di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Stoppando la discesa degli ultimi mesi, i tassi di mercato hanno ancora una volta anticipato le decisioni della BCE di prendersi una pausa estiva prima di tagliare di altri 25 centesimi il costo del denaro nell’Eurozona.
In media i tassi variabili, aggiungendo lo spread della banca all’Euribor, continuano a sfiorare il 5%; mentre i fissi, preferiti dal 99% delle richieste di mutuo o surroga nel 2024, segnano perfino una leggera risalita superando in media il 3%. Le surroghe, in particolare, sono arrivare a rappresentare il 33,6% delle richieste, +8% sul 2023 e ben +52% rispetto al 2022, quando è partito il ciclo di rialzi di Francoforte per abbassare l’inflazione. Questo, secondo Mutuionline, si è ripercosso su erogazioni (+26% a/a) e loan-to-value, passato in 12 mesi dal 66 al 68%.
In verità, pur restando sempre possibile una rinegoziazione dell’attuale tasso fisso, il bistrattato variabile potrebbe ricominciare ad essere preso presto in considerazione almeno dai clienti più ottimisti, scommettendo – al netto di nuove turbolenze macroeconomiche e geopolitiche – sulla buona probabilità di una discesa costante, che li premierà sul lungo termine.
Al di là di calcoli e ricalcoli che invadono il web con minuscole variazioni percentuali, c’è un dato che spicca nel periodo: la “rivincita” della mediazione creditizia sulle filiali bancarie (trasformate in “store finanziari” da sempre più istituti). Secondo un’analisi diffusa qualche giorno fa da WeUnit.it, nel primo semestre 2024 il numero di pratiche in entrata per il settore è aumentato del 22,73% annuo (pari a +864 pratiche lavorate); contemporaneamente, in base alle cifre Bankitalia, la domanda sui canali tradizionali mostra una lenta ma graduale diminuzione. In particolare, le pratiche gestite da WeUnit.it nella prima metà dell’anno sono state 4.665 contro le 3801 dello stesso periodo del 2023 e gli “eventuali ulteriori tagli del costo del denaro non potranno che rafforzare il trend di crescita per l’esercizio in corso” affermano i ricercatori.
Covid e progressiva chiusura degli sportelli bancari (dovuta peraltro non solo all’avanzata del digitale ma soprattutto alle acquisizioni) hanno quindi rinnovato il mercato per agenti in attività finanziaria, mediatori e consulenti del credito come evidenziato dallo stesso OAM al Leadership Forum Summer di Roma.
Per quanto riguarda il credito al consumo, nonostante la diffusa vivacità del comparto attestata dai report di settore firmati Bankitalia – ed emersa con forza anche nel corso del recente evento di EMFgroup – secondo l’ultima rilevazione della Fondazione Fiba di First Cisl su dati Bce, l’Italia si confermerebbe la meno conveniente tra i principali Paesi europei per i costi praticati: il Taeg sulle nuove operazioni a maggio è superiore di oltre 2 punti percentuali di quello applicato in Germania e a quasi 4 da quello francese. Così come risulta nettamente più elevata, grazie anche al traino del buy now pay later, la quota che gli italiani destinano al credito al consumo sul totale dei prestiti richiesti: il 18,5% contro la media Ue dell’11,2. In cifre assolute, in poco più di un anno il ricorso a questa forma di indebitamento è cresciuto da 153,9 a 162,4 miliardi di euro (+ 5,88%), mentre le altre calavano dello 0,9%. L’ammontare della cessione del quinto, in particolare, è pressoché raddoppiata dal 2011 al 2023, passando da poco più di 10 mld a oltre 18 mld. La domanda dei nostri consumatori, quindi, non sembra risentire di condizioni di accesso penalizzanti. Più convergenza col resto del continente, invece, sul Taeg dei mutui attorno al 4,03%.
Inoltre, la presunta rischiosità del credito – rappresentata dal tasso di deterioramento dei prestiti -, è addirittura ripiegata nel primo trimestre al 0,246%: qui, su base regionale, le difficoltà maggiori si registrano al Sud.