3 Novembre 2023

Credito in Calo anche nel IV Trimestre 2023, anche per le Famiglie

di Giuseppe Gaetano, editor in chief

Gli standard creditizi delle banche si sono ulteriormente inaspriti e la domanda di prestiti ha continuato a calare nel terzo trimestre 2023, e altrettanto avverrà nel quarto: per le famiglie come per le imprese, in Europa come in Italia. Emerge dai 2 distinti bollettini diffusi nei giorni scorsi da BCE e Bankitalia. 

Per il Bank lending survey di Francoforte sono significativi l’indebolimento in corso nelle dinamiche del credito e la stretta dei criteri di concessione di finanziamenti alle famiglie, per l’acquisto di abitazioni come per il credito al consumo, il cui business – rispetto alla picchiata registrata dalle imprese – tutto sommato finora in Italia aveva retto il colpo di fronte al fuoco incrociato di tassi e inflazione.
Nell’Eurozona la stretta sui mutui immobiliari è addirittura aumentata rispetto al secondo trimestre, mentre si è leggermente moderata per il credito al consumo e altri prestiti: all’effetto hanno contribuito la maggior percezione e minor tolleranza del rischio legato alle prospettive macroeconomiche e alla situazione specifica del mutuatario, come le minori posizioni di liquidità degli istituti dell’area euro. Questi – per il quarto trimestre – si aspettano un ennesimo, seppur più lieve, inasprimento dei termini contrattuali nei finanziamenti alle aziende e al credito al consumo, e condizioni invece invariate per i mutui. Domanda e utilizzo calano, ad ogni modo, su ogni linea di prodotto e segmento di clientela.

Venendo all’Italia, le rilevazioni di via Nazionale registrano in scia il medesimo irrigidimento del mercato nel terzo trimestre: la parziale riduzione dei margini applicati dalle banche specie sui prestiti meno rischiosi, in conseguenza della crescente pressione concorrenziale, ha influito superficialmente sui criteri di offerta a imprese e famiglie, rimasti invariati per i mutui. Per il trimestre in corso gli intermediari si attendono che quelli alle imprese restino stabili, mentre aumentino per i consumatori.
Per quanto riguarda la domanda, quella delle aziende è nuovamente diminuita riflettendo – oltre all’impennata del costo del denaro – “il calo del fabbisogno per la spesa in investimenti fissi e il maggior ricorso all’autofinanziamento“. Quest’ultima voce, unita al peggioramento della fiducia, è in parte responsabile anche della riduzione della richiesta di prestiti per comprare casa e finalità di consumo. Anche nel nostro Paese, nel trimestre in corso, proseguirà la parabola discendente per corporate e retail. Tuttavia, la riduzione del portafoglio di politica monetaria della BCE e i rimborsi in atto dei rifinanziamenti Tltro III – aggiunge Bankitalia – pur rappresentando elementi negativi per attività e situazione finanziaria degli istituti, non si sarebbero riflessi direttamente su criteri e condizioni di erogazione ai clienti.

Finora il mercato del credito italiano aveva registrato due dimensioni: resiliente per le famiglie (ad eccezione dei mutui), in crisi per micro e pmi. Tassi, inflazione e indici dei prezzi non si sono riflessi in maniera identica sui due segmenti, ma ora anche il giro d’affari riferibile ai consumatori pare inizi a scricchiolare. Secondo l’ultima analisi CRIF nei primi 9 mesi del 2023 le loro richieste di prestiti sono cresciute del 2,1% annuo (stessa percentuale di crescita dell’importo medio, che si attesta a 8.488 euro).
Il risultato positivo è attribuibile a due dinamiche inverse: i prestiti personali sono cresciuti di oltre il 20%, calando però del 4,9 nell’importo (11.725 euro); mentre i finalizzati sono diminuiti come quantità del 9%, aumentando però dello 0,2 nell’importo (5.893). Certo non sempre le richieste si traducono poi in erogazioni effettive ma, se si guarda al solo mese di settembre, il report CRIF riporta che la domanda delle famiglie ha comunque invertito trend calando del 2%: in dettaglio, i prestiti finalizzati hanno subito un’ulteriore contrazione del 14,2% mentre i personali una leggera flessione a -1,7%.

Anche la domanda digitale ha registrato un arresto, a riprova di quanto sia ancora importante la relazione in presenza con il consulente in periodi di magra. Riguardo la durata dei finanziamenti, quella oltre 5 anni è la più gettonata (27,8% del totale) con metà dei prestiti finalizzati concentrati tra 18 e 36 mesi, e metà dei personali indirizzati a piani di rimborso superiori a 5 anni. Per quanto concerne la distribuzione delle istruttorie in relazione all’età del richiedente, la fascia 45-54 anni è maggioritaria (23,6%) seguita dai 35-44enni (20,7%).
Arduo pronosticare la direzione dell’ultimo trimestre, anche in base alle discordanti rilevazioni degli ultimi giorni sul sentiment della popolazione: secondo l’Istat – nonostante frenata dei prezzi e inflazione in netto calo, a +1,8% – a ottobre la fiducia di cittadini e imprenditori è scesa; mentre Acri e Ipsos osservano “il ritorno a un cauto ottimismo” grazie al caposaldo del risparmio, alla riduzione della disoccupazione, alla maggior selezione dei prodotti da sottoscrivere. “Tattiche” di contenimento della spesa, in un quadro di incertezza verso regole e controlli che penalizza gli strumenti finanziari più rischiosi.

Passando ai mutui, nei primi 9 mesi dell’anno CRIF ribadisce la parabola negativa della domanda (-19,4%). Anche qui, però, qualcosa è cambiato da settembre quando, se non altro, la discesa si è ridotta a una cifra (-9,2%). Anche l’importo medio, poco più di 144mila euro, ha segnato un timido +1,2%. I richiedenti tra 25 e 44 anni sfiorano il 61%, mentre il 33,4% sono 45-64enni; infine 8 piani di rimborso su 10 superano i 15 anni, a conferma della preferenza degli italiani per soluzioni dilazionate. La maggior selezione all’ingresso da parte delle banche è diretta conseguenza del minor potere d’acquisto degli aspiranti compratori: del resto, frenata economica e contrazione del Pil aumentano il pericolo di crediti incagliati. MutuiSupermarket ribadisce, da ultimo, l’incremento della clientela dotata di risparmi che non ricorre alla leva finanziaria e che – per quanto inferiore al variabile, oggi attorno al 4,71% sul mercato – anche gli indici Irs sono molto aumentati, rallentando le surroghe: nel terzo trimestre sono arrivate a spiegare il 27% delle richieste sul canale online dal 36% del primo.

Abi rileva che attualmente il tasso fisso pesa su oltre il 60% dei mutui a carico delle banche, e ha da poco rilasciato una Guida al Fondo prima casa per i giovani (scaricabile a questo link): misura che, alla luce delle precedenti osservazioni, ne abbisogna di altre “collaterali” per risollevare un mercato che già risente dell’avvitata ai bonus edilizi. Tra l’altro, l’ultima bozza del disegno di legge di Bilancio proroga a tutto il 2024 la garanzia rafforzata all’80% per under 36 con determinate caratteristiche familiari e reddituali, ma chiude a fine 2023 tutti gli altri sconti fiscali del decreto Sostegni-bis: esenzioni sulle imposte di registro, ipotecarie e catastali, credito di imposta Iva e tasse sulle concessioni governative. Insomma, tempi duri per il business residenziale anche l’anno prossimo.

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