di Giuseppe Gaetano, editor in chief
La Bce ha ridotto di 25 punti base i 3 tassi di interesse di riferimento portandoli al 2,75% sui depositi, al 2,90% sulle operazioni di rifinanziamento principali e al 3,15% sui rifinanziamenti marginali, con effetto dal 5 febbraio 2025.
L’allentamento in corso da metà 2024 sta rendendo “gradualmente meno onerosi i nuovi prestiti a imprese e famiglie – comunica il board di Francoforte -. Al tempo stesso le condizioni di finanziamento permangono rigide, anche perché la politica monetaria resta restrittiva e i passati rialzi si stanno ancora trasmettendo ai crediti in essere: alcuni prestiti in scadenza sono quindi rinnovati a tassi più elevati“.
Anche in vista della prossima riunione, in agenda il 6 marzo, il consiglio direttivo manterrà l’impostazione step by step, adottando le decisioni in base ai dati disponibili di volta in volta, tuttavia “il processo disinflazionistico è ben avviato” verso l’obiettivo del 2% a medio termine nel corso dell’anno. “Non c’è nessun percorso prestabilito, è prematuro dire quando ci fermeremo” ha dichiarato la presidente Christine Lagarde in conferenza stampa, specificando che stavolta nessun governatore ha avanzato la possibilità di un taglio più consistente.
Investimenti e consumi sono purtroppo ancora affossati, almeno in Italia, da un potere d’acquisto insufficiente per i prezzi raggiunti dai beni, e dalla sfiducia generalizzata dettata dallo scenario economico internazionale. Quella odierna è la quinta sforbiciata consecutiva e la prima di una serie prevista durante il 2025 che – analizzando i futures – a metà anno finirebbero con l’abbassare l’Euribor a 3 mesi al 2,22%, per stabilizzarsi poi nel secondo semestre: a spanne, da qui a dicembre si tratta di qualche decina di euro in meno per i mutui a tasso variabile.
Il risparmio garantito finora dal fisso è destinato a ridursi: l’Irs è risalito per la prima volta nelle scorse settimane ma si è trasmesso ancora solo parzialmente sull’offerta ai clienti da parte delle banche, che hanno assorbito l’effetto riducendo gli spread applicati sui contratti. Del resto, il gap è sempre stato anomalo ed è logico che rientri visto che i tassi fissi non rischiano rincari in futuro.
Credito: Domanda in crescita nel 1° trimestre 2025, anche per le Imprese