Di seguito la seconda parte dell’analisi, condotta per PLTV dall’esperto consumerista Fabio Picciolini, sugli elementi di fondo in cui si articolano le proposte di riforma della Direttiva sui sistemi di pagamento, portate avanti dalla Commissione Ue.
Per quanto riguarda l’open finance, la PSD3 prevede che i consumatori beneficino di una migliore e più economica gestione e consulenza delle finanze personali. Una scelta importante perché l’accesso ai dati finanziari dei clienti è un ambito poco o affatto regolamentato e supervisionato, creando un rischio sul controllo dei propri dati da parte del cliente che voglia accedere a servizi diversi da quelli di pagamento. In assenza del rispetto della normativa, quali la violazione dei dati e i meccanismi di risoluzione delle controversie nell’ambito dei sistemi di condivisione dei dati finanziari, saranno introdotti principi di responsabilità per evitare disincentivi a renderli disponibili da parte dei titolari dei dati: questi potranno ottenere un corrispettivo, a carico degli utenti del servizio, nel caso predispongano interfacce di alta qualità in linea con i principi generali della condivisione dei dati tra imprese.
In presenza di controversie il cliente avrà diritto ad ottenere il rimborso in caso di danni causati dall’impossibilità del servizio di verifica di rilevare una mancata corrispondenza tra il nome e l’Iban del beneficiario, e nel caso risulti vittima di spoofing (“fregatura”). Il rimborso potrà prevedere l’intero risarcimento dei danni in caso di denuncia alle forze dell’ordine, e di comunicazione della truffa all’intermediario senza ritardo: nessun rimborso è invece previsto in caso di “grave negligenza” da parte della vittima.
Forte attenzione è riservata alla tutela della clientela nel trattamento dei dati, fissando diritti e doveri delle parti e prevedendo: l’utilizzo responsabile dei dati, senza discriminazione e solo per la gestione di quelli concordati; il diritto, dietro semplice richiesta, a consultarne l’utilizzo; il rilascio del consenso informato da parte del consumatore, anche nel caso di messa a disposizione di dati di terze parti, estendendo il diritto al rimborso a chi fosse vittima di comportamenti scorretti.
Infine gli intermediari dovranno realizzare un schema di condivisione dei dati che riunisca detentori, utenti e associazioni dei consumatori con cui sviluppare standard e profili contrattuali comuni. Le società finanziarie consentiranno l’accesso ai dati ad altri istituti e fintech attraverso interfacce tecniche (API) che dovrebbero prevedere “standard minimi”, sempre previo consenso del cliente che sarà messo a conoscenza dei soggetti terzi che possono accedere al proprio rapporto e perché.
Sono state introdotte specifiche normative per la protezione dei dati, definendo il principio di “interesse pubblico sostanziale” nel trattamento di categorie speciali, e nuove definizioni quali “detentore dei dati” e “utente dei dati”. E’ prevista la possibilità d’accesso ai dati finanziari, senza introdurre alcun obbligo, in forza della quale i clienti – consumatori e soprattutto pmi – potranno liberamente condividere i propri dati, finanziari e bancari, con gestori quali strumenti di consulenza finanziaria online personalizzata, comparabilità delle offerte, trade off tra prodotti. Si potrebbe considerare una forma di compensazione da parte del cedente i dati, come già previsto dal Data Act. L’iniziativa della Commissione, anche in questo caso, si integra nella più ampia strategia europea della gestione dati, basandosi su principi fondamentali relativi ad accesso e trattamento stabiliti in altre discipline come la normativa sulla governance dei dati, la proposta sul Data Act, oltre al consolidato (ma da aggiornare) Act General Data Protection Regulation – GDPR.
La Commissione europea ha, infine, proposto un quadro giuridico di riferimento per un’eventuale nuova forma digitale dell’euro basandosi sul presupposto ineludibile del mantenimento della sovranità monetaria dell’Eurozona e prevedendo: il mantenimento del valore dell’euro in entrambe le versioni, cartacea e digitale; l’obbligo di accettazione (salvo, per non creare eccessivi costi, i piccoli esercizi commerciali) della libera scelta del mezzo di pagamento da utilizzare; misure di sicurezza rispetto alle crypto attività private, nell’utilizzo che potrà avvenire sia on che off line. L’euro digitale consentirebbe agli utilizzatori anche di ridurre i costi delle transazioni, sviluppare l’inclusione finanziaria e favorire la trasparenza.
In vista della creazione dell’euro digitale, la cui decisione spetta in ogni caso alla BCE, la Commissione ha predisposto due regolamenti: il primo contenente le basi per l’implementazione e l’uso; il secondo per le prestazioni, indirizzato ai fornitori di servizi di pagamento con sede in Stati membri la cui moneta non è l’euro, fornendo un quadro per la loro partecipazione e contribuzione alla moneta digitale. Le proposte sono fondamentali ma è solo l’inizio della “partita”, il cui risultato non dipenderà solo dalla condivisione dei singoli Paesi e dall’accordo delle autorità ma dal confronto con almeno due interlocutori: uno visibile, ovvero le scelte sugli stessi argomenti degli altri Paesi a livello mondiale; l’altro ancora invisibile, legato alla velocità dei cambiamenti tecnologici e alla capacità di ognuno di noi di saper gestire le innovazioni presenti, prossime e future.
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