di Fabio Picciolini, esperto consumerista
La garanzia offerta dallo Stato per i mutui accesi da giovani under 36 non sembra aver raggiunto le finalità inizialmente previste nonostante il numero, per età, di potenziali fruitori.
La garanzia è concessa per finanziamenti di massimo 250.000 euro a chi non abbia compiuto 36 anni nell’anno del rogito, possegga un reddito Isee inferiore ai 40.000 euro e non sia proprietario di altre abitazioni; coppie sposate o conviventi more uxorio da almeno 2 anni (con almeno uno dei componenti under 36); single con figli minori conviventi; affittuari di alloggi di proprietà degli istituti autonomi delle case popolari. Per l’intero anno 2023 i beneficiari avranno: l’esenzione dall’imposta di registro e dalle imposte ipotecaria e catastale; un credito d’imposta pari all’ammontare dell’Iva corrisposta (qualora dovuta); e l’esenzione dall’imposta sostitutiva, pari allo 0,25% dell’ammontare complessivo.
La domanda di accesso all’agevolazione deve essere presentata alla banca scelta per l’accensione del mutuo che la trasmetterà alla Consap, la concessionaria pubblica che gestisce il Fondo, per le verifiche necessarie al riconoscimento della misura. Per accedere all’agevolazione, prorogata per ora al 31 dicembre, sono ancora disponibili fondi e con il cd. Decreto Asset l’iniziativa sarà finanziata con parte delle imposte derivanti dagli extraprofitti bancari.
Le motivazioni del mancato successo dell’iniziativa potrebbero ricondursi al costo delle case che non scende, all’inflazione, ai tassi di interesse. Ma a pensarci bene il Fondo non ha avuto grande successo neppure in altri periodi, per cui le cause sociali del flop potrebbero essere addirittura più importanti di quelle finanziarie, anche se ad esse strettamente connesse.
È necessario, allora, porsi alcune domande relativamente a queste persone ancora giovani: quanti under 36 anni hanno un lavoro stabile che consenta loro di accendere un mutuo, quanti hanno un doppio stipendio, quanti un gruzzoletto per coprire la parte non mutuata e affrontare le altre spese legate all’acquisto, dall’arredamento a quelle accessorie, quanti sono già sposati e hanno già avuto o solo potuto programmare di avere figli?
Una risposta certa non c’è ma il ritardo con cui i giovani lasciano la casa dei genitori, insieme allo sviluppo del lavoro precario, sono già una risposta indiretta. A ciò si aggiunge: la scelta di molti giovani, a differenza di noi anziani, di guardare con minor interesse alla proprietà a favore di un’economia più di condivisione; la maggiore attenzione del sistema bancario nel concedere finanziamenti; e la sua “parsimonia” a concedere mutui al 100% (e oltre) che, peraltro, comportano una istruttoria ancora più attenta. Non sarebbe neppure un’azione molto educativa, non responsabilizzando il mutuatario che non ha dovuto utilizzare propri fondi.
Alle condizioni date molti si “rifugiano” nell’affitto, anche se i prezzi di questo sono aumentati più di quelli dei mutui. La realtà indica, dunque, che è il momento di pensare a sistemi diversi o non attuati al meglio perché è impossibile solo immaginare, oggettivamente, che anche una sola delle circostanze sopra indicate, per sviluppare una migliore situazione per i giovani, possa essere modificata in tempi brevi. Né si può immaginare che lo Stato intervenga in maniera diversa, con un ulteriore aggravio del bilancio pubblico, attuando – come proposto da alcuni – un innalzamento della garanzia o dell’età, oppure prevedendo la concessione di mutui a fondo perduto.
Nel breve periodo il primo passo dovrebbe essere l’applicazione da parte del sistema bancario di tassi di interesse in linea con gli aumenti della Bce, quindi con una loro riduzione. Quindi, potrebbero essere sviluppate operatività ora dormienti o previste delle nuove: il rent to buy (locazione nel tempo trasformata in acquisto) di cui si parla da tempo ma che non si è mai veramente sviluppato; il leasing operativo residenziale, di cui si è persa traccia, che prevede un tasso leggermente più alto del mutuo ma consente una forte riduzione delle spese accessorie immediatamente dovute; da altri Paesi potrebbero essere inoltre importati gli acquisti di immobili a tempo e mutui perpetual.
A livello più sistemico, con le giuste misure tecniche, per i giovani con lavori a termine – come avvenuto con alcuni fondi nel periodo pandemico – sarebbero da sviluppare la sospensione del mutuo nel periodo intercorrente tra due o più lavori e mutui con rate crescenti, oggi poco presenti nei cataloghi delle banche. Nei limiti della valutazione creditizia, si potrebbe pensare allo sviluppo dei mutui 100% prevedendo un ammontare garantito sia a livello centrale sia con le misure previste dalle singole regioni, per sopperire all’iniziale penuria di disponibilità.
A gennaio 2024, se la misura sarà riproposta, potrebbe prevedersi una differenziazione della garanzia sia rispetto all’ammontare del mutuo sia rispetto al reddito del richiedente. Sulle aste pubbliche potrebbero essere utili due azioni: la prima sulla “regolarità” degli acquirenti, quindi con un’asta più libera da “lacci”; la seconda, a favore dei debitori, dando maggior impulso all’applicazione del patto marciano, che libera i debitori dagli eventuali debiti in essere dopo la vendita dell’immobile. Resta scontato l’obbligo di acquisire una sempre maggiore professionalità da parte di agenzie immobiliari, istituti di credito mutuanti e loro reti distributive.
Nel medio/lungo periodo si potrebbe pensare al rilancio della collaborazione pubblico/privato per programmi di social housing e di recupero edilizio, senza però tornare a misure quali superbonus e simili e con attenzione invece alle politiche urbanistiche quali: lo sviluppo di servizi, l’urbanizzazione obbligatoria dove si costruisce, la disponibilità di trasporti pubblici. Altri temi importanti da affrontare, lo sviluppo green e la sostenibilità delle abitazioni. Tutte soluzioni non generalizzabili, da vagliare con ponderazione e da applicare caso per caso sulla base dello stato collettivo del Paese e individuale dei richiedenti. Con lo sviluppo della tecnologia lo Stato attraverso programmi sociali, e il sistema bancario con lo sviluppo dei prodotti, potrebbero ottenere maggiore fiducia dai cittadini e dalla clientela.