di Fabio Picciolini, esperto consumerista
Quattro famiglie su cinque che hanno acceso un mutuo temono di non poter pagare regolarmente le rate nel prossimo anno. Non solo, i tentativi per trovare soluzioni che consentano il rispetto degli impegni presi presenta molte difficoltà.
Esiste un istituto, quello della surroga (cd. portabilità), che permetterebbe di sostituire in mutuo in essere con un altro di importo non superiore a quello nel mutuo originario, ma per una durata più lunga: accade, però, che da qualche tempo le banche mutuanti frappongano difficoltà nell’utilizzarlo. Una scelta comprensibile per la banca che perde il cliente e il suo mutuo ma, apparentemente, incomprensibile per la banca che ne acquista uno nuovo al suo posto. Operazione utile per la banca ma non molto per il mutuatario che, con il nuovo contratto, inizierà a pagare rate composte da molti interessi e poco capitale, dovendo ripartire dal saldo della prima rata.
Motivo per cui prima di procedere alla surroga, nonostante i vantaggi possibili, è necessario valutare attentamente la scelta migliore tenuto anche conto che, recentemente, sono aumentate le spese accessorie all’accensione di un nuovo mutuo: con l’approvazione della legge sull’equo compenso sono cresciute le parcelle di notai e periti, professionisti indispensabili quando si accende un prestito, i cui costi sono però totalmente a carico del mutuatario. Se si approfondisce l’argomento emergono elementi contrastanti che fanno comprendere il perché delle difficoltà, anche se non sempre condivise.
Uno dei motivi è certamente la valutazione del merito di credito del mutuatario che le banche, trattandosi di un nuovo finanziamento, devono obbligatoriamente svolgere. In molti casi, senza alcuna colpa del mutuatario, la valutazione è peggiorata: per la diminuzione del potere di acquisto; per la mancata sottoscrizione, compresi gli aumenti salariali, dei contratti di lavoro (oltre 6 milioni di lavoratori attendono il rinnovo del Ccnl); per l’aumento delle rate a causa del livello dei tassi di interesse della Bce e dei mercati; per l’allargamento del differenziale tra tassi attivi (a favore delle banche) e quelli passivi (a favore della clientela), rimasti sostanzialmente invariati.
Altro motivo poco noto riguarda le difficoltà delle banche a ottenere liquidità a un prezzo accessibile, che si accompagna all’obbligo di restituire la BCE un elevatissimo importo di finanziamenti da essa ricevuti (150 miliardi nel giugno 2023 e altri 150 nel prossimo futuro). Infine, il rispetto delle regole dell’Autorità bancaria europea di classificare come credito deteriorato un finanziamento, già inadempiente, rinegoziato con un costo per la banca mutuante superiore all’1% dell’importo originario, obbligando a un maggior accantonamento di capitale. Non vogliono essere giustificazioni dei comportamenti di alcune banche, fortunatamente non di tutte.
Un altro problema, non attuale ma che tra qualche anno potrebbe presentarsi, è la rigidità delle banche a consentire la surroga a un mutuatario “seriale”, cioè che ne ha fatto uso più volte al fine di sfruttare al meglio l’andamento dei tassi: con il rientro dell’inflazione e il conseguente abbassamento dei tassi è prevedibile che anche le condizioni applicate ora a mutui, surroghe o rinegoziazioni diventino fuori mercato, per cui un mutuatario potrebbe richiedere una nuova surroga. Il persistere dell’attuale atteggiamento significherebbe per i mutuatari sopportare condizioni non più reali una volta raggiunta una situazione dei tassi migliore dell’attuale, nonostante la legge 40/2007 gli permetta teoricamente di surrogare quante volte vogliano.
Un’ulteriore possibilità è la rinegoziazione del finanziamento: il mutuatario ha pieno diritto di chiederlo, ma la banca può rifiutare la richiesta o proporre condizioni diverse da quelle proposte dal cliente. Possibile ridurre o rimborsare anticipatamente il prestito; scelta che, con la 40/2007, non prevede alcun costo: potrebbe essere una mossa interessante, ma quanti sarebbero in grado di farla? Peraltro dovrebbe essere eseguito un calcolo molto preciso perché, agli attuali tassi di mercato, potrebbe ad esempio convenire un buon BTP che supera il 4% di rendimento rispetto al rimborsare anticipatamente, totalmente o parzialmente il mutuo: il rendimento di quel titolo coprirebbe, infatti, anche l’aumento degli interessi.
La legge che prevede l’obbligo per le banche di rinegoziare mutui a tasso variabile accesi prima del 2023 per importi fino a 200mila euro e con ISEE di 35mila, passandoli all’(alto) tasso fisso attuale, sta avendo scarso successo viste le domande presentate; così come l’ultima proposta del governo già accolta da Abi e vari istituti, sempre sui variabili, che prevede la proroga della durata del finanziamento mantenendo la rata mensile costante. Qui il tasso potrebbe essere quello originario, con un forte aumento della durata dei mutui, oppure uno intermedio.
Intanto andrebbero risolti almeno altri due problemi: il primo relativo al contratto, che è un negozio privatistico sottoscritto da controparti private, per cui sembra difficile che possa essere imposto per legge; risolto questo problema rimane, ancora una volta il maggior costo complessivo a carico del mutuatario per i 4 o 5 anni in più di durata del finanziamento: significano migliaia di euro in più, che a quel punto neppure l’abbattimento dell’inflazione e dei tassi, coprirebbe.
Un semplice accenno conclusivo a due aspetti. Il primo è la mancanza di educazione finanziaria, tanto meno quella specifica sui singoli prodotti, per cui non molti hanno compreso quanto stesse per avvenire con pandemia, guerra in Ucraina, presa energetica, inflazione; di conseguenza non si sono attivati in tempo per surrogare, rinegoziare, rimborsare il proprio mutuo. Il secondo è il comportamento del sistema bancario e delle istituzioni che non hanno avvertito, per tempo, clienti e cittadini dei nuovi rischi legati agli avvenimenti negativi degli ultimi anni. Per questi motivi sarebbe utile, come già avviene in molti Paesi, comprendere che la consulenza finanziaria non è solo quella prevista per l’investimento e il risparmio, ma esiste ed è opportuna anche quella del credito: occorre un buon consulente, professionalmente preparato, che non si limiti alla ricerca del finanziamento ma sappia come e quando avvertire la sua clientela di ciò che sta per accadere e quali sono le soluzioni più opportune, dove trovarle e a quali condizioni. La scelta del professionista, in periodi di forti volatilità del mercato, ridurrebbe molto i rischi che le famiglie stanno correndo ormai troppo tempo.
La Calda Estate dei Mutui Variabili, Banche e Clienti davanti a 3 Vie per Arginare i Tassi