a cura di Fabio Picciolini
Passati alcuni giorni dalla sentenza sui rimborsi in caso di estinzione anticipata di un finanziamento, è possibile tornarci con qualche argomento in più.
In premessa, devo ammettere che la mia prima rapida lettura della sentenza era sbagliata, non comprendendo che togliere il solo riferimento alle Disposizioni di trasparenza potesse far cadere l’intero impianto costituzionale
Fatto me culpa, nel merito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 263/2022, ha dichiarato incostituzionale l’art. 11octies comma 2 del Decreto “Sostegni” del 25 maggio 2021, n. 73, convertito con la legge n. 106 del 23 luglio 2021, in quanto in contrasto con la cd. sentenza Lexitor, emanata l’11 settembre 2019 dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, concernente l’interpretazione dell’art. 16 par. 1 della Direttiva 48/2008/CE sul credito ai consumatori, recepita con il D.Lgs. n. 141/2010.
Più semplicemente: la sentenza Lexitor contempla l’obbligo di rimborso di tutti i costi non maturati all’atto dell’estinzione anticipata di un finanziamento, il Decreto 73/2021 prevedeva, invece, che fino al 25 luglio 2021, data della sua entrata in vigore, fossero restituiti al debitore, in caso di rimborso anticipato, solo i costi collegati alla durata del finanziamento, cd. recurring, e solo dopo tale data fossero rimborsati tutti i costi non maturati, ovvero sia quelli relativi alla durata del finanziamento sia quelli sostenuti indipendentemente dalla durata del finanziamento stesso, cd. up front.
La Corte di Legittimità, in sostanza, pur riconoscendo il rispetto degli intermediari nell’applicazione delle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia, nonché la scelta del legislatore nazionale di “proteggere l’affidamento” ha confermato che deve essere, in ogni caso, rispettato quanto stabilito dai Trattati europei, circa la preminenza della disciplina europea rispetto a quella nazionale.
È stato sufficiente dichiarare incostituzionali le parole “e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia” per rendere nulle le previsioni del Decreto 73/2021 sul doppio regime di rimborsi. Poche parole che hanno stravolto comportamenti consolidati con riflessi di notevole rilevanza.
La prima conseguenza è sull’operazione più “coinvolta” dalla sentenza, il finanziamento garantito dalla cessione dello stipendio/pensione che vive, anche, di rinnovi dell’operazione con obbligo di estinzione della “cessione” precedente.
La scelta di prevedere una nuova formula di calcolo degli interessi e dei costi, il cd. TuttoTan, ovvero inserire nel Tasso Annuo Nominale tutti i costi a carico del debitore, ha modificato la loro rappresentazione, con il vantaggio per il cedente, il debitore, e per il cessionario, il finanziatore, di conoscere in maniera chiara il costo complessivo del finanziamento, e, se necessario, il rimborso spettante in caso di estinzione anticipata del finanziamento. Ciò non ha però sanato le situazioni pregresse.
A seguire i consumatori, considerati i “vincitori”, che potranno chiedere il rimborso della quota di costi non restituita all’atto dell’estinzione anticipata del finanziamento.
La sentenza nulla riporta sulle modalità di rimborso, per cui la richiesta dovrà essere presentata, per i finanziamenti già estinti alla data del 25 luglio 2021, dal consumatore.
Poi gli intermediari bancari e finanziari che dovranno accantonare somme, ancora da quantificare, per far fronte alle richieste di rimborso dei consumatori. Unitamente agli intermediari sono coinvolti la Banca d’Italia, tenuto conto che l’incostituzionalità deriva dall’interpretazione delle norme da essa fornite riportate nel Decreto e, eventualmente, l’Arbitro Bancario Finanziario, che dovrà intervenire in caso di presenza di nuovi e vecchi contenziosi.
Infine, è la stessa operazione che può, forse deve, essere ripensata. È vero che l’operativa è stata migliorata, si pensi al citato TuttoTan o alla firma digitale, ma sono presenti vari aspetti che non sono stati mai affrontati, sia normativi sia operativi.
Cercando un aspetto positivo di tutta la vicenda, potrebbe essere un buon momento per l’aggiornamento di una norma, fondamentalmente, rimasta uguale dalla sua emanazione nel 1950.
Concludendo, la posizione assunta dall’Avvocato Generale della CGUE sembra aver chiarito che non sono coinvolti nell’applicazione della sentenza gli intermediari del credito, mediatori e agenti, fortemente presenti nel collocamento di finanziamenti con cessione del quinto. Quanto sostenuto dall’Avvocato Generale che i costi corrisposti agli intermediari del credito sono “prestazioni preparatorie” del futuro contratto, conferma che l’incarico professionale di questi operatori si conclude nel momento in cui il cliente acquisisce (o si vede rifiutato) il finanziamento, per cui è difficile pensare che un contratto non di finanziamento e con una scadenza chiara possa dar luogo a obblighi.
La sentenza è stata interpretata, quasi esclusivamente, per l’operazione di cessione del quinto ma ha portata molto più ampia: tutte le operazioni del credito al consumo. Pur se è vero che è più rara l’estinzione anticipata di altre tipologie di credito ai consumatori, essendo una scelta individuale del debitore è sempre possibile che avvenga. La sentenza è applicabile anche a questi casi.
Infine, non può escludersi la sua estensione anche alle operazioni di mutuo. La Direttiva relativa ai mutui testualmente “Direttiva 2014/17/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 febbraio 2014 in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE ……” non è quella sul credito ai consumatori. La Corte Austriaca si è già rivolta a quella europea e in Italia dubbi sulla applicazione estensiva della sentenza sono già stati avanzati.
È giusto affermare che le sentenze si applicano, ciò non vieta, però, alcune considerazioni, più o meno marginali e una sentenza tanto importante merita alcuni post scriptum.
Per i singoli Paesi, all’atto del recepimento delle normative, sussiste, spesso, un problema di traduzione, essendo possibili, in più di un caso, interpretazioni non, perfettamente, omogenee, come evidenziato anche dalla stessa Corte Europea. Una verifica puntuale della traduzione o dell’interpretazione, prima dell’entrata in vigore nei singoli Paesi, potrebbe risolvere la problematica.
Circa la restituzione dei costi up front, tralasciando i costi di struttura, di governance, di personale, le imposte e quanto altro, è veramente difficile comprendere come possano essere calcolati pro-tempore – almeno fino a quando non è stato applicato, generalmente il TuttoTan – i costi di notifica o di informazione sul debitore e quelli sul datore di lavoro, visto che la Lexitor prevede “tutti i costi”.
Una possibilità potrebbe essere di estendere a questi costi, l’interpretazione data dall’Avvocato Generale della CGUE sulla prestazione di terzi, con il rischio, però di creare nuovi contenziosi.
È in discussione l’aggiornamento della Direttiva sul Credito ai Consumatori e, pur in tempi più lunghi, quella sul credito per gli immobili residenziali: le interpretazioni delle norme e la nascita di nuove operazioni debbono portare a importanti approfondimenti – come sta già avvenendo con gli emendamenti al testo originario della Commissione pur se, in particolare, quelli all’articolo 29 relativi al rimborso anticipato, dovrebbero essere, ulteriormente, affinati – attraverso un dibattito molto ampio a livello nazionale e europeo, sulle proposte in discussione con il coinvolgimento di tutti.
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