di Fabio Picciolini, esperto consumerista
Il 2024 riproporrà a molti mutuatari il dilemma di cosa fare del proprio mutuo: lasciare tutto invariato, rinegoziare il mutuo con la propria banca, surrogarlo per passare al tasso variabile in via di diminuzione, tentare all’opposto passare a tasso fisso ancora più conveniente di quello variabile?
Una scelta non semplice perché i tassi di mercato, Euribor e Eurirs, stanno scendendo mentre per quelli di riferimento fissati dalla Banca Centrale Europea bisognerà aspettare ancora qualche mese: prima di un ipotetico taglio Francoforte dovrà verificare se l’inflazione si sia stabilizzata intorno al 2% e vari centri studi internazionali prevedono una risalita tra un paio d’anni, anche se non con l’intensità del 2022/2023.
Partiamo da una premessa semplice ma non sempre tradotta in realtà, magari nella speranza, come è avvenuto, che la stagione dei tassi zero non finisse mai. Un mutuatario che abbia un reddito fisso senza significativi miglioramenti economici o senza una buona dose di risparmio “per ogni evenienza” alle spalle, è opportuno che mantenga un mutuo a tasso fisso, quindi rata uguale per tutta la durata del finanziamento, in maniera da non subire gli andamenti del mercato.
Viceversa con un reddito significativo, un buon “gruzzoletto” da parte, la ragionevole certezza di incremento salariale può sottoscrivere senza grandissimi problemi un mutuo a tasso variabile. Una polizza assicurativa può dare un’ulteriore tranquillità in caso di rovesci che, purtroppo, nella vita possono accadere. Inoltre, chi è indirizzato verso il tasso variabile, potrebbe pensare a un “cap”, ovvero a un tetto oltre il quale il tasso del mutuo non può comunque salire: è un po’ più caro del tasso variabile “puro”, ma offre maggiore sicurezza.
Tornando a cosa fare nel 2024 e oltre, il mutuo a tasso fisso potrebbe essere lasciato nell’originale previsione contrattuale, dando tranquillità e capacità di rimborso, la stessa del momento dell’accensione; eventualmente, aspettando il momento opportuno, potrà essere sfruttato l’atteso abbassamento dei tassi di interesse, soprattutto di mercato, per ridurre il servizio del debito.
Per un mutuo a tasso variabile, forse la strada più semplice è la rinegoziazione con la propria banca: consente di allungare la durata del finanziamento, riducendo la rata mensile e la tipologia del tasso. Una scelta utile per: non rischiare difficoltà nel pagamento delle rate, almeno fino a quando i loro livelli rimarranno alti; non dover cercare un’altra banca, da cui ottenere un nuovo mutuo a condizioni più convenienti; e non sottoscrivere un nuovo contratto, essendo sufficiente lo scambio di lettere commerciali tra le parti contraenti. Esistono però anche aspetti negativi: la banca non è obbligata ad accettare la richiesta di rinegoziazione e il costo complessivo del mutuo sarà più elevato per la maggiore durata, quindi di quota interesse da pagare.
L’ultima chance per chi vuole modificare il proprio mutuo è la surroga o portabilità. Partiamo dalle regole basiche: la surroga è un contratto che prevede il trasferimento di un mutuo garantito da ipoteca dalla banca mutuante originaria attraverso l’accensione di un nuovo mutuo presso un’altra banca, che subentra nella garanzia ipotecaria. Il vincolo dell’operazione è l’invarianza dell’importo del nuovo mutuo, che deve essere esattamente uguale al capitale residuo del vecchio mutuo maggiorato di eventuali spese, e la mancanza di modifiche nella garanzia ipotecaria. La pratica è senza oneri, penali, costi aggiuntivi e cancellazione dell’ipoteca trasferita automaticamente alla nuova banca mutuataria. Per consentire un’operazione rapida, l’intera operazione si deve concludere entro 30 giorni dalla domanda di trasferimento presentata dalla nuova banca mutuataria a quella originaria: in caso di ritardi, il vecchio istituto di credito deve riconoscere al cliente una percentuale pari all’1% del valore residuo del mutuo ogni mese o frazione di mese di ritardo.
Un’operazione allettante in quanto la quota in essere del mutuo costerà certamente meno di quanto sarebbe costata lasciando il mutuo alla banca originario, con l’unico onere del mutuatario di trovare una nuova banca.
Non è, però, “tutto oro quello che luccica”. Le surroghe ci sono sempre state ma hanno avuto alti e bassi e, anche nel periodo più difficile, non ne sono state effettuate quante era lecito attendersi. I motivi possono essere due.
Il primo riguarda il mutuatario che ha retto la crisi e non ha voluto modificare nulla, nella speranza di un abbassamento rapido dei tassi; oppure non ha voluto “imbarcarsi” nella ricerca della nuova banca, magari subendo anche qualche rifiuto. Il secondo motivo riguarda il sistema bancario, che non ha più considerato vantaggiosa l’operazione e quindi ha frapposto ostacoli, 3 i più importanti: il merito creditizio si è “inasprito” per cui il reddito può non essere ritenuto sufficiente, il loan to value si è abbassato e i finanziamenti coprono una misura inferiore del valore dell’immobile (per cui non verrebbe coperta la parte residua del mutuo originario); il dilatarsi fino ai tempi massimi del trasferimento del mutuo, e i costi accessori più elevati. Si può ancora aggiungere che – anche se non esiste un limite massimo di surroghe possibili per ogni mutuatario, magari buon conoscitore dei mercati -, il sistema bancario pone difficoltà in presenza di più richieste di surroga per lo stesso mutuo.
Va ricordato che è attivo, pur senza le agevolazioni previste nel periodo Covid, il Fondo di sospensione mutui per l’acquisto della prima casa a favore dei titolari di un mutuo fino a 250.000 euro, contratto per l’acquisto della prima casa, che prevede – in presenza di situazioni di temporanea difficoltà – la possibilità di beneficiare della sospensione per 18 mesi del pagamento delle rate, allungando il piano di ammortamento per un periodo pari alla durata della sospensione, con il pagamento del 50% degli interessi maturanti nel periodo di sospensione da parte dello Stato.
In conclusione, non esiste una soluzione unica per la scelta da fare e non esiste la certezza di cosa accadrà in futuro: più di un economista ha affermato che le crisi economiche non avvengono più ogni 7 anni (basta fare i conti nel terzo millennio) ma stanno rapidamente scendendo a un triennio, un fattore di cui tutti su cui tutti debbono avere la massima attenzione. Serve un “abito su misura” che ogni mutuatario deve saper consapevolmente scegliere, magari con la consulenza di qualche professionista del settore, per non dover sopportare le difficoltà vissute dal luglio 2022, quando è partito l’innalzamento dei tassi di interesse.
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