla vigilanza. Di sicuro il Bnpl non morirà, ma – specie per i contratti meno “agili” – meno regole non significa assenza di regole.