di Giuseppe Gaetano, editor in chief
Come ampiamente atteso dagli analisti, la BCE ieri ha tagliato il costo del denaro di altri 25 centesimi, anticipando ancora una volta le mosse della Fed e portando i tassi di interesse sui depositi, sulle operazioni di rifinanziamento principali e su quelle marginale rispettivamente al 3,25, 3,40 e 3,65% a partire dal 23 ottobre.
Si è trattato del terzo taglio dal 6 giugno, per un -0,75% in 4 mesi. La sforbiciata risponde al rapido deterioramento della situazione economica dell’Eurozona, confermato dagli ultimi dati del PMI manifatturiero, che dipingono un quadro recessivo a fronte di un’inflazione che rallenta costantemente. Non sarà l’ultima sforbiciata: la prossima riunione del board europeo si terrà tra quasi due mesi, il 12 dicembre, e in quella data è molto probabile che i tassi subiscano un’ulteriore -0,25%, portando la riduzione complessiva a un punto percentuale in 6 mesi. “Il processo disinflazionistico è ben avviato“, ha detto la presidente Christine Lagarde in conferenza stampa: sulle “recenti sorprese al ribasso degli indicatori dell’attività economica” soffiano le tensioni internazionali, anche commerciali, legate alle guerre in Ucraina e Medioriente; ma “l’area euro non va verso una recessione: siamo diretti verso un atterraggio morbido” ha aggiunto, ribadendo le permanenti condizioni di finanziamento restrittive e l’approccio step by step dei futuri vertici.
Il ritmo successivo dell’allentamento dipenderà ovviamente dall’evoluzione dell’inflazione, nel frattempo, però, quest’ultimo taglio dovrebbe finalmente ripercuotersi in maniera più marcata sui tassi di mercato.
In particolare quelli sui mutui immobiliari che – dopo aver anticipato in primavera le mosse di Francoforte – hanno iniziato sostanzialmente a stabilizzarsi dall’estate registrando, almeno fino al mese scorso, solo lievi oscillazioni che non hanno spostato granché le lancette del business. In soldoni, secondo i calcoli di Facile.it, i tagli effettuati hanno prodotto finora un risparmio medio di 36 euro su un mutuo variabile standard; gli indici continueranno però diminuire nei prossimi mesi, abbassando la rata mensile di circa 95 euro entro fino 2025. Il livellamento ottenuto, comunque, è già bastato a rilanciare il mercato: secondo il Barometro Crif pubblicato sempre ieri, nei primi 9 mesi del 2024 la domanda degli italiani è cresciuta del 7,2%, con un picco del +19% nel singolo mese di settembre che l’ha riavvicinata alle soglie pre Covid. Se sia salito anche l’erogato effettivo ce lo diranno le relazioni finanziarie degli intermediari sul terzo trimestre, in arrivo tra un mesetto: dai bilanci al 30 giugno, pur con qualche differenza sul volume di impieghi, pare che le erogazioni seguano in effetti la ripresa delle richieste, sebbene a distanza.
La stessa ricerca riporta infatti che, nel primo semestre dell’anno, mentre le surroghe sono aumentate del 17,6%, i nuovi mutui erogati sono calati del 10,5%. Per quanto riguarda la distribuzione per fascia di importo, le soluzioni tra 100.000 e 150.000 euro restano ancora le preferite dal 30,5% dei clienti, la maggioranza dei quali (61,3%) ha tra 25 e 44 anni di età; mentre il 90% dei contratti accesi ha piani di rimborso dai 10 anni in su. “Una politica monetaria che torna ad essere espansiva infonde maggiore fiducia nelle famiglie, che tornano a programmare spese di lungo periodo – sostiene Simone Capecchi, executive director CRIF -. Un altro volano per il comparto sarà quello dell’effetto della direttiva Ue Case Green, prevediamo infatti che i mutui green raggiungeranno il 24-30% nel 2030” e oltre il 50% del totale nel 2050.
Per la Fabi i tassi sui mutui sono già diminuiti a una media del 3,59% ad agosto, rispetto a livelli superiori al 5% del 2023 e adesso potrebbero calare ancora al 3,20%; mentre quelli sul credito al consumo – che a differenza dei mutui non ha perso terreno – sono scesi all’8,58% dopo picchi oltre il 14%, e potrebbero scendere all’8,25%. Al di là di percentuali e calcoli degli “sconti” sui prestiti per comprare casa e acquistare un’auto o una lavatrice, la curva è assolutamente discendente e a beneficiarne sarà chi s’indebita e non chi risparmia. “Nonostante il variabile stia diventando più conveniente rispetto a un anno fa continua a costare molto di più, tra l’1 e l’1,5% in più rispetto al fisso – dice Guido Bertolino, responsabile business development di MutuiSupermarket -. È molto probabile che il sorpasso in termini di convenienza inziale del variabile sul fisso possa avvenire fra 18-24 mesi” al netto di nuove impennate inflazionistiche. Se la parabola non appare ancora destinato a stimolare la clientela verso il variabile, di sicuro l’interessante offerta sul mercato -– scaturita dall’accesa competizione fra player – presto spingerà a surroghe e rinegoziazioni a condizioni più vantaggiose più di qualche cliente che ha acceso un contratto a tasso fisso negli ultimi 12 mesi.
E le banche? Il progressivo calo del margine di interesse è stato abbondantemente messo in conto dagli istituti di credito ma la chiusura d’esercizio 2024, se non segnerà i record toccati nel 2023, rimarrà comunque decisamente positiva per il comparto nel suo complesso, grazie a una media annuale del livello dei tassi ancora elevata; dal 2025, per sostenere i ricavi, potranno contare su una auspicabile ripresa degli impieghi, su un costo della raccolta equilibrato e soprattutto sull’atteso aumento delle commissioni su servizi bancari e prodotti di investimento.
Credito: ANIA, ABI e la necessità di sbloccare gli Investimenti