di Fabio Picciolini, esperto consumerista
La Bce ha ridotto ieri di altri 25 punti base il tasso di riferimento, portandolo al 3,15%, arrivando così a un calo di un punto percentuale in pochi mesi.
Non è stato effettuato un taglio maggiore, nonostante fosse stato richiesto, a causa dell’inflazione che, pur in discesa, ma è ancora rientrata nel range del 2% previsto dalla Bce e, soprattutto, per il rallentamento della crescita economica dell’Eurozona, con una ripresa più lenta del previsto ed effetti depressivi su consumi e investimenti.
Una riduzione che i mercati avevano già previsto e scontato come dimostra la differenza, ormai di pochi decimi, tra tasso ufficiale ed Euribor a 3 e 6 mesi (2,89%) e a 12 mesi (2,49%). Discorso diverso per l’Eurirs, a cavallo del 2,00% per le scadenze a 25 e 30 anni rispetto al 2,80% di giugno scorso, che sconta una riduzione più contenuta rispetto al tasso Bce. Valori su cui deve poi essere valutata l’incidenza dello spread applicato dalle singole banche, che allarga certamente la forbice.
Da verificare cosa accadrà sul mercato fino al 18 dicembre, giorno in cui sarà operativa la nuova sforbiciata. Questa avrà certamente effetti positivi sulle rate dei mutui a tasso variabile, con uno “sconto” – secondo importo e vita residua del finanziamento – compreso mediamente tra 15 e 25 euro al mese. Ma, nonostante la riduzione dei tassi, la rata – sempre mediamente – resta comunque sopra i livelli del 2022.
L’ultimo taglio di Francoforte potrebbe inoltre creare buone opportunità per le surroghe, a questo punto anche per i mutui a tasso fisso accesi negli ultimi 2 anni. Una scelta che presenta due, forse tre, scenari diversi. Il primo è che, di fatto, una surroga per un prestito “fresco” comporta che il capitale iniziale sia ancora sostanzialmente da ripagare, in quanto il piano di ammortamento comporta nelle prime rate solo il pagamento degli interessi. Il secondo è che, pur con tutto o gran parte del capitale da rimborsare, il costo finale del mutuo si dovrebbe abbassare molto. Il terzo è avere fiducia in ulteriori tagli nel 2025, magari più sostanziosi, sopportando ancora per qualche mese il tasso più alto, per averne quindi uno molto più conveniente.
Analisi più complicata per chi invece deve accendere un mutuo adesso. Nonostante l’allentamento della stretta Bce, è ancora preferibile il tasso fisso – che sconta oltre 100 punti di vantaggio sul variabile – con un minor costo medio tra 60 e 80 euro mensili. Allo stesso tempo, aver fiducia su ulteriori tagli a breve potrebbe spingere a sottoscrivere un tasso variabile, consci che le surroghe – per quanto obbligatoriamente da concedere, in presenza dei giusti requisiti del mutuatario – scontano a volte alcune difficoltà di perfezionamento, ad esempio, in caso di richieste plurime. Quanto affermato per i mutui ha scarso valore per i prestiti al consumo, praticamente tutti a tasso fisso.
Nel 2025 Francoforte, salvo eventi eccezionali, proseguirà a tagliare il costo del denaro per ridurre il gap con i tassi di mercato, sostenere l’economia europea e non rischiare una fase recessiva, dove i problemi di Germania e Francia potrebbero essere prodromici ai nostri. Toccherà osservare le politiche che saranno decise dagli Usa in termini di dazi sui prodotti europei, che – insieme alle tensioni geopolitiche in Ucraina e Medioriente -potrebbero rialzare nuovamente l’inflazione.
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