di Fabio Picciolini, esperto consumerista
Scrivere dei contenuti di un disegno di legge è sempre complicato per il concreto rischio che nel dibattito parlamentare subisca alcune modifiche. Per la tassa sugli extraprofitti delle banche è andata molto peggio: di fatto il Dl è stato completamente stravolto, ancor prima di arrivare alla discussione parlamentare.
La nuova formulazione prevede solo il mantenimento della tassa del 40% sugli extraprofitti conseguiti sul margine di interesse e il mantenimento invariato dell’ammontare, circa 2.7-3 miliardi di euro; di fatto si tratta solo di un artificio, dimostrato dalla decisione della Ragioneria generale dello Stato di non prevedere la quantificazione dell’importo.
L’ultima versione della proposta di nuova normativa prevede che il calcolo della tassa non sia, come inizialmente previsto, basato anno su anno (2022-2021 con percentuale al 5% e 2023-2022 al 10%) ma calcolato per il 10% sull’intero biennio 2021-2023. Un modo per tentare di mantenere inalterato l’introito.
Una modifica importante, che risponde a una richiesta di chiarimento della BCE e alle molte contestazioni sulla mancata chiarezza della previsione, è la sostituzione del parametro dello 0,10% dell’attivo di bilancio con lo 0,26% dell’attivo medio ponderato, che elimina da calco le operatività con rischio pari a zero; modifica necessaria per evitare che la tassa impattasse anche sugli interessi dei titoli di Stato, valutati senza rischio, ma anche per scongiurare difficoltà nei futuri collocamenti.
Il vero cambiamento, che stravolge la proposta iniziale e ridurrà fortemente gli introiti per l’erario, è la possibilità di evitare il pagamento della tassa per gli intermediari che destineranno al proprio patrimonio una quota pari al 2,5% dell’imposta degli utili del biennio; percentuale raggiungibile anche attraverso il conferimento di utili di esercizi precedenti e di altre riserve accantonate. In caso di distribuzione di utili di quanto accantonato, le banche dovranno pagare l’intera imposta maggiorata dei relativi interessi, anche se dovrebbe essere spiegato quali siano gli utili distribuiti nel proseguo del tempo.
La modifica è estremamente rilevante per gli istituti minori e, in particolare, per le banche di credito cooperativo – peraltro già alle prese con l’ultima sollecitazione di Bankitalia in tema di raccolta – che, sostanzialmente, portano a riserva gli utili di bilancio, con l’effetto di rafforzare il patrimonio per fronteggiare eventuali nuove crisi di insolvenze o fallimenti a causa di prestiti non riscossi.
A tal proposito è utile evidenziare: la richiesta, in corso di presentazione alle Autorità europee, di evitare potenziali rischi allungando la durata dei circa 70 mld di garanzie fornite dallo Stato alle imprese durante il biennio pandemico, nonché l’emanazione di nuove norme sui crediti deteriorati a favore dei debitori, che potrebbero avere conseguenza negative sul mercato di quei crediti che verrebbe penalizzato con conseguenze sui bilanci bancari.
La nuova formulazione crea, in ogni caso, un forte “contrasto” tra grandi gruppi bancari, che presentano un ampio catalogo di prodotti per cui gli extraprofitti sul margine di interesse sono solo una parte degli utili, e piccole banche territoriali con un catalogo più ridotto, che comporta come attività principale quella di avere i finanziamenti. Banche locali che hanno avuto il solo “contentino” di poter rafforzare il patrimonio e l’esclusione del margine sui titoli di Stato dal calcolo degli extraprofitti, senza ottenere l’esenzione dal tributo come da molte parti richiesto.
Ulteriore precisazione del nuovo dispositivo è il divieto di scaricare i costi della tassa su altre voci a carico della clientela. Il controllo su eventuali “furbetti” è stato affidato all’Antitrust, che dovrà svolgere controlli a campione e riferire annualmente in Parlamento sull’applicazione della norma.
L’ultima variazione è la destinazione dei fondi, che sarà sia a un fondo per l’accesso delle famiglie ai mutui immobiliari sia al fondo di garanzia per le PMI. Le modifiche apportate, a teorica parità di gettito per l’erario, sembrano voler perseguire due obiettivi: sostenere famiglie e piccole e medie imprese, e consolidare potenzialmente il patrimonio del sistema bancario, particolarmente delle piccole banche. Obiettivi condivisibili, ma che non possono far dimenticare le molte criticità ancora presenti.
Un’ultima considerazione, di altro genere ma sempre sul mondo del credito: visto che la norma sugli extraprofitti è riportata nel Decreto 104/2023 (cd. decreto Asset) è utile ricordare che nel testo è presente, tra l’altro, un articolo relativo all’estinzione anticipata dei finanziamenti che contrasta con la legge 103/2023 emanata lo stesso giorno, creando una notevole confusione legislativa a causa di una disciplina disomogenea. Sarebbe più che opportuno, nella conversione in legge del decreto Asset, uniformare i testi delle due normative secondo quanto riportato nella L. 103/2023, sicuramente più chiara e completa.
Extraprofitti: un Salto indietro di 90 Anni, Tassa a rischio Incostituzionalità