Sette rialzi dei tassi in 9 mesi e incremento dei prezzi al consumo hanno spinto la liquidità dei conti correnti verso prodotti a medio-lungo termine, come obbligazioni e conti deposito.
Se l’inflazione non si è ancora calmierata, l’aumento del costo del denaro ha evitato almeno la recessione economica e per ora ha fatto tornare la marginalità delle banche italiane alla normalità grazie allo spread tra tassi incassati sui prestiti e quelli pagati per la raccolta complessiva, che include i depositi dei clienti (317 pb il margine rilevato ad aprile dall’Abi). La prima trimestrale 2023 comunica serenità e robustezza, anche davanti alla crisi Credit Suisse e i crack di alcune banche regionali statunitensi, e ulteriori attività di riduzione del rischio sono in fase di definizione presso diversi istituti. Visti gli utili sopra le attese, il comparto resta assolutamente ottimista per il prosieguo dell’anno: la dinamica degli Npl appare così confortante che l’esecutivo ha messo in stand by anche il dossier Gacs. Patrimonializzazione, qualità degli attivi e sistemi di cartolarizzazione rendono lo scenario attuale imparagonabile alla crisi subprime del 2008: l’importante è tenere d’occhio depositi non assicurati e differenziazione del portafoglio di investimenti.
Vero che il tasso di default delle imprese, che incide sul costo del credito, è tornato a salire dopo molti anni. La recente analisi di Cerved Rating Agency, realizzata per il Sole24Ore su un campione di 20mila aziende, conferma il trend già individuato un paio di settimane fa da CRIF, che tuttavia poneva il tasso ancora solo attorno al 2%. Secondo quest’ultimo outlook, invece, nel corso dell’anno potrebbe salire al 4%: nei primi 4 mesi del 2023, infatti, i default creditizi sono più che triplicati rispetto allo stesso periodo del 2022 e per il 90% riguardano Pmi. Dall’osservatorio Unioncamere, d’altro canto, emerge che da inizio anno le istanze di crisi d’impresa sono cresciute e le procedure concorsuali tornate a livelli pre-pandemia, ma calano le chiusure per assenza di chance di risanamento. Inflazione e caro energia continuano senza dubbio a frenare l’attesa ricrescita post Covid, ma non stanno ancora tramortendo la capacità di ripagare il debito: al massimo si registra qualche ritardo.
Non è solo l’aumento dei tassi di interesse, ma anche la rapidità con cui la Bce li ha incrementati a pesare sul mercato, restringendone le condizioni di accesso e moratoria, innalzando il costo dei finanziamenti e – per ora solo leggermente – il flusso di crediti deteriorati e la probabilità di fallimento delle imprese. Sulle piccole e medie preme lo stesso macigno che incombe sulle micro, già rilevato a marzo dalla Cgia: il pressing sugli istituti delle autorità di vigilanza europee, per quanto concerne soglie e criteri di erogazione a soggetti in difficoltà. Il governo deve trovare il modo di rendere sostenibile l’indebitamento tuttavia, nonostante la prudenza di imprese e privati su importi richiesti e loro durata, i livelli di prestito restano ancora elevati rispetto alle medie storiche. Più che di contrazione del credito, bisognerebbe parlare di calo della domanda: l’ABI ravvisa come l’unica che rimanga positiva, sebbene in diminuzione, sia quella per il finanziamento del circolante, dunque a breve termine.
PrestitiOnline ha calcolato che nei primi mesi del 2023 il Taeg medio è salito di quasi un punto e mezzo rispetto al 2022, attestandosi all’8,36% e aumentando il differenziale con le migliori condizioni, che non vanno oltre il 6,10%. I liquidi restano la prima finalità dei finanziamenti e l’acquisto di veicoli usati il propulsore della ritrovata dinamicità dell’automotive; calano invece quelli per le ristrutturazioni. La cessione del quinto continua ad essere tra i prodotti più convenienti sul mercato offrendo condizioni favorevoli rispetto ai prestiti personali tradizionali, visto che chi la eroga può prelevare direttamente sul cedolino dei dipendenti pubblici, privati o dei pensionati: sebbene in crescita, il tasso minimo applicato nel primo trimestre è stato rispettivamente del 3,61, 4,51 e 3,96%.
Banche, Utili delle Big Triplicati grazie a Margine di Interesse e Controllo Costi