di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Nel 2023 caro tassi e vita hanno smorzato gli entusiasmi post Covid dei consumatori e la ripresa della propensione a spendere e prendere in prestito denaro, specie nella seconda parte dell’anno.
Le banche hanno le mani legate dagli organi di vigilanza che impongono una selezione all’ingresso della domanda di credito per continuare a non imbarcare deteriorati e, in fondo, salvaguardare le stesse tasche delle famiglie e casse delle imprese, la maggior parte delle quali ha tuttavia fatto bene i conti con le proprie reali necessità e possibilità.
Anche per l’ultimo barometro Crif non c’è da attendersi una svolta a stretto giro: il 2024 sarà un altro anno in apnea in attesa che i tassi di riferimento calino in maniera consistente riflettendosi più marcatamente su quelli altalenanti di mercato. Tempi tecnici di adattamento, come per l’assestamento di inflazione e indice dei prezzi, verso una lieve sterzata che molto gradualmente riporterà il business su binari più certi, difficilmente però prima del 2025.
“Gli operatori del credito, prima di riformulare nuove offerte commerciali, stanno alla finestra per capire se il trend discendente sia confermato oppure no – ha detto Simone Capecchi, executive director di Crif -. Maggiori sono gli importi, più lunga è la durata del finanziamento, più immediato è l’effetto di ricalcolo: quindi, dopo i mutui casa, hanno un ridimensionamento i tassi sui prestiti personali e poi sui finalizzati”.
Secondo la ricerca, nonostante le difficoltà sopraelencate, nel 2023 il dato complessivo è comunque rimasto stabile rispetto al 2022, con il -10,4% annuo di richieste di prestiti finalizzati (importo medio 5.862 euro, +2,5%) bilanciato dal +18,9% registrato dai prestiti personali (11.759, -3,8%). Gran parte dei finalizzati ha una estinzione del debito entro i 3 anni, mentre i prestiti personali durano oltre i 5 anni, a riprova della cautela che detta le scelte delle famiglie. Altri report di settore riportano cifre diverse, ciò che torna in tutti è che le due linee di business insieme hanno sostenuto il credito al consumo tenendone in equilibrio la bilancia.
Lato mutui, la sottile inversione di tendenza dei tassi individuata dall’ultimo bollettino ABI non significa molto visto che già la scorsa estate c’era stata una frenata, poi rivelatasi solo contingente. Ad ogni modo, il volatile Euribor a 3 mesi ha continuato a scendere anche nella media della prima settimana di gennaio 2024, dal 3,94% di dicembre al 3,92. Se davvero – come prevedono gli analisti – da marzo a fine 2024 scendesse di 1,5 punti e di un altro 0,5 nel 2025, a differenza del tasso fisso la rata del variabile sottoscritta oggi (a oltre 1,5 punti in più) sarebbe ovviamente destinata a scendere senza bisogno di troppe simulazioni: con il suddetto scenario di tagli, l’Euribor arriverebbe al 2% a fine 2025 per un risparmio medio di oltre 100 euro mensili, superiore a quello ottenuto adesso col fisso (la cifra dipende non solo da importo e durata, anche l’offerta delle banche è abbastanza diversificata).
Non è detto quindi che a tutti convenga la surroga al fisso (magari temporanea in attesa di una nuova rinegoziazione) verso cui hanno dirottato numerosi clienti, sempre ammesso che si trovi una banca che la conceda e il risparmio superi qualche decina di euro al mese.
Facile.it ha confermato invece la convenienza dei cosiddetti mutui “verdi”: a gennaio 2024 le surroghe green, per case in classe energetica A o B, hanno abbattuto la rata mensile fino al 25%. Le condizioni agevolate che consentono il potenziale risparmio sono legate però alle sole abitazioni a basso impatto energetico, costruite ex novo o ristrutturate migliorandone le prestazioni. Il prodotto rappresenta un buon affare per tutti: per la clientela non è solo un investimento sul bene ma anche sulla sua vendita futura, la cui certificazione di sostenibilità ambientale ne diverrà requisito decisivo; per gli istituti, gli immobili con buone caratteristiche energetiche non si deprezzano e la garanzia ipotecaria resta solida.
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