13 Febbraio 2023

Estinzione Anticipata Mutui, la “Decisione che non Decide” e Contraddice il Principio Lexitor

di Fabio Picciolini, consumerista

La Corte di Giustizia Europea, il 9 febbraio scorso, si è pronunciata – sulla remissione effettuata da un’associazione dei consumatori austriaca contro Unicredit Austria – Sull’art. 25 par. 1 della Direttiva europea 17/2014/UE.

La Corte, con una decisione “che non decide”, ha elencato i costi certamente da non rimborsare e ha rinviato al giudice nazionale la responsabilità di decidere quali altri costi dovessero essere rimborsati al consumatore nel caso di estinzione anticipata del finanziamento. In sostanza, sulla possibilità di applicare i principi della Lexitor anche all’estinzione anticipata di contratti di credito ai consumatori relativo a beni immobili residenziali, la CGUE non ha deciso, procurando un danno al principio, sempre sostenuto, di armonizzazione delle discipline dei singoli Paesi alle normative europee. La Corte ha poi specificato che, per la tutela dei consumatori, le Autorità nazionali competenti devono evitare comportamenti abusivi, verificare che i costi a carico dei mutuatari non rappresentino “una remunerazione del creditore per l’uso temporaneo del capitale o per prestazioni che, al momento del rimborso anticipato, dovrebbero ancora essere fornite al consumatore”. Infine, gli intermediari dovranno dimostrare l’eventuale carattere ricorrente dei costi citati.

Fin qui la sentenza che fa “felice” l’industry bancaria e “scontenta” i consumatori, di fatto contraria alla fermezza dimostrata con la Lexitor facendo sorgere alcuni dubbi sulla linearità del comportamento della CGUE, per il differente approccio tra i contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali (Direttiva 2014/17/UE) e i contratti di credito ai consumatori (Direttiva 2008/48/UE) nel caso di rimborso delle spese sostenute dal debitore che estingua anticipatamente il finanziamento. È superflua (se non scontata) l’eventuale polemica sul fatto che si tratti di due Direttive diverse, con un articolato letteralmente diverso: è un fatto quindi indiscutibile NON esistendo, nella Direttiva 17/2014, alcuna norma imperativa che sancisca la rimborsabilità degli oneri up-front in caso di estinzione anticipata del contratto.

Si discute sui principi applicati ed anche su cosa accadrà o dovrebbe accadere in futuro. Il principio, almeno per chi scrive, è che le due Direttive sono entrambe relative al “credito ai consumatori”. Non solo: almeno in un caso, nel finanziamento per la ristrutturazione dell’immobile, la Direttiva di riferimento è la 48/2008 e non la 17/2014 relativa ai beni immobili residenziali, per cui, salvo errori sempre possibili, in caso di estinzione anticipata di un prestito per ristrutturazione dell’immobile il consumatore si vedrà rimborsare tutte le spese, in caso di contratto che prevedesse sia l’acquisto sia la ristrutturazione potrebbe non vedersi rimborsate le spese sostenute. Proseguendo, la Corte nella sentenza afferma che una normativa nazionale dove è prevista la riduzione del “costo totale del credito” nel caso di estinzione anticipata non è in contrasto con la Direttiva 17/2014/UE: in tal modo si torna all’aspetto letterale delle norme e non alla loro sostanza.

L’Italia per le operazioni di credito ai consumatori aveva previsto una specifica normativa, interpretando una disciplina europea non chiara, come ammesso dalla stessa Corte. Se non fosse sufficiente, nella sentenza si riporta, il considerando 19 della Direttiva 17/2014/Ue. “Per ragioni di certezza del diritto, il quadro giuridico dell’Unione in materia di contratti di credito relativi a beni immobili residenziali dovrebbe essere coerente con gli altri atti dell’Unione [europea] e complementare ad essi, in particolare nei settori della protezione dei consumatori e della vigilanza prudenziale (…)”. Non solo: “Per garantire ai consumatori del settore creditizio un quadro coerente e per ridurre al minimo gli oneri amministrativi per i creditori e gli intermediari del credito, la struttura della presente direttiva dovrebbe seguire, ove possibile, quella della direttiva [2008/48]”.

Perché nella sentenza Lexitor si è considerato solo il significato letterale della norma e non il principio e lo spirito del modus operandi europeo? Al contrario perché, mettendosi dalla parte dei consumatori non è stato interpretato l’articolo 50 della Direttiva 17 che prevede “….le disposizioni adottate per il recepimento della presente direttiva non possano essere eluse in un modo che possa determinare la perdita della protezione concessa ai consumatori….”? Perché “costo totale del credito” è considerato in maniera diversa nelle due Direttive in discussione?

La sentenza del 9 febbraio presenta anche un ulteriore aspetto non convincente: acquisisce come proprie le posizioni assunte dall’Avvocato Generale della CGUE. Ben venga, ma l’Avvocato nel suo intervento si riferiva ad entrambe le Direttive sul credito ai consumatori e non solo a quella sui beni immobili residenziali. Peraltro, la sentenza ripropone, in questo caso a favore degli intermediari, il problema della rivalsa verso le reti terze di cui le banche si servono – mediatori o periti il concetto non cambia – che, a livello nazionale, è in discussione considerato che la norma sulla rivalsa (D. 73/2021) non è stata né abrogata né ritenuta incostituzionale. Leggendo la sentenza si possono trovare altre “perle”, che non sono riportate solo per questioni di spazio, ma non meno importanti. Se ne riporta una sola in quanto totalmente risibile. Sia il giudice austriaco che ha disposto il rinvio sia la CGUE, anche se in maniera meno evidente, fanno riferimento alla differenza dei costi nelle due tipologie di credito ai consumatori. Fino a prova contraria la tutela non è un problema di importo (del “petito” direbbe un legale) ma un diritto.

Una domanda finale: cosa accadrà in Italia, visto che secondo la Corte sono i giudici nazionali a decidere cosa è rimborsabile e cosa no? L’altra parte della sentenza può invece essere considerata un forte sostegno alle richieste dei consumatori. La correttezza e i controlli sulle modalità di calcolo e di appostazione dei costi, la necessità di fornire sempre maggiori, complete e chiare informazioni al consumatore e la lotta contro l’abusivismo, che solo chi si comporta come gli struzzi non vede, devono essere valutati come il forte impegno dell’Europa, politica e giudiziaria, per un sistema bancario sempre più attento alle esigenze dei cittadini.

In conclusione, una sentenza che non convince e che potrebbe riaprire altri argomenti, dalla Lexitor all’armonizzazione delle normative europee. Potrebbero essere argomenti futuri. Uno attuale è che, parlando di Lexitor, scrissi su PLTV che la revisione in corso delle due Direttive, pur con sfasature temporali, dovrebbe portare la Commissione europea e i singoli Paesi ad una sempre maggiore riduzione delle differenze tra le due normative. Le sentenze Lexitor e Vki, dal nome dell’associazione che si è rimessa al giudizio della Corte per i costi dei mutui, nonché tutte le innovazioni intervenute nel comparto del credito ai consumatori, come operatività e come operatori, spingono ad acquisire tale traguardo in maniera molto concreta e in tempi brevi.

 

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