di Piergiorgio Giuliani, vice direttore PLTV
Mi spiace dover ricominciare a scrivere, dopo aver trascorso uno splendido periodo estivo, parlando di un argomento così tremendo e triste.
In uno dei miei ultimi articoli avevo già riportato le Parole di Papa Francesco che affermava che la terza guerra mondiale era già in corso “ma a pezzi”.
Lo scontro fra gli Stati Uniti, scusate, fra l’Ucraina e la Russia è solo un piccolo tassello di un conflitto più ampio, in corso da troppo tempo anche se scarsamente riportato dai media tradizionali: attualmente vi sono decine di altre guerre nel mondo.
In realtà siamo di fronte a due modi di interpretare il modo di governare: da una parte l’Occidente con le sue logiche che risalgono agli accordi di Bretton Woods del 1944, dall’altra i paesi emergenti e la loro volontà di veder crescere la loro rappresentanza e il loro ruolo nella governance economico-finanziaria mondiale, guidati dai BRICS.
I BRIC (acronimo dei primi paesi fondatori: Brasile, Russia, India e Cina), ora BRICS dato che un paio di anni dopo si è unito il Sudafrica, ebbero il loro primo summit il 16 giugno 2009 in Russia.
Nel novembre 2010 il Fondo Monetario Internazionale ha incluso i Paesi BRIC tra i dieci paesi maggiori azionisti, insieme a Stati Uniti d’America, Giappone e ai quattro paesi più popolati dell’Unione europea (Francia, Germania, Italia e Regno Unito).
A seguito della mancata ripartizione delle quote, giacente presso il Congresso degli Stati Uniti, una cui redistribuzione era stata avanzata dai paesi del BRICS, questi ultimi hanno dato vita a una propria strutturazione finanziaria autonoma (Nuova Banca di Sviluppo), alternativa al FMI durante il loro sesto summit a Fortaleza, in Brasile, il 15 luglio 2014
Anche se poco considerati dai nostri media, i BRICS rappresentano “oggi oltre il 42% della popolazione mondiale, il 25% della totale estensione della Terra, il 20% del PIL mondiale, e circa il 16% del commercio internazionale” (dal sito della Camera del Parlamento Italiano).
Qual è il loro scopo? Sempre dal sito della Camera del Parlamento Italiano leggiamo: “competere sulla scena mondiale con i ruoli tradizionalmente svolti dagli Stati Uniti e dalla altre potenze economiche occidentali e rivendicare una leadership condivisa della Comunità internazionale.”
A tutt’oggi i cittadini italiani vengono tenuti scarsamente informati su questi avvenimenti di non poco conto e spesso determinanti per meglio comprendere ciò che sta accadendo
Infatti, anche l’Algeria ha manifestato l’intenzione di entrare a far parte dei BRICS e, dopo che Il Presidente Biden ha cambiato gli accordi presi dal Presidente Trump, in Medio Oriente si consuma lo strappo con sauditi ed emirati, gli alleati del Golfo storicamente vicini agli States, che stanno ora meditando un avvicinamento ai BRICS.
Inoltre è interessante scorrere la lista dei Paesi invitati al XIV meeting dei BRICS, quest’anno organizzato da Pechino: l’elenco dei partecipanti ha incluso delegazioni di Argentina, Egitto, Indonesia, Iran, Kazakistan, Cambogia, Malesia, Senegal, Thailandia, Uzbekistan, Fiji ed Etiopia. Tutti potenziali candidati per entrare nella formula BRICS+. In questa direzione sono le dichiarazioni del presidente cinese Xi Jinping, pronto a offrire un ombrello protettivo ai possibili nuovi “non-allineati”: “Alcuni Paesi politicizzano le questioni dello sviluppo e impongono sanzioni per creare divisioni e scontri. Questi Paesi si impegnano nel costruire ‘piccoli cortili con alte mura’ e nelle sanzioni per creare in modo artificiale scontri e divisioni”.
L’attacco di Xi al sistema delle “sanzioni unilaterali”, ostacolo allo sviluppo armonico e globale nella visione cinese, scarica le responsabilità sui paesi dell’Alleanza occidentale, responsabili, a suo dire, di portare il mondo sull’orlo della crisi alimentare ed economica. In particolar modo sul benessere, già precario, dei Paesi del sud del mondo.
Insomma, si sta delineando una divisione del mondo in due parti: da una parte i paesi industrializzati occidentali e dall’altra i paesi emergenti, ricchi di materie prime.
E’ preoccupante il pensiero che l’industria può produrre solo se ha materie prime. Senza materie prime le industrie chiudono!
Alla seconda parte.