da OAM Magazine
Resistere alle decisioni dell’Arbitro bancario finanziario in materia di cessione del V, anche a costo di finire nella lista dei soggetti inadempienti.
È l’effetto che la sentenza Lexitor, ora addirittura applicabile, secondo la decisione dell’Arbitro di Bari, anche ai mutui immobiliari, sta avendo nel mondo degli intermediari. Pronti ad affrontare un lungo percorso giudiziario pur di contrastare un’in- terpretazione che giudicano lesiva degli interessi del comparto.
A farlo emergere sono i dati forniti dello stesso Arbitro che a febbraio scorso ha pub- blicato la lista di 372 inadempimenti “riconducibili pressoché integralmente a decisioni in materia di estinzione anticipata dei finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio adottate dai Collegi post sentenza della CGUE “Lexitor” e di buoni fruttiferi postali.
Senza considerare queste tipologie di inadempimento, il tasso di adesione degli intermediari risulta prossimo al 100%”. Se poi si vanno ad esaminare i singoli casi si evince che molto spesso l’intermediario non solo non si è adeguato alle indicazioni dell’Arbitro ma ha sottoposto la controversia all’Autorità giudiziaria, che al momento si sta pronunciando in modo non univoco.
Anche i dati relativi ai ricorsi ricevuti dall’Arbitro nel 2020 dimostrano che la sentenza Lexitor ha fatto aumentare il tasso di ‘conflittualità’ tra clientela e intermediari. Il 51% dei ricorsi sono relativi alla cessione del V e complessivamente, nel III trimestre del 2020, sono aumentati del 57% rispetto allo stesso periodo del 2019.
GIURISPRUDENZA in ORDINE SPARSO
Quanto alla giurisprudenza, come accennato, è al momento tutt’altro che univoca. Una recen- te sentenza del Tribunale di Roma, ribadisce, in linea con altre pronunce arrivate dai Tribunali italiani, la non applicabilità della sentenza Lexitor al nostro ordinamento.
“Si condivide al riguardo – si legge nella decisione – il principio di diritto espresso dalla prevalente giurisprudenza di merito, secondo cui “non appare applicabile alla fattispecie la sentenza Lexitor”, che ha interpretato l’art. 16 della Direttiva UE 48/2008 in contrasto con il testo dell’art. 125-sexies TUB come spiega la pronuncia.
In effetti la citata Direttiva europea non appare self-executing e non può trovare diretta applicazione nei rapporti interprivatistici nel nostro ordinamento. Deve perciò, in via generale, ancora ritenersi che, in riferimento alle spese accessorie ad un con- tratto di finanziamento, appare opportuno – si legge nella sentenza – distinguere tra la remunerazione dei servizi temporalmente nella fase collocabile nella fase preliminare e/o formativa del regolamento negoziale, c.d. up front, e remunerazione di attività destinate a trovare svolgimento nella fase esecutiva, c.d. recurring.
Sia la commissione bancaria che la commissione di intermediazione – quando pattuite e completamente maturate al momento della stipulazione del contratto, salva diversa struttura delle previsioni convenzionali – attenendo esclusivamente al momento genetico del rapporto, rientrano tra i costi c.d. up front non oggetto di rimborso, non essendo ragionevole far gravare sul soggetto mutuante gli effetti di una scelta liberamente effettuata dal mutuatario nell’estinguere anticipatamente il finanziamento. Ciò – conclude il Tribunale di Roma – porta ed escludere qualsi- asi vessatorietà, ai sensi dell’art. 33 del codice del consumo, della clausola che ne abbia previsto l’irrimborsabilità, posto che l’analisi della vessatorietà o meno della clausola potrebbe essere effettuata soltanto qualora si ritenga che le voci anzidette maturino nel corso del rapporto perché nel caso in cui i costi contestati siano già completamente maturati al momento della stipulazione del contratto è evidente che alcun significativo squilibrio può ritenersi sussistente a danno del consumatori”.
Non mancano, come premesso, decisioni di segno opposto, come l’ordinanza del Tribunale di Torino del 22 settembre 2020 secondo la quale “i Tribunali ordinari, che negano efficacia vincolante alla sentenza Lexitor della Corte UE nei confronti del giudice italiano, che la dichiarano non self-executing e dicono che non è immediatamente applicabile nei rapporti privatistici, non colgono nel segno, erroneamente applicando i principi del diritto comunitario e anche fraintendendo la situazione concreta in esame”.
Per il giudice di Torino infatti “non si tratta di indagare se la Direttiva 48/2008 sia o meno self-execu- ting e abbia o meno efficacia diretta, verticale od orizzontale, dal momento che tale Direttiva è già stata attuata e trasposta nel diritto nazionale attraverso la legge di attuazione n. 141/2010, che, tra l’altro, ha introdotto l’art. 125 sexies TUB, che riproduce in modo quasi identico la formulazione dell’art. 16 della Direttiva”. Piut- tosto “si tratta di interpretare una norma di di- ritto interno (immediatamente applicabile nei rapporti tra privati, naturalmente)”. E a questo proposito, “l’art. 125 sexies TUB deve essere interpretato in modo conforme alla Direttiva 48/2008, così come interpretata dalla sentenza CGUE Lexitor”…
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