Talk show con Global Broker, realtà attiva sul mercato dell’intermediazione assicurativa dal 2010, ospite negli studi di PLTV. Nata in una logica captive tra l’allora Credito Valtellinese (che aveva la maggioranza) ed il Gruppo Assicurativo Ri-fin, oggi la società di brokeraggio appartiene a quest’ultimo, di cui fanno parte anche un’agenzia plurimandataria (Global Assicurazioni) e una compagnia danni (Global Assistance).
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RI-fin, storicamente specializzato nella bancassicurazione, ha portato negli anni a sviluppare in Global Broker un doppio expertise: “Da una parte l’attività e la collaborazione con il mondo bancario e finanziario – spiega l’AD Manuel Nacmias – dove componente assicurativa e merito di credito sono ormai un binomio imprescindibile; dall’altra una sempre maggiore specializzazione nei servizi per le aziende, dove Global Broker si è specializzata nel costruire un percorso combinato di consulenza, intermediazione e servizi esclusivi, non limitandosi a ‘trasferire’ alle compagnie il rischio aziendale, ma estendendo la propria attività anche ad analisi e prevenzione del rischio operativo, offerta di programmi diversificati di assessment e piani di ‘disaster recovery’ per una pronta ripresa dell’attività aziendale post sinistro, da quello più semplice a quello catastrofale“.
Aziende che, peraltro, oggi stanno adattando rapidamente i modelli di business tradizionali per migliorare la propria sostenibilità. “Global Broker – continua Nacmias -, può aiutare le aziende a essere resilienti nel corso della transizione, supportando analisi delle trasformazioni del contesto di rischio, preparazione ai potenziali scenari e assicurazione contro nuovi rischi, ad esempio geopolitici o di green washing“.
Per averne piena consapevolezza è necessario creare un elevato background culturale tra tutti gli attori del mercato: “L’intermediazione assicurativa e le società di brokeraggio devono avere un ruolo fondamentale per aumentare il livello di protezione del nostro Paese. Secondo una recente indagine ANIA, l’estensione delle coperture assicurative ai rischi di alluvione e terremoto va diminuendo al decrescere della dimensione aziendale: viene attivata dalla quasi totalità delle grandi imprese, un terzo di quelle piccole e una quota minima delle microimprese. È un dato che deve farci ragionare, considerato il peso delle Pmi nel nostro tessuto produttivo. In autunno organizzeremo degli eventi sul territorio proprio per sensibilizzare sulla correlazione tra sostenibilità, risk management e business continuity“.
Un modello ‘trilaterale’ in cui Global Broker si pone come “anello di congiunzione tra l’impresa e la banca nella valorizzazione del merito creditizio – aggiunge Alessandra Fornaro, direttore generale – che si concretizza: lato clienti, nella valorizzazione della gestione del rischio e della componente assicurativa in funzione del merito e nel maggior accreditamento da parte del sistema bancario; lato istituti, in integrazione del business bancario e riduzione del rischio di default, sfruttando una maggiore visione del rischio generato dall’impresa. Abbiamo sviluppato questo modello fin dall’inizio nell’ambito retail. La chiave del successo è stato passare dal rapporto diretto banca-compagnia a un rapporto appunto trilaterale banca-compagnia-broker. La banca non doveva più andare dalle compagnie chiedendo prodotti specifici, ma aveva l’opportunità di accedere tramite un soggetto specializzato a tutto il mercato assicurativo per offrire i migliori prodotti disponibili in funzione delle esigenze del cliente“.
La base del successo è stata quindi il modello, e conseguentemente i prodotti: “Le banche sono potute crescere nella bancassurance, soprattutto ramo vita, ampliando il portafoglio e migliorando la fidelizzazione – prosegue Fornaro -. Per i clienti il vantaggio era accedere a più prodotti, quindi con prospettive di redditività più alte. Con Global Broker abbiamo voluto portare questo approccio innovativo anche negli ambiti corporate, con la volontà di essere un soggetto in grado di mettere in sinergia analisi del rischio e trasposizione delle coperture assicurative a beneficio del merito di credito. Non vogliamo vendere prodotti ma gestire l’analisi complessiva del rischio e restituire al cliente una visione globale, sia in termini strategici e di governance sia in termini operativi, ovvero stipulare le migliori polizze in funzione dell’analisi del rischio”.
L’approccio alle tematiche Esg è estremamente pragmatico: “Essere sostenibili non sarà più un’opzione, ma una “conditio sine qua non” per restare sul mercato. Le tematiche Esg si compenetreranno sempre di più con la business continuity aziendale e questo aspetto chiave non può prescindere da un approccio strategico al risk management e all’insurance. Tutte le issue di sostenibilità sono di fatto potenziali ambiti di rischio (dal rischio ambientale ai potenziali conflitti con i collaboratori, dalla gestione delle supply chain alle relazioni con il mondo finanziario) e richiedono un cambio di marcia da parte delle aziende, passando da una sostenibilità per slogan a una sostenibilità agita. Poi ovviamente il rischio non è azzerabile per definizione e qui deve intervenire la copertura assicurativa, che a quel punto non sarà più un costo ma un elemento di governance”.
Per questo – conclude Fornaro – abbiamo avviato una collaborazione con Sintesi Factory che, con la divisione Sintesi Sostenibile, si occupa di rendicontazione e comunicazione della sostenibilità da quasi 20 anni”.
La direzione è verso “un bilancio di sostenibilità che sempre di più terrà in considerazione gli aspetti di risk management, soprattutto a fronte dell’introduzione del tema della doppia materialità – interviene Federico Rossi, head of Strategy di Sintesi Factory –. Non solo valutazione degli impatti outside-in (quanto un evento catastrofale può incidere sulla business continuity) ma anche inside-out (quanto un comportamento virtuoso riduce le esternalità negative, o migliora gli impatti positivi, riducendo il rischio che si verifichino). La Direttiva CSRD di recente introduzione modifica il quadro regolatorio dei bilanci di sostenibilità: ampliando il perimetro di obbligatorietà, introducendo un framework di rendicontazione univoco, così da uniformare i criteri rendendo confrontabili i bilanci; e rendendo obbligatoria l’asseverazione a certificazione che le informazioni rendicontate siano corrette. Un bilancio così – sottolinea Rossi – non avrà solo mera finalità di accountability, ma avrà un ciclo di vita molto più lungo diventando un buffer di contenuti dal quale attingere, uno strumento di governance e comunicazione, vitale nel rapporto con: le banche, che lo chiederanno per verificare l’agito sostenibile e il conseguente beneficio in termini di continuità; le assicurazioni, che potranno analizzare un profilo di rischio più ampio e completo; i clienti, che verificheranno quanto siano sostenibili gli attori delle filiere; tutti gli stakeholder, che beneficeranno di informazioni chiare, standardizzate e confrontabili”.
Un tema mainstream, un cambio di paradigma ineluttabile: “Le aziende non sostenibili saranno destinate a uscire dal business – avverte Rossi – perché non più in linea con le richieste del mercato e compliant con i quadri normativi. Aspetti che impatteranno di conseguenza anche sul merito creditizio e sul profilo di rischio. Essere sostenibili non vuol dire sviluppare piccole azioni marginali ma cambiare il modello di business nell’ottica CSV (Creating Shared Value) lavorando su assi diversi ma tra loro integrati: planet, people, profit, prosperity, principle of governance, purpose. Il tutto con l’obiettivo non solo di ridurre gli impatti negativi, ma di generare impatti positivi per il benessere di tutti gli stakeholder”.
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