di Fabio Picciolini, esperto consumerista
Il sistema bancario italiano storicamente è stato caratterizzato da una forte presenza territoriale, per ragioni geopolitiche (morfologia del territorio e storia politica), economico-sociali (grande quantità di micro imprese familiari, artigiane e Pmi nel settore industriale e dei servizi), gelosie campanilistiche.
Nonostante il portato storico, i comuni italiani senza sportello sono circa 3.300 (41% del totale), con 826 filiali chiuse nel solo 2023 in ulteriori 134 comuni: un vuoto che, complessivamente, riguarda circa 4,4 milioni di cittadini (a cui si potrebbero aggiungere i 6 milioni residenti o domiciliati in centri con un unico sportello) e 225mila imprese (+22mila sul 2022). Una scelta di tutto il sistema, composto da 434 istituti di credito e 53 gruppi, che ha ridotto personale e rete di distribuzione interna, senza adottare contemporaneamente misure “innovative”, salvo qualche raro caso di utilizzo di “camper bancari”. Altre soluzioni – come la presenza periodica di un addetto nei locali comunali o la defiscalizzazione per i player che restano in comuni privi di sportelli – non hanno sortito particolare riscontro. Una direzione molto diversa, ad esempio, da quella imboccata da grandi banche americane, che hanno deciso al contrario di aprire nuovi sportelli in luoghi dove sono assenti.
L’assenza dei Big nazionali è stata solo parzialmente supplita dalle BCC che – operative in 2.521 comuni, in 747 dei quali come unico intermediario – almeno l’anno scorso non hanno chiuso ma, sia pur di poco, hanno incrementato la loro presenza complessiva con 37 nuovi sportelli. Alle banche di territorio si aggiunge poi il ruolo sussidiario di Poste, attraverso il progetto Polis. Un aspetto positivo, nella chiusura degli uffici, è l’incremento di numero e volume di operazioni effettuate tramite carte di pagamento. Per il resto, lasciare il 40% dei comuni senza presidio bancario è comprensibile nell’ottica di ridurre i costi e investire nel digitale (e i bilanci 2023 appena diffusi dal comparto sono andati a gonfie vele), ma arrischia la fidelizzazione della clientela, con cui perde un concreto contatto fisico, e crea disagi non solo a persone “fragili”, ovvero anziani o individui con scarso livello di istruzione e competenza tecnologica.
La desertificazione bancaria può rappresentare una maggiore occasione di lavoro per intermediari e consulenti creditizi, visto che anche gli utenti più digitalizzati spesso cercano il confronto personale con un esperto prima di chiedere o affidare importanti somme di denaro. Le reti distributive esterne hanno sviluppato le nuove tecnologiche, ma hanno mantenuto fermo il rapporto personale con i propri clienti, avendo compreso che la prossimità è un presupposto naturale del loro mestiere; e hanno avuto la capacità, anche negli anni bui della pandemia, di costruire un sistema ibrido, phygital, attivando quello che qualcuno ha chiamato “digitale assistito”. Confidi e società di microcredito hanno dunque ottime possibilità di espansione, grazie anche all’assistenza offerta dalle figure specialistiche dei “tutor”. Dall’introduzione del Dl 141 hanno fatto passi da gigante per iniziativa delle singole imprese e per merito del loro Organismo Agenti e Mediatori.
L’OAM, a fronte dell’emanazione di nuove normative e per propria spinta, ha portato avanti un’attività sempre più attenta di vigilanza attraverso nuove banche dati, come quella dei soggetti convenzionati degli operatori in servizi di pagamento, e l’implementazione del sistema delle segnalazioni, specie contro il fenomeno dell’abusivismo. Intermediari e Organismo devono confrontarsi ora con nuove sfide: la direttiva Ue sul credito ai consumatori e la necessità di rivedere completamente il “141”; quella sulla vendita a distanza di prodotti finanziari e la prossima sul credito residenziale, la regolamentazione e la concorrenza di nuovi operatori (a partire dalle Big Tech) e nuove tipologie di prodotto (su tutti il buy now pay later); lo sviluppo ultraveloce dell’intelligenza artificiale; l’imminenza della rivoluzione dell’euro digitale.
In conclusione, quando si crea uno spazio qualcuno cercherà immediatamente di riempirlo: no bank, operatori esteri, cripto-attività potrebbero farlo e non sarebbe una buona soluzione.