di Piergiorgio Giuliani, vice direttore PLTV
Mi ero ripromesso di scrivere, per questa settimana, un articolo sui cambiamenti economici che si stanno verificando in Cina e sulle ricadute che questi comportano per la nostra economia.
Purtroppo l’aggravarsi della crisi fra Stati Uniti e Russia a causa della volontà da parte degli USA di portare l’Ucraina nella Nato, mi ha quasi obbligato a tornare sull’argomento “gas”.
Come scrissi la scorsa settimana, la Russia non può permettersi che l’Ucraina entri nella Nato e quindi nell’orbita degli Stati Uniti: già nel 2014 la Russia consolidò nella propria orbita la Crimea, togliendola all’Ucraina.
Il fatto che l’Europa appoggi gli Stati Uniti nel tentativo di far entrare l’Ucraina nella NATO ha portato la Russia a diminuire le sue esportazioni di metano all’Europa e questo ha fatto aumentare in maniera drammatica il prezzo dell’energia in tutto il continente e a portare il Governo italiano a decidere di indebitarsi di più per i cosiddetti “ristori” sulle bollette.
In pratica quello che non paghiamo subito nella bolletta, lo pagheremo in tasse ed interessi sul maggior debito.
Il costo del gas in Italia è sempre costato mediamente circa il 10% in più rispetto al resto d’Europa e questo ha diminuito la competitività dei nostri prodotti nel commercio mondiale. Inoltre ha reso i prodotti esteri maggiormente competitivi anche sul nostro mercato interno. Per favore non dimenticate il mio solito appello che trovate anche in fondo a questo articolo.
Per finire, come già avevo evidenziato nello scorso articolo, per cercare di recuperare competitività, le nostre aziende hanno compresso stipendi e salari. A riprova di ciò, se ce ne fosse bisogno, anche le parole di Carlos Tavares, AD di Stellantis che ha detto che l’Italia ha un costo di produzione “significativamente più alto, a volte il doppio, rispetto alle fabbriche di altri paesi europei, nonostante un costo del lavoro più basso”: c’entra “l’organizzazione della produzione, che va migliorata” e il prezzo “fuori misura” dell’energia.
Per fortuna dall’anno scorso è entrata in funzione la TAP, il gasdotto che porta in Italia il gas Azero. Questo gas costa meno e ci permette, almeno in parte, di ridurre il costo di produzione dell’energia e di riportare sostanzialmente in linea il costo dell’energia in Italia rispetto agli altri Paesi europei.
Avremmo potuto essere più competitivi già da molti più anni, ma i sindaci del Salento hanno fomentato la cittadinanza locale che ha rallentato, quando addirittura bloccato, la realizzazione della TAP.
Voglio tranquillizzare i lettori che gli oltre 2000 ulivi secolari che erano stati presi a scusa per cercare di bloccare i lavori della TAP sono stati reimpiantati, oltre ad essere stati salvati dalla Xylella.
Certo, ogni costruzione dell’uomo porta stravolgimenti nell’ambiente, ma ogni opera va valutata sotto l’aspetto del rapporto costi benefici e fra i costi vanno considerati anche quelli ambientali, facendo una analisi costi/benefici non solo economica e finanziaria, ma anche sociale.
Ma i benefici a tutta la collettività nazionale sono estremamente grandi: aumento del PIL, maggiore ricchezza per la Nazione, serenità per il futuro.
Adesso, più che mai, questa opera è stata una sorta di parafulmine per tutti noi.
Infatti le scorte di gas dell’Europa sono estremamente basse: a metà gennaio gli impianti di immagazzinamento sono pieni solo a poco più del 48%.
Solitamente questa percentuale si raggiunge a fine febbraio. Se si considera che la Russia sta limitando le esportazioni, ecco che la TAP è la nostra ciambella di salvataggio per non dover subire rallentamenti alla produzione industriale e poterci tranquillamente scaldare questo inverno.
Infatti la ripresa delle esportazioni russe non avverrà prima della conclusione della questione Ucraina e dell’arrivo dell’approvazione finale della Germania al condotto Nord Stream 2. Il progetto è stato aspramente osteggiato da Stati Uniti e Ucraina, nonché da altri paesi dell’Europa centrale e orientale, a causa sia dei timori che i gasdotti Nord Stream aumenterebbero l’influenza della Russia in Europa, sia per la riduzione delle tasse di transito per utilizzo dei gasdotti esistenti nei paesi dell’Europa centrale e orientale.
Di tutto quanto sopra riportato, i telegiornali ed i quotidiani non hanno fatto menzione: in prima pagina campeggia solo l’argomento covid e l’elezione del Presidente della Repubblica, come se questi due argomenti fossero i soli a cui prestare attenzione.
Un classico esempio di euristica della disponibilità e di salience bias (pregiudizio di salienza) di cui ebbi a scrivere tempo fa, cioè l’errore di dare maggiore importanza alle informazioni più visibili e frequenti.
A conferma di ciò, se prendessimo i quotidiani spagnoli, non troveremmo in nessuna prima pagina alcun richiamo al covid.
Però, se vogliamo capire ciò che sta accadendo, vi è la necessità di approfondire argomenti apparentemente slegati fra di loro, andando oltre i confini di telegiornali, quotidiani e titoli su notizie letti di sfuggita su internet, anche ragionando di geopolitica.
“L’informazione è informazione, non materia o energia. Al giorno d’oggi, nessun materialismo che non ammetta questo può sopravvivere”. Così scriveva Norbert Wiener in un lavoro pubblicato nel 1948: bisogna guardare al di là dei fatti materiali di tutti i giorni ed informarsi, cioè elaborare informazioni e non semplicemente leggere notizie.
Non potrei chiudere questo articolo se non col mio solito invito: possiamo immediatamente operare concretamente, comprando beni italiani, prodotti da aziende che pagano le tasse in Italia, andando in ferie in Italia che ha mare, monti, laghi, storia e il divertimento impagabili e, infine, utilizzando aziende di consulenza italiane: costano meno e sono migliori.
Alla prossima.