di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Per la terza volta consecutiva la Banca centrale europea, nell’odierna riunione del board, ha lasciato invariati i 3 tassi di interesse di riferimento: quello sulle operazioni di rifinanziamento principali resta al 4,50%; quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale al 4,75%; quello sui depositi al 4,00%.
“La tendenza al ribasso dell’inflazione di fondo è proseguita – si legge nel comunicato del Consiglio direttivo – e i passati incrementi dei tassi di interesse continuano a trasmettersi con vigore alle condizioni di finanziamento. Le condizioni di finanziamento restrittive frenano la domanda, contribuendo al calo dell’inflazione“. La nota conclude con l’usuale chiosa: “Le decisioni future assicureranno che i tassi siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario“.
Il parere diffuso ora tra gli analisti, dopo il freno messo dalla stessa presidente Christine Lagarde a facili e “controproducenti” ottimismi, è che il primo taglio non arriverà nemmeno nel prossimo meeting del 7 marzo bensì tra fine primavera e inizio estate, quindi il 6 giugno o il 18 luglio. Una linea che appare più dura del dovuto, visto che l’inflazione dell’area euro è già crollata sotto il 3% rispetto all’obiettivo di riportarla al 2 entro il 2025: resta da capire quanto manchi perché si trasmetta completamente all’economia reale. Ad ogni modo le statistiche italiane dicono che il “pericolo” che la sua onda lunga spinga i salari, nel nostro Paese storicamente non esiste.
Nella bank lending survey di Francoforte di gennaio, pubblicata due giorni fa, gli orientamenti interni delle banche e i criteri di approvazione delle linee di credito a imprese e famiglie nel quarto trimestre 2023 risultano ulteriormente inaspriti, seppur moderatamente, continuando a incrementare la maggiore percezione e la minore tolleranza al rischio e dunque a contribuire – assieme alla debole domanda – al forte calo dei prestiti, in particolare alle aziende. Si è allentato solo l’irrigidimento degli standard creditizi nella concessione di mutui immobiliari, anche se non è stato accompagnato da una corrispondente ripresa della domanda di prestiti per l’acquisto di abitazioni, mortificata anch’essa dall’elevato costo del denaro.
Le banche affermano che nella parte finale dell’anno scorso l’accesso al funding è leggermente migliorato per mercati monetari, depositi a lungo termine e titoli di debito; si è ristretto invece nei finanziamenti retail a breve termine e nelle cartolarizzazioni: per il primo trimestre 2024, l’attesa è di una ulteriore stretta di termini e condizioni contrattuali.
Questo a livello europeo, ma in Italia la situazione è abbastanza simile: secondo l’Indagine sul credito bancario diffusa sempre l’altrieri da Bankitalia, “per il trimestre in corso gli intermediari si aspettano un allentamento dei criteri di offerta sui prestiti alle società non finanziarie e un irrigidimento per quelli alle famiglie” sul credito al consumo ma non per i mutui.
EBA ha annunciato proprio ieri un esame più approfondito sulla gestione dell’impatto delle variazioni dei tassi d’interesse sui bilanci bancari, divulgando una timeline di interventi per indagare l’applicazione dei principi in materia di rischio nel portafoglio, redatti dal comitato di Basilea, e le strategie di copertura utilizzate dagli istituti.