PLTV riporta un estratto di articolo di Vito Lops pubblicato su Il Sole 24 Ore
Come sarà il 2020 per il mercato dei mutui? I tassi saliranno o scenderanno? Sarà ancora conveniente cambiare banca?
Sono domande che si stanno ponendo le circa 250mila famiglie che ogni anno stipulano un nuovo mutuo, senza contare tutti coloro – e nell’ultima parte del 2019 hanno fatto la parte del leone – che surrogano (spostano il mutuo presso un’altra banca che offre condizioni in termini di tasso e durata più convenienti) o rinegoziano (convincono la propria banca a migliorare le condizioni di partenza).
Per provare a fare una previsione bisogna analizzare i fattori che potrebbero muovere le due gambe su cui si regge un mutuo: vale a dire lo spread (la percentuale di margine lordo che la banca sceglie di applicare) e gli indici interbancari che, sommati allo spread, determinano il tasso finale a carico del debitore. Per i mutui a tasso fisso l’indice interbancario è l’Irs (o Eurirs) solitamente della stessa durata del mutuo (quindi un mutuo a 20 anni è agganciato all’Irs a 20 anni e così via). Per i mutui a tasso variabile l’indice interbancario è l’Euribor (la gran parte delle banche operanti in Italia utilizza l’indice trimestrale e una minoranza l’Euribor a 1 mese mentre sono scomparse dai radar le proposte con Euribor di durate superiori).
Lo spread
Negli ultimi due anni si è verificato qualcosa di irripetibile su questo fronte. Alcune banche hanno deciso addirittura di azzerare gli spread sui mutui a tasso fisso, rinunciando praticamente a portare a casa utili dal mutuo. Una politica dettata dalla forte competizione del settore e dal fatto che alcuni istituti hanno iniziato a considerare il mutuo come un prodotto attraverso il quale acquisire nuovi clienti, ai quali successivamente proporre prodotti finanziari più remunerativi per la banca. Nell’ultima parte del 2019 gli “spread azzerati” sono stati eliminati dalle offerte. Ma nel complesso restano comunque molto bassi: sul fisso gli spread migliori partono da 50-60 punti base, sul variabile da 80 punti base.
«Ci aspettiamo che nei prossimi 12 mesi gli spread rimarranno relativamente stabili», spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it. Solitamente le banche muovono la leva degli spread per calibrare le erogazioni. Se hanno ancora budget tendono a ridurlo. Invece, nelle fasi in cui preferiscono ridurre le erogazioni tendono ad alzare gli spread, un modo elegante per “allontanare” la clientela.
Non ci sono ragioni al momento per ipotizzare che gli istituti vogliano frenare l’offerta dei mutui. Così come non ci sono ragioni per ipotizzare forti riduzioni degli spread, questo perché essi vengono decisi anche in funzione dei movimenti della seconda gamba del tasso del mutuo, gli indici interbancari. E questi (tanto gli Irs quanto gli Euribor) sono talmente bassi che, qualora le banche riducessero ulteriormente gli spread, ci si troverebbe di fronte a tassi finiti di mutui quasi gratuiti, se non addirittura paradossalmente sottozero (scenario però non contemplato dal Codice civile in Italia).
I tassi
Ad agosto 2019 gli indici Irs sono addirittura scivolati sottozero. Dopodiché sono risaliti ma si posizionano su livelli comunque eccezionalmente bassi. L’Irs a 20 anni è allo 0,56% e il 25 allo 0,59%. Ciò significa che aggiungendo uno spread di 50-60 punti base otteniamo un tasso fisso di poco superiore all’1%. Con l’Eurirs a 10 anni – che è molto più basso (0,17%) – le offerte di mutuo scendono agevolmente anche sotto la barriera dell’1%.
Gli Irs seguono da vicino l’andamento dei tassi del Bund tedesco. Da agosto questi sono risaliti (sulla scadenza a 10 anni da -0,7% a -0,25%) e questo spiega come mai anche gli Irs siano risaliti. Quanto ai mesi a venire i gestori che seguono da vicino i mercati finanziari ipotizzano che il rendimento del Bund possa risalire di altri 20-30 punti base. Quindi è ragionevole ipotizzare che i mutui a tasso fisso per il 2020 possano risultare – se nel frattempo le banche non ridurranno lo spread per compensare l’eventuale aumento degli Irs – di circa 20-30 punti base in più.
Sul fronte degli Euribor a 3 mesi – e quindi dell’universo dei mutui a tasso variabile – i future a 5 anni indicano che rimarrà intorno a -0,38% (quindi ancora da sottrarre allo spread) per i prossimi 12 mesi. Dopodiché è prevista una lentissima risalita fino ad azzerarsi intorno a marzo 2024. Si tratta di previsioni che possono cambiare nel tempo ma danno l’idea netta che in questo momento i mercati non si aspettano scossoni sul fronte Euribor, e di conseguenza non si aspettano rialzi dei tassi da parte della Bce, né forti balzi in avanti dell’inflazione.
Quindi chi sta rimborsando un mutuo a tasso variabile ha poco da preoccuparsi sull’aumento delle rate tanto nel 2020 quanto nei prossimi 2-3 anni (e probabilmente anche per tempi più elevati). Nonostante questo oggi tanto i nuovi mutui quanto le surroghe sono dominate dal fisso. Questo perché ad agosto tra fisso e variabile non c’era quasi più scarto. Mentre oggi, dopo la risalita degli Irs, i variabili sono tornati più convenienti in partenza di circa 40-50 punti base. Forse ancora poco per invertire il mega-trend a favore del fisso. Ma quanto basta per stimolare i mutuatari più evoluti – o quelli che optano per durate brevi dove il rischio aumento è di conseguenza più bassa -a riconsiderare questo prodotto.
Le surroghe
Nell’ultima parte del 2019 è partita una terza, nuova ondata, di surroghe in Italia. «Gli indici Irs, a livelli di minimo storico, hanno fatto apparire sul mercato offerte di mutui di surroga a tasso fisso per certi versi considerabili come irripetibili e molti mutuatari hanno deciso di non farsi sfuggire l’occasione – spiega Rossini -. Non a caso la domanda di nuovi mutui di surroga nella seconda metà dell’anno è stata nell’oltre il 90% dei casi concentrata verso nuovi mutui di surroga a tasso fisso. Per il 2020 però c’è sicuramente una aspettativa di riduzione della domanda di mutui di surroga, dovuta al progressivo esaurimento del bacino dei potenziali mutuatari interessati. E questo potrebbe impattare sul totale delle erogazioni».