10 Gennaio 2024

Tre Ragioni del Calo degli Impieghi Bancari, Outlook sul 2024 del Credito

di Fabio Picciolini, esperto consumerista

Le statistiche di fine anno non sono ancora note, ma possiamo delineare alcune prime riflessioni sull’andamento del credito nel 2023 e le sue prospettive per il 2024.

Il primo anno reale post pandemia ha portato a un restringimento del mercato sia per le famiglie sia per le aziende, che hanno subito la contrazione più forte. Le stime della Banca d’Italia sugli impieghi bancari alle imprese continuano a mostrare una riduzione percentuale stimata nel 7% annuo (più preoccupante in ammontare, circa 55 miliardi di euro) quasi completamente a danno delle Pmi, spina dorsale del Paese.
Un risultato che inciderà per oggi e per domani, considerate le molte trasformazioni in atto che le imprese non sembrano aver compreso fino in fondo e la necessità di investimenti in tutti i campi – macchinari, tecnologia, intelligenza artificiale, sostenibilità – per aggiornarsi e fronteggiare la concorrenza degli altri Paesi e dei grandi player.

Trend al ribasso anche per i prestiti alle famiglie, dove l’inasprimento dei comportamenti nelle erogazioni trova conferma nell’allungamento dei tempi di istruttoria e, per i mutui immobiliari, nella richiesta di maggiori garanzie e nella riduzione del “loan to value”. Dalle erogazioni effettuate per l’acquisto di abitazioni, pur nella diversità dei volumi, si nota il peggioramento dovuto a 3 fattori: reddito invariato, inflazione e tassi. Il ridotto potere di acquisto ha criticizzato domanda e offerta e i ritardi nella sottoscrizione dei rinnovi contrattuali riguardano circa 6 milioni di lavoratori, col salario quindi fermo.
Nell’ambito dei finanziamenti immobiliari, i mutuatari hanno scontato la stretta monetaria della BCE: questa ha comportato un rincaro delle rate fino a due terzi rispetto al 2022, con scarso aiuto da parte di fondi di sostegno e surroghe che, pur in ripresa, hanno pagato interessi già molto elevati. Il maggior costo del servizio del debito, inoltre, non è stato controbilanciato da una riduzione dei prezzi delle case: sebbene la loro crescita sia diminuzione, finora hanno retto più che in altri Paesi europei, contribuendo all’aumento del costo delle locazioni.

L’unico comparto che ha mantenuto le posizioni è il credito ai consumatori, soprattutto per l’ottima performance del settore automotive che ha controbilanciato quella negativa dei prestiti personali, ad eccezione della CQ che ha sostanzialmente tenuto. Se la inseriamo tra le operazioni di credito al consumo, il buy now pay later è stata il plus dell’anno col maggior incremento percentuale; nel 2024 il Bnpl dovrà trovare nuove forme di funding, collocamento e integrazione con altre operazioni.
Due fatti positivi da registrare, cominque, per l’anno scorso: il mantenimento a livelli contenuti delle sofferenze, che smentisce alcune previsioni, e il movimento del sistema dei pagamenti che continua a incrementare operatori, migliorare i prodotti e sviluppare il digitale.

Tornando alle motivazioni della riduzione degli impieghi, queste sono sostanzialmente tre.
La prima relativa alla più alta attenzione del sistema bancario al rating delle imprese richiedenti e al merito creditizio delle famiglie, sia per l’aumento del costo di raccolta per le banche che per la preoccupazione di un deterioramento del credito (che, pur marginalmente, si è già visto). Una domanda è però d’obbligo: nella riduzione degli impieghi alle Pmi, a cui dovrebbero essere aggiunte le micro imprese familiari, quanto ha inciso la desertificazione bancaria, con la riduzione se non la scomparsa degli sportelli, specie nei comuni minori, contenuta solo in parte dai piccoli istituti locali, più attenti alla clientela privata? La chiusura delle filiali non si fermerà, con conseguenze negative per molti privati nell’accesso al credito: la tendenza potrebbe trovare una supplenza in quegli intermediari – dalle finanziarie ai confidi alle reti di consulenti – professionalmente capaci di rappresentare quel fil rouge che molta utenza bancaria ancora vuole: un mix tra innovazione, digitale e rapporto umano che fa perno su un interlocutore di fiducia.

La seconda motivazione, incontrovertibile, è l’aumento dei tassi di interesse, a partire da quelli di mercato, seguiti poi da quelli della Banca centrale europea: insostenibili per molte aziende e famiglie, favorendo quindi la prudenza. Va detto che all’incremento del costo del denaro, si aggiunge poi la scelta delle banche di recuperare gli “scarsi” guadagni degli anni passati innalzando commissioni e spread. Ad ogni modo, i tassi di mercato dell’ultimo periodo- spesso anticipatori delle scelte delle banche centrali, togliendo loro alibi – stanno scendendo insieme all’inflazione: non è dunque azzardato affermare che a breve potrebbe avverarsi un’inversione verso un progressivo abbassamento, in attesa di scelte simili da parte del board di Francoforte (che però, per l’obbligo di rientrare e mantenere l’inflazione entro il 2%, si mostra più cauta nell’annunciare tagli).
La discesa, tuttavia, non sarà rapida quanto la salita 2022/2023: è impensabile che si torni ai tassi zero, e le autorità monetarie decideranno le riduzioni con il freno a mano tirato. Il dietrofront consentirebbe una ripresa dei mutui residenziali, per acquisto e ristrutturazione (senza bonus), soprattutto quelli green; lo scenario potrebbe rivelarsi invece meno positivo per il credito al consumo a causa di incidenza degli oneri finanziari, tasso di deterioramento più alto e maggior controllo del merito creditizio.

La terza, in chiaroscuro, è la liquidità di molte imprese, derivante da sussidi e facilitazioni concesse dallo Stato nel periodo Covid, durante il quale le famiglie hanno parimenti accumulato risparmio: le prime hanno smesso di godere delle erogazioni pubbliche, sotto forma di finanziamenti e garanzie per far fronte alla crisi pandemica; le seconde iniziano a intaccare polizze e depositi, per l’impossibilità materiale di spendere e l’incertezza su quanto accadrà in futuro.

Con due guerre in corso e il superamento delle molte deroghe concesse nella crisi pandemica, fare previsioni per il 2024 non è affatto facile. I centri studi propongono un rilancio del business creditizio che, pur con alcune riserve, può essere condivisa se fossero confermati alcuni andamenti intravisti nello scorcio finale del 2023. Per il mondo dei prestiti, nelle loro varie tipologie, il 2024 potrebbe davvero essere l’ultimo anno difficile per ripartire nel 2025 con lo sviluppo delle attività di impresa e delle esportazioni, la crescita del reddito disponibile e l’avvio alla fase conclusiva del Pnrr.
Ci sono però 2 ulteriori aspetti da attenzionare quest’anno. Il primo, di carattere normativo, riguarderà l’entrata in vigore di diverse direttive approvate in Europa, e il recepimento di quella sul credito ai consumatori. Senza dimenticare 3 argomenti di fondo: intelligenza artificiale, euro digitale e ingresso sempre più massiccio nel business delle cosiddette “no bank”, valutate in circa il 30% del mercato finanziario mondiale.
Il secondo è relativo agli operatori: difficilmente gli intermediari potranno ottenere i risultati del 2023 e dovranno scegliere tra continuare nella distribuzione degli utili o accelerare sugli investimenti in innovazione tecnologica e transizione verso un’economia sostenibile, in cui l’Italia è ancora indietro. Un’importante opportunità di espansione del mercato, con: l’offerta di prodotti per soddisfare la domanda di una clientela più attenta a questi temi; e processi di aggregazione, cooperazione ed evoluzione dell’attività per far fronte ai nuovi competitor.

Le statistiche ufficiali, quando usciranno, confermeranno l’andamento altalenante del mercato, probabilmente indicando con maggior chiarezza i settori imprenditoriali in perdita e quelli che invece hanno retto e bene, fra cui certamente l’edilizia; lato famiglie, il quadro è già abbastanza chiaro e non dovrebbe mostrare grandi sorprese.

Lexitor e Rimborsi Anticipati, Mutui e Tassi Variabili, TFS e NPL: Fabio Picciolini a 360° sui Temi Caldi del Mondo del Credito

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