5 Febbraio 2020

I Beni con contratto di Leasing Rivalutabili solo se Riscattati

PLTV riporta articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore a cura di Paola Carrara.
La legge di Bilancio ha di nuovo previsto che si possa intervenire anche sulle partecipazioni

La legge 160/2019 (legge di Bilancio 2020) ha di nuovo previsto la possibilità per le imprese che non adottano i principi contabili internazionali di procedere alla rivalutazione dei beni strumentali e delle partecipazioni immobilizzate di controllo e collegamento presenti nel bilancio al 31 dicembre 2019 se già detenuti nel bilancio al 31 dicembre 2018. Tale misura, che opera in deroga alle disposizioni dell’articolo 2426 del Codice civile, ricalca di fatto le misure già previste nella precedente legge di bilancio, differenziandosi nella misura di imposta sostitutiva prevista, pari al 12% per i beni ammortizzabili e al 10% per i beni non ammortizzabili (a fronte delle precedenti aliquote pari rispettivamente al 16 e al 12%).

L’Organismo italiano di contabilità (Oic) ha pubblicato ad aprile dell’anno scorso, già a seguito dell’emanazione della precedente legge di rivalutazione, il documento interpretativo n. 5 al fine di analizzare sotto il profilo contabile le norme relative alla disciplina della rivalutazione dei beni.

Sono esclusi dalla rivalutazione i beni utilizzati sulla base di contratti di leasing che possono essere rivalutati solo se già riscattati, in quanto solo in tal caso essi sono iscrivibili nell’attivo dello stato patrimoniale della società utilizzatrice.

Il documento interpretativo Oic n. 5 ha confermato che la società che si avvale della rivalutazione rileva il maggior valore dei beni rivalutati nell’attivo di stato patrimoniale a fronte dell’iscrizione, in contropartita, del corrispondete saldo di patrimonio netto. Il saldo attivo di rivalutazione deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva. Il documento dell’Oic prescrive che i maggiori valori attribuiti ai beni in sede di rivalutazione sono riconosciuti ai fini fiscali dietro pagamento di un’imposta sostitutiva; contabilmente, essa è portata a riduzione della voce di patrimonio netto cui sono state imputate le rivalutazioni eseguite.

La legge di rivalutazione, ai fini dell’individuazione del maggior valore attribuibile, indica che il limite massimo è fissato nei «valori effettivamente attribuiti ai beni con riferimento alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all’effettiva possibilità economica di utilizzazione dell’impresa, nonché ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri». Pertanto, ai fini dell’individuazione del valore costituente il limite massimo alla rivalutazione, si può utilizzare sia il criterio del valore d’uso sia il criterio del valore di mercato. La rivalutazione deve avvenire in base a un unico criterio di valutazione all’interno della medesima categoria di beni: ciò comporta l’impossibilità di applicare il criterio del valore d’uso per alcuni beni e quello del valore di mercato per altri beni nell’ambito della medesima categoria.

Da un punto di vista fiscale la norma prevede che il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita: tale norma ha ricadute da considerare ai fini della contabilizzazione della fiscalità differita.

Così come chiarito dal Documento interpretativo n. 5, alla data in cui è fatta la rivalutazione (bilancio 2019) non sorge alcuna differenza temporanea, essendo il valore contabile pari al valore fiscale nonché, considerando il fatto che la rivalutazione è un’operazione effettuata dopo gli ammortamenti dell’esercizio 2019.

Nei bilanci successivi sarà necessaria la rilevazione delle imposte anticipate sulle maggiori quote di ammortamento non deducibili in quanto calcolate sui valori post rivalutazione non ancora fiscalmente rilevanti. Il Documento dell’Oic a riguardo specifica che negli esercizi precedenti a quello in cui gli ammortamenti diventano fiscalmente deducibili, emergono differenze temporanee sulle quali va considerata la fiscalità differita attiva sempre che esistano i presupposti di “ragionevole certezza” del recupero ai sensi dell’Oic n. 25.

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