di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Maggiore mobilità nel mercato del lavoro; stress da trasloco; importanti costi di eventuale ristrutturazione, arredo e manutenzione; troppe case di scarsa qualità non solo energetica in quartieri non serviti, se non proprio degradati, a prezzi sempre più alti (+1,7% annuo nel 2023 secondo Idealista; +2,6% per Immobiliare.it): questi – oltre ai tassi alti e all’anticipo di almeno il 20% della somma che prevede comunque il mutuo – alcuni dei principali motivi che remano a favore del business dell’affitto, deprimendo quello dell’acquisto dell’immobile. Anche i costi di costruzione, innalzati dai prezzi delle materie prime, così come i vincoli alla cedibilità dei bonus edilizi, fino alla loro soppressione, hanno impattato negativamente sui due mercati gemelli, creditizio e immobiliare, stressando la richiesta già inflazionata di affitto. Tutti elementi che continueranno a pesare nel 2024, nel confronto con gli anni precedenti.
Il buon momento delle locazioni, incrementato anche dal turismo, tiene alti i prezzi di vendita rappresentando per i proprietari un’ottima occasione di mettere a reddito l’abitazione, specie se a canone non concordato, nell’attesa di trovare il compratore coi liquidi. Per la verità – in un mercato con poca offerta e tanta domanda – anche i prezzi dell’affitto resteranno alti nel 2024 ma, a quanto pare, dalla parte del mattone sembrano essere rimasti solo l’elevata aspettativa media di vita della popolazione e il valore dello stesso immobile una volta saldato il debito con la banca (che ormai rende il mutuo una sorta di piano di accumulo di capitale illiquido contro il competitor Btp). Quest’anno Scenari Immobiliari stima un aumento del costo medio al mq, per vendita e locazione, rispettivamente del 3,5 e del 3,2%; mentre secondo Tecnocasa nella maggior parte delle grandi città italiane la rata, spinta dal costo del denaro, avrebbe già superato il canone di locazione essendo peggiorati i criteri applicati in termini di loan-to-value ratio, scoring minimo ed entità delle garanzie a sostegno dell’erogato.
L’argomento è caldo: basti pensare che, in base alle rilevazioni di Vis Factor, nell’ultimo mese del 2023 stipendi e mutui (25,55%), seguiti dall’inflazione (23,49%), hanno scalzato il caro bollette delle discussioni di fine anno sui social network. Mettendo insieme i principali report di settore del periodo, affiorano due trend: inflazione e impennata dei prezzi (vita e alimentare hanno compensato il calo dell’energia) hanno reso quantomeno sospetta la capacità di rimborso dei clienti, ritrovatisi con uno spread più elevato per accedere al finanziamento (nonostante, lato sofferenze, nei bilanci delle banche non emergano criticità grazie al ricorso all’autofinanziamento da parte dei consumatori e alle stringenti politiche prudenziali imposte dalla vigilanza nazionale ed europea); 2) rispetto alle transazioni andate a rogito in contanti, le compravendite con mutuo proseguiranno a ridursi nel 2024, ma a una cifra anziché a due.
A Unimpresa il saldo del credito alle famiglie nel 2023 risulta negativo per 8 miliardi di euro, -1,2% annuo: non male, tutto sommato, contando la “tempesta perfetta” abbattutasi sul business dei finanziamenti negli ultimi 12 mesi. In dettaglio: lo stock di mutui sarebbe rimasto sostanzialmente fermo, a circa 425 mld; i prestiti personali sono stati gli unici a crollare per oltre 13 mld, a 128 (-9,8%); mentre il credito al consumo è cresciuto di quasi 6 mld, a oltre 120 (+5,4%). Il fatto che nel 2023 la domanda di mutui si sia fortemente indebolita, mentre le richieste di prestiti per finalità di consumo sono tornate ad aumentare (nonostante i criteri di offerta alle famiglie si siano irrigiditi in tutte le aree del Paese e per ogni tipologia di finanziamento) è segno che probabilmente ha tagliato le spese solo chi è alle prese con un mutuo a tasso variabile.
“Oltre il 60% dei mutui è a tasso fisso, quindi con oneri soprattutto a carico delle banche” sostiene il presidente ABI Antonio Patuelli, rammentando che “la legge italiana, unica in Europa, permette il trasferimento dei contratti stipulati ad altra banca, a condizioni migliori“. Condizioni che, anticipando le mosse di Francoforte, sembravano che stessero migliorando da sole prima della gelata degli ultimi dati Bankitalia su novembre. Dopo due anni di aumento ininterrotto dei tassi, resta comunque lecito attendersi a breve una limatura degli interessi e che Euribor e Irs facciano lentamente dietrofront verso uno scenario ribassista. Una simulazione di Telemutuo calcola che tra metà novembre e metà dicembre l’Irs sia sceso dal 3,67% al 3,05% determinando, per un prestito da 100mila euro, una riduzione di oltre 30 euro al mese per un risparmio complessivo, a fine ammortamento, che può sfiorare i 12mila euro a seconda della durata; per un prestito di 200mila euro a 30 anni, ad esempio, nel mese esaminato il calo arriva già a 24mila euro.
Insomma, il picco sembra ormai prossimo e se per il momento i tassi variabili restano pressoché stabili (dal picco del 4% dello scorso novembre l’Euribor si aggira attualmente intorno al 3,87%), per i cittadini che oggi accendono un fisso la situazione è già migliore. Gli analisti più ottimisti prevedono un primo taglio di 25 punti base a marzo e un secondo di altri 25 a giugno; un ulteriore sforbiciata dello 0,5% avverrebbe poi nella seconda metà del 2024: 100 pb in meno in 12 mesi e altri 100 nel 2025, che tra un paio d’anni porterebbero l’Euribor al 2%, rendendo a quel punto davvero convenienti surroghe o rinegoziazioni e rivalutando quindi già da oggi l’opzione variabile: in questo caso, infatti, per lo stesso mutuo di 200mila euro a 30 anni l’abbattimento del monte-interessi a fine contratto supererebbe gli 80mila euro. Per ora conviene ancora il tasso fisso, che è circa un punto e mezzo percentuale più basso, anche perché, nell’attuale contesto geopolitico globale, gli choc macroeconomici che potrebbero rialzare i livelli restano sempre in agguato.
Ad ogni modo, crollo dell’inflazione e rallentamento dell’economia hanno senza dubbio messo un freno ai rialzi della Bce e, anche se per un calo palpabile delle rate toccherà presumibilmente aspettare almeno l’inizio dell’estate, lo scenario di tassi più bassi, specie se unito a un aumento salariale, potrebbe rilanciare sul serio il giro d’affari dei mutui. Dagli annunci pubblicati sulle agenzie immobiliari online pare che domanda e offerta restino resilienti, nonostante la contrazione dei contatti tra potenziali acquirenti e venditori.
Credito in Calo anche nel IV Trimestre 2023, anche per le Famiglie