di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Il calo dei tassi sui mutui registrato da Bankitalia a settembre, dal record di agosto, è stato davvero impalpabile e del resto “già a luglio si era verificata una riduzione, sconfessata il mese dopo” ha subito notato l’Unione nazionale consumatori.
Considerato che la rilevazione non ha tenuto conto del momentaneo stop della Bce a ottobre, gli interessi sono certamente destinati a stabilizzarsi: a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, per le famiglie è già una buona notizia. Il restringimento delle condizioni di finanziamento pare aver raggiunto un plateau, e non resta molto altro da stringere a livello di politica monetaria. Il problema per gli aspiranti mutuatari è che il costo del denaro resterà sui livelli attuali, decisamente più alti rispetto a un anno e mezzo fa sia per il fisso che per il variabile, ancora per un bel po’ prima di iniziare solo lentamente a scendere: i prossimi “due trimestri” – ha chiarito Christine Lagarde – non basteranno a determinare il tempo “sufficientemente lungo” in cui andranno mantenuti al 4,5% prima che l’inflazione (in verità, scesa parecchio nell’ultimo mese) rientri al 2%. Sempre che, nel frattempo, il sistema economico non venga attraversato da una nuova guerra, pandemia, crisi energetica, catastrofe climatica… sono diventati così numerosi gli imprevisti che, in un mondo a velocità accelerata, incombono sul nostro futuro!
Pure le ricerche a tema non mancano. Abbiamo già detto su PLTV.it delle due velocità che distanziano mercato creditizio e immobiliare: proprio ieri Istat ha provato, su fonte notarile, che nel primo trimestre le transazioni si sono ridotte del 5% su base trimestrale e dell’11% annua; mentre mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare rispettivamente del 12,6% e 31%. Con percentuali più o meno ampie, il segno meno è presente in ogni zona geografica della penisola. Nonostante tutto il primo semestre 2023 del real estate – per Gruppo Gabetti – resta tra i migliori degli ultimi 10 anni e, inflazione permettendo, è dato in forte ripresa dalla seconda metà 2024, più o meno quando anche gli interessi sui mutui dovrebbero iniziare a rientrare in maniera palpabile.
Il Corsera calcola che in media, a causa di una perdita del potere d’acquisto dei potenziali clienti di oltre il 26%, oggi con una rata mensile dello stesso importo di inizio 2022 si compra una stanza in meno: circa 20 metri quadrati. E per i finanziamenti a tasso variabile, indicizzati sull’Euribor, lo scarto raddoppia: i mq a cui rinunciare superano i 40 nelle grandi città. Più o meno identica dinamica affligge i locatari: in risposta all’inevitabile contrazione del business immobiliare, i proprietari delle abitazioni hanno aumentato i canoni d’affitto lasciando stabili quelli di vendita.
L’ABI, per cui i mutui sono tra i prodotti più a rischio rimborso, ha da poco rilevato che nei primi 9 mesi del 2023 in Italia l’ammontare di quelli rinegoziati – tra allungamenti della durata, passaggi da variabile a fisso e revisioni del tasso – è stato di 17,4 miliardi euro, ben oltre i 5,1 dello stesso periodo del 2022: il 34,4% di tutti i nuovi prestiti erogati contro una media europea del 24,4.
“Una soluzione d’emergenza e tardiva rispetto agli aumenti preesistenti, che fissa inevitabilmente gli importi su valori elevati e molto meno sostenibili” per Save your Home e Nomisma, che calcolano in -40% il calo del giro d’affari dei mutui da inizio anno: il 36% di quelli in corso, oltre 1,2 mln, è ancora a tasso variabile e la rata supera la soglia critica del 50% del reddito in circa mezzo milione di famiglie (il 66% degli acquirenti sono coppie), specie quelle con entrate nette mensili sotto 1.900 euro, per un controvalore di credito vicino ai 60 mld. Anche con la surroga in un altro istituto gli interessi restano oltre il 4%, e l’allungamento del piano di ammortamento conviene al cliente solo se a costo zero. La frenata delle erogazioni non deve sorprendere dunque, contando che i tassi sono risaliti in un anno ai livelli di 10 anni fa e che il 79% dei contribuenti ha un reddito lordo inferiore a 30mila euro annui e il 31% non supera i 10mila.
Le aste, per evitare la procedura di esecuzione, sono cartina di tornasole del problema: sono state 160mila nel 2023 e nel 2024 è atteso un +10%. Purtroppo non risolvono la situazione né per il debitore né per il creditore: durano sempre più a lungo, costano e il valore dell’immobile perde in media il 45% del valore (oggi il patrimonio complessivo all’incanto vale circa 130 mld, ma appena 51 a prezzo base).
Per Qualis, società di AmTrust – che ha assicurato 165mila mutui in Italia in 20 anni -, il calo annuo è del 35% ma comunque l’erogato totale è superiore alla media pre Covid e addirittura il rischio credito è sceso nei bilanci trimestrali degli intermediari. I prestiti superiori all’80% del valore della casa (con punte fino al 94%) costituiscono tuttavia ben un quarto di tutti quelli accesi e la bancassicurazione sarà sempre più strategica in questo senso per continuare a contenere gli Npl. Tali soluzioni ad elevato “loan-to-value” sono in crescita da una ventina d’anni (sebbene la loro penetrazione diminuisca proprio tra i più giovani, dove dovrebbe attecchire) così come l’importo medio erogato, passato dai 103mila euro del 2003 ai 122mila di quest’anno, e dell’età di accesso alle fasi importanti della vita come l’acquisto della casa: aspetto che stride con agevolazioni e garanzie pubbliche riconosciute esclusivamente ad under 36.
Allora, chi compra casa oggi? Chi non ne ha una principale resta certamente maggioritario, ma gli acquisti per investimento salgono al 20,2% – nota la rete di agenzie Tecnocasa – e infatti tra le tipologie più richieste crescono quadrilocali e soluzioni indipendenti. E sul fronte dell’accesso al credito, nel primo semestre del 2023 il 51,7% della clientela ricorsa al mutuo residenziale è scesa al 48,3% dal 52,9 dello stesso periodo dell’anno scorso.
Nella sua ultima audizione al Parlamento Ue il presidente uscente della vigilanza bancaria ha richiamato le banche a intervenire sulle carenze riguardanti, a suo dire, proprio la gestione del rischio legata al real estate, e la sua esposizione a questo mercato (a sua volta particolarmente vulnerabile alle catastrofi climatiche). Andrea Enria ha riferito che si sta vagliando con attenzione anche la struttura dei finanziamenti: il costo del denaro, tenuto elevato molto a lungo, “potrebbe creare ulteriori pressioni sui prezzi di uffici e case rendendo più difficile per proprietari e famiglie onorare i loro debiti. Le banche devono tenere conto di questi rischi nelle loro pianificazioni su accantonamenti e capitale“.